Costruire comunità solidali

L’intervento del professor Onida durante la 4° Settimana dell’Accoglienza.

Le comunità resistono alle differenze portate da persone diverse? Resistono all’incontro tra le istanze, i sogni, i bisogni e le aspettative dei suoi membri originari e quelle portate dai migranti?

Attorno a questa domanda si è sviluppato l’intervento del professor Valerio Onida, già giudice e presidente della Corte Costituzionale, durante la 4° Settimana dell’Accoglienza, promossa a Trento da CNCA, ATAS, Centro Astalli Trento e da una rete di associazioni che si occupano di accoglienza in Trentino ed in Alto Adige.

La comunità, intesa come “l’essere insieme sulla base di interessi e bisogni comuni”, costituisce il nucleo che la Costituzione, ogni costituzione, intende proteggere. A partire da questo dato di fatto, il professor Onida osserva come oggi sia difficile individuare una comunità in un mondo diventato così ampio, metropolitano e iperabitato e tale da rendere più difficile fare comunità.

Se il senso originario delle costituzioni era quello di limitare il potere del sovrano, oggi è la tutela dei diritti degli individui ad essere lo scopo ultimo e fondamentale di quelle regole. Questa evoluzione, nelle parole dell’ex presidente della Corte Costituzionale, si è sviluppata per mezzo di due principi-cardine: la regola dell’uguaglianza e il principio di non discriminazione. Essi impongono alla comunità di fare un passo in avanti, di trasformarsi per superare le distinzioni su cui si basavano le discriminazioni che altro non sono che gli “ostacoli di ordine economico e sociale” indicati all’art. 3 della Costituzione.

Le comunità sono chiamate a rispettare questi principi nel loro agire e a farlo tutelando le persone: “persona” – ricorda il professor Onida – “indica il bisogno umano alla relazione”. Questo porta nella comunità quell’insieme di differenze, istanze diverse che rilanciano la sfida delle costituzioni: esse “sono strumenti di sviluppo per tutti. Questa è la scommessa di società fondate su costituzuini: esse pongono obiettivi che indicano un cammino da riprendere costantemente”.

Proseguendo nel suo ragionamento, il professor Onida osserva come la comunità “non sia data ma vada continuamente costruita dai suoi componenti: in questo modo si individuano comunità in cui ogni persona abbia diritti ma anche doveri” i quali – continua Ondia – “sono qualificati come doveri di solidarietà“.

“Solidarietà” che, come sottolinea lo stesso Onida, “richiama l’essere di fatto insieme ma anche il tenersi insieme”: in questo senso si può contrapporre l’idea di società solida a quello baumiano di società liquida. La solidarietà così intesa, continua Onida, “si esercita in ogni settore e non può e non deve limitarsi per ambiti o contesti”: in questo, il professore invoca il ruolo della politica la quale è chiamata a “svolgere un compito duro e difficile, che chiama il singolo a fare, ad agire, a seguire doveri difficili. Una politica che non comprende questa dimensione non è una buona politica“.

Delineando questo quadro, il professor Onida ricorda come “le comunità sono sempre state molto legate a circostanze di tempo e di luogo”: in questo sta una profonda contraddizione tra l’impianto universalistico delle costituzioni moderne e la loro applicazione che, Stato per Stato, si è sempre svolta in una dimensione strettamente nazionale. Questo perché, almeno finché queste comunità sono state chiuse, “ferme nella propria composizione”, le persone che le compongono sono chiamate a partecipare alla vita pubblica: quando invece sono mobili “sorge un problema: il concetto di eguaglianza infatti riguarda tutti gli esseri umani e non solo i cittadini in senso stretto”.

Questa idea emerge spesso nella nostra Costituzione: è lo stesso concetto che sta alla base dell’articolo 2, quando richiama le formazioni sociali entro le quali gli individui sono in grado di svolgere la propria personalità. Quelle formazioni sociali “sono le società intermedie che compongono comunità complessiva”: in questa composizione progressiva della comunità, svolge un ruolo fondamentale anche il principio di maggioranza.

Anche su questo principio si è concentrato il professo Onida il quale – ricorda – “in questa dimensione, assume un valore pratico ma non certo morale: esso presuppone un’azione, un confronto, un mettersi a rapporto sul piano di idee ed obiettivi al di là della distinzione tra maggioranza e minoranze”. In questo sta il valore protettivo delle costituzioni moderne: proteggere le comunità limitando i poteri della maggioranza.

Nel rapporto tra maggioranza e minoranze è emerso un problema del tutto nuovo: con comunità mobili, soggette a flussi migratori (tanto in entrata quanto in uscita), è necessario – dice Onida – cercare un modo nuovo di concepire la cittadinanza: è opportuno, dunque, “cercare una via di mezzo tra una comunità precludente ed una assimilante. Accoglienza e integrazione devono andare verso quella direzione mediana”.

Per questa ragione vanno ridiscusse le modalità con cui questi flussi vengono ad essere gestiti: accoglienza non significa dare a chi giunge sulle nostre frontiere un tetto sopra alla testa; l’integrazione non si può operare semplicemente attraverso i 35€ al giorno alle cooperative. Serve, conclude Onida, un ripensamento radicale (e costituzionale) di questi settori: “chi arriva in Italia deve essere aiutato a diventare parte della comunità e la comunità deve essere portata ed aiutata a fare comunità con i nuovi venuti“.

 

Emanuele Pastorino

Vivo a Trento, orgogliosamente come immigrato, da un po' di tempo. Membro dell'associazione Ali Aperte.

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