A poco più di due mesi dalle elezioni in Germania: una donna sola al comando?

Quando tre mesi fa pubblicai un primo articolo sulla campagna elettorale tedesca (nella foto sopra:
la sede del Bundestag a Berlino. Fonte: Dominik Kaspar, Panoramio, licenza CC BY-SA)
, descrissi uno scenario assai emozionante: una candidata inevitabile che, di colpo, non sembrava più tanto inevitabile; la rinascita di una sinistra europeista grazie ad un leader carismatico; l’incognita dei partiti medio-piccoli che potevano spostare l’ago della bilancia; l’ascesa di AfD, un movimento di estrema destra affine al Front National francese. Giusto qualche mese dopo, tuttavia, siamo tornati al punto di partenza.

Dove eravamo rimasti?

All’inizio di quest’anno, l’ex presidente del Parlamento Europeo Martin Schulz aveva ufficializzato la sua candidatura a cancelliere supportato dalla SPD, il partito socialdemocratico tedesco. La sua discesa in campo aveva generato moltissimo entusiasmo, ed in poco tempo Schulz aveva raggiunto Angela Merkel nei sondaggi. Si era trattato di un risultato ragguardevole, poiché fino a quel momento la riconferma della cancelliera uscente era sembrata quasi una formalità. Invece la leader della CDU (Unione Cristiano-Democratica) si era ritrovata in una posizione più complicata del previsto, con attacchi non solo da sinistra ma anche dalla formazione di estrema destra dell’AfD (Alternativa per la Germania) e dai membri più conservatori del suo stesso partito, insoddisfatti soprattutto per la gestione dei migranti. Negli ultimi mesi, tuttavia, sono successe alcune cose che sembrano avere nuovamente narcotizzato la campagna elettorale a nord delle Alpi.

Le elezioni locali

Fra aprile e maggio si sono tenute le elezioni in tre Land, ossia tre stati federali: Saarland, Schleswig-Holstein e Nordrhein-Westfalen.

Il Saarland, al confine con Francia e Lussemburgo, è il più piccolo degli stati tedeschi, fatta eccezione per le città-stato di Berlino, Amburgo e Brema. Le elezioni di aprile hanno sostanzialmente confermato il risultato di cinque anni prima, con la candidata della CDU rieletta presidente alla guida di una coalizione di larghe intese con SPD. Molti giornali scrissero di una falsa partenza per la campagna dell’ex presidente del parlamento europeo: l’entusiasmo attorno alla sua candidatura non si era tradotto in voti. Tuttavia, fu anche notato che il Saarland è uno stato troppo piccolo per poter estrapolare analisi nazionali dai risultati di quest’elezione e che la candidata della SPD poteva essere stata ostacolata dalla presenza di un terzo incomodo, poiché il partito di estrema sinistra della Linke aveva candidato uno dei pezzi grossi del partito, Oskar Lafontaine, spezzando il voto progressista.

Il secondo stato in cui si è andati alle urne è stato lo Schleswig-Holstein, al confine con la Danimarca. Qui i socialdemocratici, pur avendo perso di misura le elezioni del 2012, erano il principale partito di governo, in una coalizione coi Verdi e con un partito locale. Il governatore uscente, tuttavia, ha subito una clamorosa sconfitta ad opera del giovane candidato della CDU Daniel Günther, che ha ottenuto abbastanza voti da poter evitare una Große Koalition con SPD, formando invece un governo coi liberali di FDP e coi Verdi.

Il colpo di grazia è infine giunto con le elezioni nel più popoloso stato tedesco, il Nordrhein-Westfalen: la ricca regione industriale lungo il Reno dove si trovano città come Colonia, Dortmund, Düsseldorf ed Essen. Si tratta di una regione tendenzialmente di sinistra: negli ultimi cinquant’anni SPD è sempre stata al governo tranne che per cinque anni tra il 2005 e il 2010. Eppure, anche qui è giunta una sonora sconfitta: la premier uscente Hannelore Kraft si è arresa al conservatore Armin Laschet, che ha formato una coalizione di governo coi liberali di FDP. Questo risultato fatto particolarmente male alla campagna di Schulz, che aveva puntato molto su questa elezione: ora la SPD è sprofondata nei sondaggi ed è indietro di più di dieci punti percentuali rispetto alla CDU.

La legalizzazione del matrimonio gay e i fatti di Amburgo

Dai più recenti fatti di cronaca sono emersi altri grattacapi per la sinistra tedesca. Innanzitutto, con una mossa piuttosto inaspettata, è stato legalizzato il matrimonio gay in Germania. Facendo capo ad un partito di ispirazione cristiana, Merkel è sempre stata contraria all’equiparazione tra le unioni eterosessuali ed omosessuali; ma, dopo avere dichiarato in un’intervista di avere parzialmente cambiato idea sull’argomento e di voler lasciare libertà di coscienza ai deputati del suo partito, le opposizioni hanno rapidamente rispolverato la proposta di legge in materia, ferma in Parlamento da molto tempo, e la hanno approvata grazie anche ai voti di parte dei deputati della CDU. Con ciò, i partiti progressisti sono riusciti a raggiungere un obiettivo inseguito da lungo tempo: ma Merkel rischia di prendersi buona parte del merito. A prescindere da quali siano state le vere intenzioni della cancelliera, questa mossa è stata un capolavoro politico. In primis, Merkel ha tolto dal gioco un argomento su cui poteva essere incalzata dai suoi rivali; inoltre, all’opinione pubblica favorevole alla legalizzazione può vendersi come l’effettiva fautrice della riforma grazie al suo nulla osta, pur non avendo mai supportato la causa; infine, al suo elettorato più conservatore (e agli alleati della CSU) può ricordare di avere sì concesso la riforma, ma di avere comunque votato contro, coerentemente coi suoi principi.

Pochi giorni dopo, la Germania è tornata sulle prime pagine mondiali per i violenti scontri scoppiati durante il G20 di Amburgo. La violenza dei manifestanti, perlopiù appartenenti a movimenti no-global di sinistra, ha sicuramente aumentato la diffidenza dell’opinione pubblica nei confronti della Linke, che ha storicamente sostenuto posizioni piuttosto radicali ed ha avuto un atteggiamento piuttosto tiepido al riguardo (mentre tutti gli altri partiti hanno duramente condannato le violente condotte dei dimostranti). Di rimbalzo, questo evento non aiuta sicuramente la causa di Schulz, che nel corso della sua campagna elettorale ha cercato di spostare il partito più a sinistra cercando il dialogo proprio con la Linke. Come se tutto ciò non bastasse, il sindaco della città anseatica, proprio della SPD, è duramente criticato dalle opposizioni, che lo accusano di avere di gran lunga sottovalutato i rischi connessi all’evento.

L’alternativa all’alternativa

L’altra grande incognita per Merkel era rappresentata dall’avanzata del partito nazionalista Alternative für Deutschland. Inizialmente esso era un partito che muoveva critiche di natura soprattutto economica al governo della CDU, ma si era presto imposta al suo interno una linea assai più radicale, guidata da Frauke Petry, che aveva trasformato il partito in un movimento di estrema destra affine al Front National transalpino. Tuttavia, nel corso del 2017 il partito si è mostrato particolarmente diviso. Benché tutt’altro che moderata, infatti, Petry ha cercato di imporre una linea più istituzionale al partito, cercando di stemperare l’immagine di “antagonisti a prescindere” per rendersi più appetibili agli elettori moderati e proporsi come possibile partner di coalizione alle altre formazioni conservatarici. Questo orientamento è pero risultato assolutamente indigesto all’ala più reazionaria del movimento, che ha perciò iniziato a muovere una guerra intestina alla leader. Poco prima del congresso di AfD, tenutosi ad aprile, Petry ha annunciato a sorpresa il ritiro della sua candidatura a premier. Al suo posto è stata nominata una coppia di candidati, come accade in molte altre formazioni minori: si tratta di Alice Weidel e Alexander Gauland, esponenti rispettivamente dell’ala più moderata e di quella più estremista. Ciò ha segnato una brusca ed inattesa battuta d’arresto nell’ascesa politica di Petry e, soprattutto, un’ulteriore virata a destra del partito. Tutti questi disordini, però, hanno portato ad un ridimensionamento nei sondaggi: se a tratti si era arrivati a percentuali attorno al 15%, ora AfD è scesa allo stesso livello degli altri partiti minori, ossia intorno al 7-8%. Ciò ha tranquillizzato l’ala più conservatrice del partito di Merkel, mettendo a tacere i timori che delle politiche troppo centriste potessero favorire un “sorpasso da destra” da parte del nuovo soggetto politico.

Und jetzt?

Dopo qualche mese, dunque, Angela Merkel è tornata saldamente in testa nella corsa verso il suo quarto mandato da cancelliera. SPD si trova in grande difficoltà: malgrado il suo carisma, Schulz fatica a guadagnare consensi. Spostandosi troppo a sinistra, il partito perde i consensi dell’elettorato moderato; ma anche muovendosi verso il centro il partito fatica a guadagnare voti poiché la candidatura di Merkel è molto forte ed anche i centristi liberali di FDP stanno avendo una buona campagna elettorale. Schulz è un politico esperto e di grande acume, e la lotta è sicuramente non ancora finita: ma il tempo a disposizione per ribaltare una situazione critica non è più molto.

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