La riforma del copyright dell’Unione Europea: internet è in pericolo?

Martedì 26 marzo il Parlamento Europeo ha votato a favore di una discussa riforma del copyright, ponendo fine ad un lungo e spesso aspro dibattito sulla questione. Una versione preliminare del testo era stata inizialmente bocciata a luglio dell’anno scorso (come avevamo già riportato), ma era stata successivamente approvata a settembre dopo alcune modifiche. Politici, esperti, artisti e molta gente comune hanno avuto molto da ridire sul contenuto di questo progetto di legge: cerchiamo di capire perché.

Fin dagli stadi embrionali della riforma, le critiche si sono concentrate su due norme: l’articolo 11 e l’articolo 13, che nel testo finale della legge sono diventati rispettivamente gli articoli 15 e 17. Il primo dei due prevede che i siti internet debbano pagare un compenso agli autori del materiale che linkano o riportano parzialmente. L’idea è apparentemente semplice: riprodurre il contenuto altrui senza retribuire l’autore costituirebbe una violazione del copyright. In particolare, questa norma è caldeggiata dai grandi gruppi editoriali che ritengono di essere svantaggiati dai servizi di aggregazione di notizie come Google News, che mostrano agli utenti delle anteprime degli articoli linkati. Ovviamente, i giganti del web si oppongono e obiettano che questi servizi sono invece utili ai giornali, poiché permettono ai lettori di trovare più facilmente ciò che cercano- e quindi di incrementare il traffico sui siti d’informazione (e gli introiti pubblicitari che ne conseguono!).

L’articolo 17, invece, impone una verifica preventiva dei contenuti caricati dagli utenti da parte dei siti web, onde evitare la diffusione non autorizzata di materiale protetto dal copyright. Anche in questo caso l’intento della legge è molto chiaro, ma i detrattori della proposta lo ritengono semplicemente impossibile da attuare. Pensiamo alla mole impressionante di contenuti che viene pubblicata online ogni secondo: è una magnitudine completamente incompatibile con l’apposizione di un filtro in entrata ad ogni contenuto! Il problema si potrebbe risolvere con la creazione di controlli automatizzati: spesso viene citato come esempio il Content ID di YouTube, che però è un sistema lungi dall’essere infallibile e soprattutto estremamente costoso da sviluppare. Secondo le voci contrarie alla riforma, insomma, questo articolo sarebbe insostenibile per molti siti di dimensione medio-piccola. Al di là di tutto questo, poi, ci sono questioni ben più fondamentali: l’introduzione di un controllo preventivo su ciò che viene diffuso online è una misura che presta il fianco molto pericolosamente a violazioni e restrizioni della libertà d’espressione.

Dal punto di vista politico, la riforma è stata sostenuta dai due principali gruppi presenti al Parlamento Europeo: il Partito Popolare Europeo (di cui fa parte Forza Italia) e l’Alleanza Progressista dei Socialisti e Democratici (di cui fa parte il PD). Si sono però registrate molte defezioni all’interno di questi partiti- in particolare, la SPD (il partito socialdemocratico tedesco) ha votato contro la riforma in modo compatto. Tra i partiti italiani si sono opposti alla riforma Lega e Movimento 5 Stelle, in linea con la maggioranza dei partiti euroscettici.

Ovviamente, in prima fila a sostegno della riforma ci sono gruppi editoriali, case discografiche, artisti e società di gestione dei diritti (come la nostra SIAE): essi hanno tutto l’interesse ad una più efficace tutela dei contenuti da essi creati, prodotti o tutelati. Sono rumorosamente contrarie le grandi società di internet come Google e Facebook, a cui queste norme delegano una grossa mole di lavoro, ma anche entità non-profit come Wikipedia e numerosi attivisti per la libertà di comunicazione in rete, preoccupati per il libero scambio d’informazioni sul web. Anche Tim Berners-Lee, l’informatico britannico considerato il creatore del moderno internet, ha messo in guardia dall’impatto della riforma, che potrebbe stravolgere per sempre il modo in cui tutti noi usiamo- e viviamo- la rete. Potrebbe diventare problematico condividere articoli sui social network, e potrebbero risentirne persino i meme– che spesso si basano su immagini di agenzia o fotogrammi di film e serie TV. Molti critici, in realtà, supportano un progetto di riforma del diritto d’autore, e molti ritengono anche che questo intervento legislativo possa avere buone intenzioni, ma concludono che si basi su un’idea obsoleta di diritto d’autore incompatibile con la società estremamente interconnessa in cui viviamo oggi- impressione acuita da un’intervista rilasciata dal relatore della proposta, l’eurodeputato tedesco Axel Voss (PPE), in cui egli stesso non sembrava pienamente comprendere l’effettiva portata della riforma.

Il testo approvato dal Parlamento Europeo è una direttiva: esso è legalmente vincolante, ma dovrà essere recepito dagli stati membri dell’Unione con delle leggi nazionali. Il suo contenuto è perciò molto vago- con molta approssimazione si può dire che più che delle regole analitiche fissa dei criteri di base da cui gli stati non si possono discostare, lasciando a questi ultimi la definizione dei dettagli. La direttiva è uno strumento molto comune nel diritto dell’Unione Europea, ma molti dei critici della riforma ritengono che una riforma tanto pervasiva avrebbe dovuto essere scritta in termini più precisi: essa propone dei cambiamenti mastodontici, ma è molto avara di suggerimenti su come attuarli- e questa circostanza potrebbe rivelarsi problematica nel caso in cui stati diversi finissero con l’adottare soluzioni diverse. Dopo l’approvazione da parte del Consiglio Europeo (una formalità), sarà necessario attendere la ricezione delle norme da parte degli stati membri affinché esse entrino pienamente in vigore. Le voci contrarie alla riforma auspicano che in questo periodo di tempo possa arrivare un ripensamento in extremis, magari derivante dalla difficoltà nell’attuare le norme di cui si è detto, oppure che la questione venga presto sottoposta alla Corte di Giustizia dell’Unione. Sicuramente, sarà molto interessante vedere l’impatto di questa decisione sulle imminenti elezioni per il rinnovo del Parlamento Europeo.

 

fonte iconografica: Electronic Frontier Foundation (eff.org)

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