Faccio coming out: volevo entrare in UNITiN quando stava con UDU | KAFFEE

Ma non l’ho fatto. Dati causa e pretesto, le attuali conclusioni. 

Nel mondo dell’associazionismo universitario non si prende alcuno stipendio, non si costruisce alcun “nobile” curriculum, devo anche dirvi cosa ci si può pulire con la “notorietà” guadagnata? Il ragionamento è molto più spontaneo: vedi un gruppo che fa cose che ti piacciono, pensi di voler partecipare. Nel mio caso oltre a partecipare, rompere i coglioni, poiché tendo a far pesare le mie idee se penso possano essere utili alla generalità. L’idea di collaborare con altre associazioni per creare magnifici Minotauri. L’idea di intervistare in campagna elettorale liste nascenti – penso ad ALI, FGC e inAteneo, che sono portatrici di istanze nuove e non necessariamente distruttive. L’idea dare voce anche a chi non trova o non vuole rappresentanza, come i super fuoricorso o il Collettivo Universitario Refresh.

Il mostro bicefalo UNITiN – UDU, composto da due tra le associazioni universitarie più radicate nell’Università di Trento, ha catturato il mio interesse grazie al suo entusiasmo e alla sua inclusività. Per prendere parte alle attività di una delle due avrei lasciato a nuove generazioni di studenti (cosa che comunque farò durante il 2019, al termine del mio mandato da Presidente) quella macchina d’epoca che è l’Universitario, al quale ho dedicato moltissimo tempo e attraverso il quale ho conosciuto le persone più importanti della mia carriera universitaria da fuorisede. Sempre l’Universitario m’ha dato la possibilità di collaborare sia con UDU che con UNITiN dall’esterno, e ho avuto conferma delle mie iniziali impressioni. Insieme si son fatte tante cose, conferenze, manifestazioni, articoli, il Poplar Festival, e nuove se ne organizzeranno nel 2019, come il Far East Festival di inizio aprile e il dibattito con i candidati alle elezioni europee a maggio.

 

Il dubbio: sarei stato ugualmente utile partecipando dall’interno invece che dall’esterno? Se sì, in UDU o in UNITiN? 

Banalmente pensavo che una valesse l’altra, dato che UNITiN era nata per gemmazione da UDU e facevano parte dello stesso “fronte di rappresentanza”, oltre che produrre attività simili.

Negli anni mi son reso conto che le differenze erano varie, tra priorità, organizzazione interna e “brand” dell’associazione (come ho scritto nell’editoriale “LORO – quello che UDU e UNITiN non vi dicono”). La caratteristica discriminante – parlando da esterno – era che, a parità di gerarchie formali, UDU avesse un modus operandi centrifugo, mentre UNITiN centripeto. Nella prima tutto concorre agli obbiettivi che il Coordinamento pone in partenza, una magnifica unità d’intenti declinata nelle diverse attività e rispettosa delle diverse attitudini degli associati. Nella seconda non sembra ci siano obbiettivi in partenza, ma che passino le idee più interessanti, le quali possono anche avere caratteristiche (e sostrato politico) contrastanti: vengono colpiti quanti più target possibile, dopodiché idee trovano sintesi a posteriori, nei Concilii dell’associazione.

Oltre a questo questo, entrambe le associazioni cercano di avere uno stretto rapporto tra vertici e base associativa e di lavorare in maniera più efficiente dell’altra: competizione costruttiva.

Per come son fatto io, sembrava quello UNITiN il modello più adatto a me. Avrei trovato persone stimolanti e simpatiche, UNITiN ne è piena. In più avuto il piacere di collaborare con i tanti amici in UDU, essendo la creatura “bicefala”.

Purtroppo in periodo di elezioni s’è visto il peggio.

Sembra una frase fatta, una frase alla “cosa ti aspettavi”. Dagli amici mi guardi Dio, che dai nemici mi guardo io – ma in assenza di Dio, occupiamoci tener d’occhio gli amici e di polarizzare il voto anche internamente alla coalizione. Dopo le elezioni del 2018, la rottura.

Forse agli studenti esterni alle dinamiche associative e inconsapevoli dei retroscena sarà sembrata un’improvvisa ripicca di UDU, che in maniera “golpista” prende possesso delle pagine di Rappresentanza comune sui social network. Invece si tratta di una rottura costruita da entrambi di giorno in giorno nel corso dei mesi passati, fatta di non detti, litigi su piccole cose (come bandiere da esporre o accendini da distribuire), accuse di incompetenza, personalità divisive, idee diverse sulle candidature a determinati organi discusse in maniera poco oggettiva, la paranoia di avere degli infiltrati, negoziazioni poco corrette.

Infine, UDU che smette di dialogare definitivamente con UNITiN. In campagna elettorale era già successo un paio di volte, solo che i futuri elettori non ne erano informati. Per mettere il dito nella piaga e accendere interrogativi negli studenti, avevo provato a fare domande sulle divisioni in occasione del dibattito tenutosi a Giurisprudenza, dove la rottura si è palesata prima che in altri Dipartimenti, con le liste UNITiN – UDU separate. Mi erano state date risposte “di comodo” dal candidato UDU (diceva che le liste separate erano dovute ai troppi candidati, quando invece non c’è limite ai candidati in lista – si veda quanta gente è stata candidata a Sociologia) e semi-convincenti dalla candidata UNITiN, la quale però non era entrata molto nello specifico sui distinguo e non aveva spiegato perché s’era sorvolato su tali distinguo in altri Dipartimenti, con le liste unite.

Dati causa e pretesto, le attuali conclusioni.

Sono sempre disposto a farmi sorprendere dalle ragazze e dai ragazzi in UNITiN e UDU, le due associazioni sono costantemente “in divenire”. Però l’ambiente che s’è creato non mi sembra stimolante. Non mi sembra la rappresentanza stia lavorando bene quanto potrebbe. L’entusiasmo e l’inclusività le vedevo nel “mostro bicefalo” perché era uno e al contempo differente da sé stesso, portava avanti istanze e modus operandi diversi, e aveva la pazienza di farle stare assieme. Non ritrovo queste cose nelle nuove UNITiN e UDU. Faccio coming out: volevo entrare in UNITiN, quando stava con UDU. ▪

 

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