L’opinione. Controlli a Trento: punire il degrado solo se si manifesta

TRENTO. Trento sta vivendo una fase particolarissima: alcuni collegano quanto sta avvenendo da inizio mese al rimpasto della Giunta comunale, della quale viene messa in dubbio non solo la tenuta ma anche l’efficacia delle sue azioni. Altri ad una generale intensificazione dei controlli. Altri ancora individuano nelle retate di Polizia e Carabinieri della settimana appena trascorsa un’indebita pressione da parte dei pubblici poteri, con la retorica che tradizionalmente contraddistingue questi gruppi.

La realtà, per quanto ci è dato sapere, è che con le operazioni del 3, 5 e 7 ottobre scorsi la polizia ha effettuato perquisizioni e sequestri. Il bilancio, alla fine, sembra ricambiare lo sforzo delle forze dell’ordine:

Il risultato delle diversificate attività è stato infatti di oltre 100 persone, prevalentemente stranieri, controllate e compiutamente identificate, 20 extracomunitari, irregolarmente presenti sul territorio dello Stato, espulsi2 uomini arrestati (un cittadino Kossovaro per tentato omicidio e un cittadino Rumeno che doveva scontare una pena residua) e 4 stranieri denunciati (un marocchino e tre tunisini) per lesioni personali, detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti, violenza privata e furto.

Tuttavia, un dato in particolare è, secondo me, interessante: sono state identificate oltre 100 persone. Non dirò che “con la scusa delle retate anti-droga” le forze dell’ordine hanno posto in essere una vasta campagna di identificazione dei migranti sul territorio cittadino: sarebbe una semplificazione. Quanto avvenuto nelle notti scorse non risiede semplicemente, a mio modo di vedere, nella necessità da parte della Questura di identificare un gruppo eterogeneo di persone, vagabondi, qualche piccolo spacciatore, ragazzi che in una sera di inizio ottobre si sono visti in una piazza di Trento per cercare di farsi compagnia l’un l’altro, valicando i confini  che separano la “normalità” dal “degrado percepito”, ragazzi che vivono da una vita al margine della società, a cavallo del confine tra legale e non.

Non voglio (solo)  fare la figura del buonista di turno: per quanto mi riguarda, queste persone sono state emarginate da una società troppo timorosa, troppo insicura, troppo radicata sulle proprie necessità e convinzioni per vedere o tentare di comprendere che esistono anche necessità diverse, atteggiamenti diversi. Tuttavia, se e quando delinquono, devono essere perseguiti con fermezza ed equità. Il problema però è il lato propagandistico che assumono queste azioni. Un esempio è dato dall’arresto del primo ragazzo così come riportato dalla stampa locale:

Sempre nel corso della giornata inoltre, la Squadra Mobile ha arrestato un cittadino rumeno, B.A. le sue iniziali, già precedentemente condannato alla pena di reclusione di 4 mesi e 8 giorni di reclusione. (Il Dolomiti)

Sempre nel corso della giornata inoltre, la Squadra Mobile ha arrestato, in città, un cittadino Romeno, B.A. che doveva scontare 4 mesi e 8 giorni di reclusione. (Trentino).

Sempre nel corso della giornata“: insomma non nella stessa azione. Non la stessa sera. Forse addirittura nemmeno entro il medesimo contesto: questo però non viene scritto e, quindi, non possiamo saperlo.

E il punto, forse, è proprio questo: perché le retate della settimana scorsa, svolte in piena legittimità (di questo sono sufficientemente sicuro), non sembrano motivate da altro che da una condizione di disagio, marginalità, devianza talmente diffusa da rendersi evidente. Dunque sembra che, più che colpire il degrado, si colpisca la sua manifestazione: certo, lo spaccio tra piazza Santa Maria Maggiore e Piazza Dante è spesso talmente evidente da rendersi ridicolo. E certo la popolazione vive quella situazione come di “pericolo e degrado diffusi”. Tuttavia, l’esercizio di forza della Questura non sembra altro che la manifestazione del “si fa qualcosa” volta a placare gli animi ed in attesa (si spera) che si determinino le condizioni per cui divenga possibile colpire davvero il traffico di droga in regione.

Nel frattempo, però, dobbiamo coesistere con gli effetti che queste azioni comportano: se da una parte i residenti sono (forse) rinfrancati dalla presenza e dalle azioni della Polizia, dall’altra una più vasta platea di persone, stranieri, migranti, persone che vivono ai margini, sviluppano sempre di più un senso di distacco da quella società che li scruta da dietro gli occhi minacciosi del poliziotto di turno, facendo perdere loro ogni possibile fiducia nel sistema, quella strana creatura bicefala che sa essere madre amorevole o perfido aguzzino.

Non ci sono tante altre parole di conforto: esiste una società più virtuosa, capace di mostrare empatia verso queste persone, di non marginalizzarle ulteriormente intraprendendo cammini di riavvicinamento. Una società più sana di quella che invoca l’esercito nelle strade. Una società, a suo modo, marginale.

Gli studenti, se da una parte si mobilitano, agiscono, “occupano” lo spazio pubblico tentando di dimostrare che non c’è nulla da temere, dall’altro sembrano (sembriamo) incapaci di comunicare con chi il potere di cambiare le cose lo ha davvero: quella maggioranza di cittadini trentini rinfrancati dalle azioni della Polizia. Ecco, fintanto che costoro rimarranno maggioranza, non ci sono grandi speranze di cambiamento: speriamo che quel virus che è la diffidenza non si sia già troppo diffuso in coloro che prenderanno il loro posto.

Nel frattempo, sarebbe bello vedere al di là dell’apparenza.

Emanuele Pastorino

Vivo a Trento, orgogliosamente come immigrato, da un po' di tempo. Membro dell'associazione Ali Aperte.

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