L’UniversiMario | L’Ipermario

Sto male forte, lo ammetto. E sto diventando matto a stare dietro a voi, ai vostri capricci. Non vi va mai bene niente. Quando vi lamentate, io non so cosa farci. Mi date del comunista, del democristiano, dell’estremista, del moderato, del buffone, dell’artista, del genio, del cretino. Neanche riesco a provare il piacere di fare la vostra conoscenza che mi appiccicate un’etichetta in fronte, guardandomi un po’ storto, e ve ne andate via di corsa, con sdegno. La volta dopo non mi parlate neanche: vi bastano due parole, tre secondi. Visto che mi avete classificato, avete incontrovertibilmente deciso chi io sia, già sapete cosa desiderate sentirmi dire. Ormai siete così abituati a farvi vendere cianfrusaglie per strada, dal televisore o su Internet che avete smesso di opporre resistenza al vizio di comprare qualsiasi cosa vi capiti sott’occhio. E ora volete comprare anche me. Vorreste poter comprare il vostro Mario prediletto, come si fa all’ipermercato.

Siete dei clienti difficili. Mi confondete. Nemmeno io so cosa farne, di me stesso, quando mi indicate chi dovrei impersonare. Mi immagino mille prodotti diversi, tutti con la mia faccia stampata sopra, e voi indecisi, quasi spaesati, a cercare di capire quale meglio vi agghindi come amico, collega, conoscente. Titubanti, allungate la mano e scegliete: afferrate il Mario in sconto, il Mario in promozione, il Mario del vostro colore preferito, oppure fate la conta e ne prendete uno a casaccio, perché credete che tanto un Mario valga l’altro. Mi scartate, aprite la scatola, girate la chiave per caricarmi e parto con la sigla. Mi presento come Mattia, detto Mario, e se mi chiedete perché mi faccia chiamare Mario vi rispondo ogni volta raccontando una storia diversa. Non vi domandate se io sia vero, io sia falso, menzognero o surreale: sono esclusivamente tenuto a soddisfare il patto scritto nel momento in cui mi avete acquistato. Vi lasciate cullare, abbindolare, prendere in giro, insultare. Poi ci salutiamo, e ognuno se ne va per la sua strada.

Intanto io mi ammorbo, annego, soffoco, mi faccio in quattro per accontentarvi tutti quanti. Non so perché mi costringo a compiacervi. Forse sono pigro, egoista, apatico, e non voglio discussioni, non voglio problemi, non voglio cazzi, specie quando sto scrivendo, sto leggendo, sto lavorando o sto disperatamente tentando di riposarmi. Forse non sono nemmeno una cattiva persona, e voglio farvi contenti perché possiate così eliminare una piccola parte della frustrazione che quotidianamente vi affligge. Forse voglio aiutarvi e rinfocolare la vostra convinzione, anche se non credo in nulla di ciò che sostenete. Vi infonde coraggio durante il giorno, e la notte dormite sonni più tranquilli pensando che sia giusto combattere per la vostra causa.

E la sera, quando ho smesso di recitare, chi sono? Chi rimango? In cosa credo veramente? Potrei dissimulare le mie reali visioni, tenerle a voi nascosto e limitarmi all’interpretazione di uno o più ruoli. Potrei lasciarmi definitivamente influenzare dalle vostre fantasie, cercare di rappresentare i vostri sogni, al punto di accettare di essere tutto e niente, di tramutarmi in un fritto misto senza arte né parte. Potrei calcolare la somma di tutte le vostre posizioni, farne una media, limitandomi a non contraddire nessuno, a sorridere e annuire. Potrei persino non essermi mai preoccupato di preservare alcuna coerenza, perché spesso vi dimenticate delle nostre conversazioni, vi scordate di cosa io abbia dichiarato, e molte delle mie parole non contano assolutamente nulla, finiscono dritte nell’oblio, svaniscono nel giro di pochi istanti.

Ma a noi non è mai interessato cominciare un discorso, mantenere un confronto, costruire un sistema. Poco vi importa di cosa io autenticamente speri di realizzare in un lontano futuro. Non solo siete troppo occupati a scegliere uno tra i molti Mario, ma vi concedete pure il tempo di impegnarvi a comprare un’immagine di ciascuno dei vostri interlocutori, mentre questi, a loro volta, esplorano l’ipermercato, e fanno lo stesso con le vostre figure e le vostre facce. Il dialogo non è più la nostra priorità. Non conosciamo altra via di conversare oltre la compravendita, che si tratti di meri pettegolezzi o si aneli ad impiegare registri lessicali più complessi e altisonanti.

Etichettatemi. Distribuite etichette per tutti, di ogni colore, forma e grandezza. Schiaffatemi dallo scaffale al carrello, e divertitevi a credere di me ciò che volete. Fatevi paladini di un pensiero radicale: io vi darò pienamente ragione. Nel frattempo, il capitalismo continuerà ad occupare tutto il nostro orizzonte del pensabile. Spero che ricorderete di portarvi dietro la carta vantaggi, il giorno che cercherete di comprarvi un Mario anticapitalista all’ipermercato.

Mattia Guarnerio

ciao, sono mario. scrivo per l'universimario. sto sempre un po' nel mario. sono un bergamario, e quindi il mario non lo vedo molto spesso.

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