Soy Cuba: non la solita propaganda

La rassegna cinematografica La Rampa si è conclusa lunedì 18 marzo con la proiezione del film Soy Cuba di Mikhail Kalatozov e la presentazione del libro fotografico Yo Soy Fidel di Francesco Comello, Barbara Tutino e Norberto Fuentes, in cui il fotografo friulano ha raccontato attraverso la sua intensa fotografia i giorni in cui sono stati celebrati i funerali di Fidel Castro e ha ripercorso i luoghi descritti dal padre di Barbara, il noto giornalista Saverio Tutino, nelle lettere indirizzate alla figlia.

Il lungometraggio, realizzato nel 1964 fu commissionato al regista sovietico nel momento in cui i rapporti tra Cuba e URSS erano più saldi che mai.
Il lavoro di Kalatozov non fu apprezzato in un primo momento e venne considerato da entrambi le parti un fallimento della propaganda; solo grazie a registi come Coppola e Scorsese vennero riscoperte le sue qualità tecniche e venne distribuito anche negli USA.

Il film è costruito su una base di quattro episodi che aspirano a glorificare lo spirito della rivoluzione e a deprecare i valori del capitalismo statunitense. Il fil rouge che lega questi racconti è la “voce del popolo cubano” che alla fine di ogni racconto si esprime con una sentenza moraleggiante.
Il pregio del film di Kalatozov è indubbiamente l’abilità nell’uso della macchina da presa. Da una prima visione si rimane affascinati dalla ricerca stilistica di inquadrature e fotografia e si percepisce la voglia di sperimentare e giocare con i piani sequenza lunghissimi, l’espressività dei volti (soprattutto femminili) realizzati con dei bellissimi primi piani e le riprese aeree a cui seguono delle repentine zoomate.

Soy Cuba pur nella sua audacia e brillantezza tecnica, che si rifà per certi aspetti i modelli della Nouvelle Vague e del cinema neorealista, rimane comunque un film di propaganda. I dialoghi molto spesso sono evocativi e i protagonisti delle vicende si ergono statuari come eroi tragici in opposizione al nemico occidentale. Il regista non lascia spazio a personaggi caratterialmente ambigui, essi si dividono tra cubani oppressi  e statunitensi senza scrupoli e reazionari. Il contrasto tra mondo capitalista e mondo socialista, tra sfruttatori e sfruttati, tra proprietario terriero e contadino è netto, anche nelle scelte tecniche come per esempio lo stacco della prima scena in cui si passa dalla navigazione su fiume dalle acque tranquille alla chiassosità di un locale notturno in cui tre uomini americani d’affari sorbiscono i loro drink in mezzo ad un gruppo di prostitute.
Soy Cuba è un piccolo gioiello cinematografico a cui vale la pena prestare un occhio attento. Se siete appassionati di tecnica cinematografica non rimarrete delusi e riscoprirete un film eccezionale e quasi avanguardistico per il periodo in cui è stato girato. Se condividete la causa del popolo cubano non potrete che alzare il pugno sinistro e proferire “Hasta la victoria, siempre!”

Erica Turchet

Sono studentessa di Studi internazionali presso l'Università degli studi di Trento. Amo scrivere di musica e cinema, ma rimango un'appassionata dei lati oscuri e degli intrighi della politica.

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