Lettere a confronto: “Fiera al volo”, esempi di virtuosismi alimentari

Storie di lotta allo spreco e di solidarietà alimentare

di Sofia Giunta, redattrice Attualità

Aprite il vostro frigo universitari fuorisede. Osservatelo con molta attenzione. È vuoto? È pieno? Da questo potrebbero dipendere le sorti della vostra giornata. Ma siete davvero sicuri che sarete gli unici a domandarvi se la spesa che avete faticosamente trascinato per mezza Trento, sarà abbastanza per riuscire a tirare avanti una settimana, o se non vi toccherà liberarvi di qualcosa che inavvertitamente vi siete dimenticati di smaltire?

 

Due sono le questioni che assieme all’anta delle vostre dispense si spalancano: quella rispettivamente – detto in maniera schietta – della povertà alimentare, e quella dello spreco. Com’è possibile che temi che sembrano tanto distanti da noi ci tocchino così da vicino? Diciamoci la verità, spesso si tratta di tematiche che passano semplicemente sotto traccia. Noi universitari ci interessiamo di altro, e poco ci importa se a fine settimana quel che rimane è solamente una scatoletta di tonno, o se al contrario non ci preoccupiamo di dove andranno a finire i pomodorini che avevamo comprato, visto che dobbiamo tornare a casa. Ma se ognuno di noi riflettesse davvero su queste due situazioni opposte, che cosa accadrebbe?

 

La risposta si situa nel macro contesto del tema dell’indigenza e, allo stesso tempo, nella possibilità di approcciarsi ad essa in maniera del tutto differente. La risposta sta anche nelle parole di chi, il cambiamento che deriva dal rispondere a questi quesiti, ha deciso di viverlo ogni giorno.

Sabato 7 ottobre ne abbiamo parlato a “Festa al Volo”, presso Trento Fiere, con quattro diverse associazioni di volontariato. Arnaldo Conforti (dell’Emporio Solidale, che gestisce a Parma) sta pian piano cercando di far crescere sul suo territorio una soluzione che sia definitiva al problema della povertà e della scarsità di cibo. I dati parlano chiaro: attualmente sono 5 milioni e mezzo le persone che vivono al di sotto della soglia di povertà assoluta in Italia, e questo significa che ognuna di loro non è in grado di provvedere autonomamente alla propria sopravvivenza. Secondo le rilevazioni portate avanti da Eurostat, i cui dati prendono in considerazione un pasto di carne/pesce o similari ogni due giorni, in Italia più del 9,3% della popolazione totale non riuscirebbe ad assicurarsi tale apporto alimentare in un simile lasso di tempo. Proprio per questo motivo, il processo portato avanti da Arnaldo e da persone come lui risulta fondamentale: è necessario ridare dignità a tutte quelle famiglie che non si possono più permettere di fare la spesa come prima, e riconsegnare a loro ciò che non dovrebbe mancare a nessuno, ossia un pasto caldo e una dimensione di socialità.

 

L’idea dell’Emporio, come spiega lo stesso Conforti, nasce nel 2009, per dare la miglior risposta alla convenzionale somministrazione dei soli pasti tramite le mense. All’interno di tale struttura, portata avanti da un nutrito gruppo di volontari, sono presenti prodotti prezzati e le singole famiglie in necessità hanno accesso ad un bancomat, con un budget prestabilito per potersi rifornire di ciò che ritengono più impellente. I prodotti vengono raccolti dalle grosse aziende di distribuzione e dai privati. Da questa iniziale opportunità che viene offerta alle famiglie, ne sono scaturite molte altre: dovendo rispondere con forza al problema dell’indigenza, l’iniziativa ha portato a una campagna di sensibilizzazione della cittadinanza dal nome “Parma facciamo squadra”, per far sì che cittadini (e personalità note, per esempio dello sport), acquisissero un monte spesa da devolvere in beneficenza all’interno degli scaffali dell’Emporio. Nel tempo sono state inoltre stipulate numerose partnership, tramite la rete di volontari già costituita, per garantire in futuro l’accesso a fondi destinati allo studio o al reinserimento lavorativo. Questo avrebbe dato la giusta risposta alle numerose spie di malessere complessivo presenti sul territorio.

 

Anche l’esperienza a Lanciano, in provincia di Chieti, è simile. Il progetto è molto vicino a quello precedente, e si tratta di un emporio gestito dalla Caritas locale, di cui si occupa Luigi Cuonzo. La struttura, nata inizialmente come una bottega di quartiere, è stata presto rilevata dalla Caritas Diocesana che ha dato via a un percorso di socializzazione, per chi diventa assiduo “frequentatore” del cibo, al fine di ritrovare la responsabilità, la libertà e la gestione della propria persona attraverso la scelta degli alimenti. Cuonzo ci tiene a sottolineare come, anche all’interno della struttura, sia fondamentale l’idea di bellezza: ogni particolare è curato nei minimi dettagli per far sì che da tale ambiente si possa ricavare un’esperienza a 360 gradi.

Giorgio Casagranda, presidente di Trentino solidale, è della stessa opinione: alle persone bisognerebbe riuscire a dare ciò che di meglio è possibile, in maniera disinteressata, perché solamente così si è in grado di tagliare traguardi che si ritenevano impensabili.

Trentino solidale ne è la conferma, trasformatasi da piccolo gruppo di volontari con un furgone solo, ad un centro che vanta ben 300 punti di raccolta, dall’Alto Adige fino al Veneto, i quali tengono impegnati quotidianamente dai 150 ai 170 volontari, per un totale di 17 automezzi. Una scommessa iniziale che è andata sviluppandosi e ramificandosi ben oltre quanto sperato, apertasi fra l’altro da qualche tempo anche agli studenti ai quali si prospetta la possibilità di stage.

 

Esiste però anche un altro modo estremamente efficace per fare la differenza, e a parlarne è stata Federica Canaparo, dell’Associazione Recup. I volontari che lei coordina si occupano ogni giorno, all’interno di 11 (sui 90 totali nel corso della settimana) mercati rionali di Milano per far sì che il materiale edibile normalmente scartato dai commercianti, venga redistribuito a chi ne ha veramente bisogno. “Quello che noi facciamo ogni giorno – afferma la Canaparo – è dare valore sociale a quello che aveva perso valore economico.”

E si tratta di un modo anche per riqualificare i quartieri, facendo rete e impegnandosi nella cittadinanza attiva. Se i dati FAO non sono incoraggianti (con 5,5 milioni di tonnellate annui di spreco alimentare in Italia), la speranza di poter cambiare le cose rimane, soprattutto per arginare gli sprechi economici e il preoccupante impatto ambientale dei cibi di scarto.

È sufficiente essere in grado di percepire l’importanza del cambiamento e delle scelte che ognuno di noi può fare, in primis con l’acquisto consapevole e senza sprechi e in secondo luogo con il volontariato. Universitari, aprite il vostro frigo. Vi sembra davvero tanto insignificante? Guardate meglio…

 

Due workshop al Volo

di Giula Cutello, studentessa di Giurisprudenza

Si parte da un’esortazione: il titolo del primo workshop del pomeriggio – domenica 8 ottobre, Festival del Volontariato – è “Vai a Quel paese”.

Novella Benedetti (Associazione INCO), Niccolò Triacca (CSVnet di Roma), e due ragazzi dello SVE (servizio di volontariato europeo), ci hanno raccontato le loro personali esperienze all’estero, focali per la loro vita personale e professionale. Il file rouge dei racconti è la curiosità, la voglia di mettersi in gioco, la casualità degli incontri; insomma, esperienze per conoscere il mondo e sé stessi.

Sono molte le iniziative promosse dall’Unione Europea rivolte ai giovani che vogliono svolgere esperienze di volontariato e/o di lavoro all’estero. Alcune di quelle presentate sono lo SVE, gli scambi giovanili, il corpo europeo di solidarietà, la rete EURES (specificamente rivolta alla ricerca-offerta di lavoro).

“Tutto quello che cerchi c’è già”, basta solo capire come e dove trovare l’opportunità che si sta cercando, avendo chiari quali sono i propri obiettivi e chiedendo supporto per trovare informazioni utili. L’Associazione INCO offre appositamente, in maniera del tutto gratuita (ogni martedì, su appuntamento), colloqui di orientamento durante i quali, con l’aiuto di un “tutor”, è possibile ricercare i progetti e le occasioni all’estero più affini alle proprie aspirazioni.

 

Siti utili a riguardo:

http://serviziovolontarioeuropeo.it/

https://europa.eu/youth/SOLiDARITY_it

https://europa.eu/youth/EU_it

http://www.portaledeigiovani.it/

http://www.eurodesk.it/

 

Durante il secondo workshop abbiamo incontrato Luca Di Francesco di Job4good (https://www.job4good.it/), una piattaforma per “chi cerca e chi offre lavoro nel settore del non profit e dell’innovazione sociale”. Ci ha spiegato come valorizzare l’esperienza del volontariato, spesso neanche menzionato, nella compilazione del curriculum e delle social bio.

Erriamo pensando che il volontariato non abbia importanza nella valutazione del nostro profilo, possiamo fare in modo che sia il nostro valore aggiunto, infatti Luca ci consiglia di prestare molta attenzione nella compilazione dei CV, di modificarli in base alle vacancies per le quali stiamo facendo domanda, di crearne diversi modelli (non solo CV europeo) e di valorizzare in ciascuno diversi aspetti.

L’attività di volontariato, può essere inserita tra le esperienze lavorative pregresse o si può creare un’apposita voce del CV. L’obiettivo è quello di fare una buona analisi delle proprie esperienze, mettendo in risalto le competenze acquisite e non dimenticarsi di indicare responsabilità e mansioni svolte.

Per colpire l’attenzione dei recruiters è fondamentale l’utilizzo di alcune parole chiave nella descrizione delle competenze apprese durante le esperienze di lavoro e volontariato: empatia, leadership, problem solving, gestione di risorse e del tempo, comunicazione, lavoro di gruppo ecc…

 

 

Redazione

La redazione de l'Universitario è composta perlopiù da studenti dell'Università di Trento

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