Giulio Regeni, manteniamo alta la guardia

TRENTO. Il Primo maggio a Trento, in occasione della Festa dei Lavoratori, si tiene un concerto organizzato dai sindacati Cgil Cisl Uil del Trentino. Un evento ormai classico, che quest’anno avrà un’accezione particolare: sarà dedicato a Valeria Solesin, la studentessa uccisa dall’attentato terroristico al Bataclan di Parigi lo scorso novembre, e a Giulio Regeni, il ricercatore barbaramente torturato e ucciso in Egitto in circostanze ufficialmente ancora da chiarire.

È l’occasione per tornare sull’emergenza del caso Regeni. Più i giorni, le settimane, i mesi passano e più si rischia che la ricerca della verità da parte del governo italiano rischi di passare in secondo piano. È stato apprezzato da tutti noi il richiamo in patria del nostro ambasciatore al Cairo, un segnale diplomatico forte a fronte dell’indolenza e dell’intransigenza delle autorità egiziane a collaborare in maniera trasparente con la squadra investigativa italiana che si sta occupando del caso. Ma dopo questo segnale è rimasto isolato, il Ministro degli Esteri temporeggia e il regime egiziano attraverso un’accurata propaganda dissemina false piste – la nuova vede Giulio Regeni nei panni di una spia – si fa tronfio dei suoi accordi economici e politici con Paesi potenti come la Francia.

In questa battaglia per la ricerca della verità siamo stati supportati solo dal governo britannico, che ha chiesto ufficialmente indagini trasparenti da parte delle autorità del Cairo. Ma concretamente siamo soli, l’Egitto è un alleato strategicamente troppo importante per la lotta al terrorismo. Poco importa se la macchina di repressione architettata da Al-Sisi e i suoi generali sta falciando l’opposizione attraverso sparizioni misteriose e arresti preventivi, come il direttore dell’Ong che si occupava delle numerosissime sparizioni dei dissidenti egiziani (circa 533 in otto mesi) e che era consulente legale della famiglia Regeni in Egitto. Ecco perché urge dare un segnale più forte al governo egiziano, colpirlo nel suo punto più debole: i soldi. Interrompere le relazioni commerciali e inserire l’Egitto nella lista nera dei Paesi colpendo così una delle sue fonti principali di entrate, il turismo, sono mosse di un governo che mostra un sincero interesse per la difesa dei diritti umani.

Perché in realtà non si tratta più solo di Giulio Regeni; come ha ricordato sua madre durante una manifestazione organizzata a Milano da Amnesty International, bisogna chiedere giustizia per tutti coloro che costituiscono la resistenza al potere di Al-Sisi e che per questo hanno pagato e stanno pagando un prezzo altissimo. Giulio Regeni con le sue attente ricerche sul movimento sindacale egiziano faceva parte della resistenza egiziana ed è stato rapito, torturato e ucciso.

Amnesty International sta conducendo la campagna “Verità per Giulio Regeni”: moltissimi comuni italiani e moltissime università italiane, tra cui l’Università di Trento, e straniere, come l’Università di Cambridge presso cui il ricercatore di Fiumicello lavorava, hanno aderito all’iniziativa. Questa campagna sta mantenendo viva l’attenzione sull’Egitto e la pressione sul governo italiano, ci ha reso più consapevoli e più informati su come la macchina egiziana funziona, ha permesso di non far calare nell’oblio e nel silenzio l’evoluzione delle indagini e l’operato delle autorità di entrambi i Paesi.

Ma non è facile far cadere la maschera ad un’autocrazia se non c’è il supporto forte e coeso della comunità politica internazionale. Ecco perché è necessario che si continuino le mobilitazioni, che anche gli studenti mantengano alta la guardia. Tanti di noi hanno occasione di spendere dei periodi all’estero per studio, ricerca o lavoro: cerchiamo di far conoscere la storia di Giulio ai nostri compagni e colleghi stranieri, coinvolgiamoli nella nostra causa.

Giulio Regeni era un uomo informato e attento alla realtà che lo circondava, l’esempio di studente universitario che affiancava allo studio la partecipazione alla vita politica e culturale dei posti in cui ha vissuto. Giulio era uno di noi, non permettiamo alle autorità politiche di imboccare la strada più facile e chiudere il suo caso in un «è stato ucciso ma non si sa da chi». Il “chi” lo conosciamo, ha dei nomi e dei volti: noi sappiamo chi è STATO.


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Giulia Masciavè

Giulia Masciavè

Studentessa all'ultimo anno di Studi Internazionali. Amante della lettura e della musica, nostalgica per passione.

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