Inaugurata l’aula Lucrezia, promessa di maggiore equità

Trento, 9 maggio. La stanza è piena. Tanto piena che ad un certo punto ci comunicano che l’evento continuerà in aula 1, al pian terreno. Non se la aspettavano nemmeno loro, tutta quella gente. Eppure non sono stati solo professori e rappresentanti delle istituzioni a prendere parte all’evento. All’inaugurazione dell’aula Lucrezia hanno voluto esserci anche studenti, dottorandi, membri del personale tecnico e amministrativo, rappresentanti di associazioni locali. In fondo all’aula ci sono anche alcune classi delle superiori (poi mi dicono di essere studenti del Sacro Cuore). Un breve salto, tra un impegno e l’altro, è riuscita a farlo anche l’assessora provinciale Sara Ferrari (il titolo ufficiale è Assessora della Provincia Autonoma di Trento all’Università e ricerca, Politiche giovanili, Pari opportunità e Cooperazione allo sviluppo).

Sono soprattutto donne a essere presenti. Lo notiamo subito, io e la dottoranda seduta vicino a me. E, presa la parola, non manca di notarlo anche Fulvio Ferrari, Direttore del Dipartimento di Lettere e Filosofia. “Segno evidente che purtroppo non si percepisce la portata generale, non settoriale, della riflessione sulle questioni di genere che il nostro Ateneo si è impegnato a portare avanti”.

Rinominare l’ex-421 aula Lucrezia è infatti un gesto simbolico, che si inserisce nel quadro del Piano Triennale di Azioni Positive elaborato per far fronte alla situazione “a dir poco allarmante” messa in luce dai risultati del Rapporto sulle pari opportunità in Ateneo per l’anno 2016. Risultati preoccupanti, sottolinea Ferrari, soprattutto per il forte squilibrio tra presenza maschile e femminile che si registra nel personale docente e ricercatore (26,4%) e nelle posizioni di responsabilità apicale. In quanto a gender gap l’Università di Trento non ha certo di che vantarsi: a quanto pare, siamo messi peggio non solo della media europea, ma anche di quella nazionale.

Un atto che ha, quindi, il sapore di una promessa. Quella di un impegno istituzionale per risolvere un problema di dispersione di risorse di tale portata che non si può più ignorare. Una macchia alla reputazione di un Ateneo che pur può vantare tanti primati.

Ma dare il nome della prima donna laureata al mondo all’aula del Dipartimento di Lettere e Filosofia in cui i nostri dottorandi discutono le proprie tesi è anche un atto di rivendicazione, con cui le donne del mondo accademico affermano il proprio diritto alla storia. “È un atto di giustizia storica” dice Giovanna Covi, principale promotrice dell’iniziativa, “con cui restituiamo alla memoria una studiosa seppellita dalle nebbie dell’oblio per il semplice motivo che la storia delle donne a lungo non è stata storia”. “È uno di quei gesti simbolici” prosegue Sara Ferrari “che vanno fatti, di cui si ha bisogno per sottolineare che le competenze trasparenti delle donne non sono poi così trasparenti, ci sono e si fanno sentire”. E rivendicano il proprio spazio, non solo fisico ma anche linguistico. Di qui l’impegno dell’Ateneo a promuovere l’uso di un linguaggio di genere attento, più inclusivo, che ci educhi a pensare a certi ruoli non più come a una prerogativa maschile, ma anche femminile. D’altra parte, non è forse tramite il linguaggio che costruiamo rappresentazioni della realtà che ci circonda, e quindi la realtà stessa?, prosegue Barbara Poggio, Prorettrice alle politiche di equità e diversità di Ateneo.

A discorsi finiti, tra sorrisi, congratulazioni e strette di mano, siamo invitati ad uscire dall’aula Lucrezia per dirigerci all’aula 1, dove Maria Cristina Bartolomei, professoressa di Filosofia morale presso l’Università degli Studi di Milano, ci dirà qualcosa di più su questa Lucrezia, sulla sua vita, sui suoi studi e sulla travagliata vicenda del titolo di laurea (potete trovare qualche info qua).

Restano una targa e un nome, Elena Lucrezia Corner Piscopia, con con cui l’Università di Trento si guadagna un nuovo primato: siamo infatti i primi, ricorda la Bartolomei, ad aver accolto la proposta di titolatura lanciata da una testata nazionale, prima ancora dell’Università di Venezia e di quella di Padova, città di nascita e di studi di Lucrezia. Un primato un po’ vuoto, un po’ retorico, se vogliamo, ma che ha il valore di un augurio, di un buon auspicio e a cui va se non altro riconosciuta l’intenzione di dar spazio al dibattito su un tema, quello delle questioni di genere, su cui c’è ancora molto da dire e da fare. Anche a Trento.

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