Il premio Pulitzer premia il giornalismo di qualità

TRENTO. Lunedì 18 Aprile sono stati assegnati i Premi Pulitzer per il giornalismo, la letteratura, il teatro e la musica, segnando il centesimo anniversario da quando, nel 1917, il premio fu istituito secondo le volontà di Joseph Pulitzer.

In ambito giornalistico, in particolare, si sono distinti i lavori che hanno saputo dare voce a chi difficilmente ne avrebbe avuta – o a chi, probabilmente, non sarebbe stato ascoltato.

Spiccano ad esempio l’inchiesta condotta dall’Associated Press (premiata nella categoria public service), sulle condizioni di schiavitù dei pescatori asiatici, che ha portato alla liberazione di 2000 schiavi e all’arresto dei responsabili. O ancora, la collaborazione tra Leonora LaPeter Anton e Anthony Cormier del Tampa Bay Times e Michael Braga del Sarasota Herald-Tribune (vincitrice nella categoria Investigative Reporting), che ha rivelato l’escalation di violenze negli ospedali psichiatrici in Florida; gli editoriali di John Hackworth e Brian Gleason del Sun Newspapers, che hanno chiesto verità sulla morte di un detenuto assalito dalle guardie penitenziarie (editorial writing); infine il report di Alissa J. Rubin del The New York Times (International Reporting), portavoce delle violenze perpetrate sulle donne Afghane.

Il giornalismo americano è riuscito, in questo modo, a portare l’attenzione su realtà poco conosciute, come la situazione critica della faglia della Cascadia in California (Kathryn Schulz del The New Yorker, feature writing). Ha saputo aprire gli occhi su situazioni a cui l’abitudine ha reso insensibili, attraverso le foto dei rifugiati scattate da Mauricio Lima, Sergey Ponomarev, Tyler Hicks e Daniel Etter del The New York Times e quelle dello staff di Thomson Reuters (categoria Breaking news photography). Ha messo in evidenza realtà che si è finito per considerare “normali”, come la segregazione razziale a Boston, i cui effetti sono ancora ben visibili negli autobus della città (Farah Stockman del The Boston Globe, categoria Commentary).

Non solo, ad essere stato premiato è stato il giornalismo che ha sopperito alle mancanze di enti pubblici e forze dell’ordine: rilevante in questo caso l’iniziativa dello staff del Washington Post (National reporting) di creare un database nazionale per mostrare quanto spesso la polizia spari per uccidere e quali siano le vittime più frequenti.

In conclusione si può dire che, a 100 anni dalla sua nascita, il Premio Pulitzer sia ancora uno stimolo a una sempre maggior professionalizzazione del giornalismo.

Nonostante le sfide cui la stampa odierna sia sottoposta, tale riconoscimento ha saputo ancora una volta individuare quel giornalismo che, come J. Pulitzer stesso si auspicava, fosse «lo strumento efficace di un appello contro le pubbliche ingiustizie, la corruzione, l’indifferenza popolare o gli errori del governo, e di cui un’opinione pubblica bene informata fosse la Corte Suprema».


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Helena Bonaldi

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