CIM e ICC Mediation Competition

Da 14 anni a Parigi ogni anno si svolge l’ICC Mediation Competition, la più grande e prestigiosa competizione di mediazione al mondo. Si tratta di un evento che vede ogni anno la partecipazione di almeno 60 squadre provenienti da più di 40 paesi, tra cui quella dell’Università di Trento. Luca De Rosa, Martina Lucin, Pietro Maria Vallese, Lorenzo De Gaetano e Rachele Beretta (coach), partiti senza troppe pretese, sono riusciti ad arrivare tra le migliori 8 squadre.

In contemporanea, a Milano, si è svolta la CIM (Competizione Italiana di Mediazione), dove la squadra della Facoltà di Giurisprudenza di Trento, composta da Rosalba Calo, Arianna Martini, Claudia Calligari, Giovanna Sabadin e Giulia Leonardi, si è aggiudicata il premio “Migliore sviluppo di opzioni di interesse reciproco”. I ragazzi sono stati seguiti ed aiutati nella preparazione dalla professoressa Silvana Dalla Bontà e dagli avvocati Corrado Mora e Jacopo Mosca, nei confronti dei quali sono riconoscenti.

Abbiamo intervistato Luca Da Rosa, che ha partecipato alla competizione a Parigi, e Arianna Martini, che ha partecipato alla competizione di Milano, per capirne un po’ di più su queste manifestazioni.

  1. In che modo è nato il tuo interesse per l’ADR (i metodi alternativi di risoluzione delle controversie)?

L: Il mio interesse per l’ADR è nato dallo studio del processo per formulas nel diritto romano. Incuriosito dal mondo in cui i romani risolvevano le dispute, ho ricercato i caratteri simili di quel processo a base consensuale nel diritto moderno e contemporaneo.  La mia ricerca mi ha portato un anno negli Stati Uniti, alla Washington University in St. Louis School of Law, grazie al programma TLP (Transnational Law Programme) finanziato dall’Università di Trento. Durante la permanenza alla WashU Law ho seguito classi di negoziazione, mediazione e arbitrato e ho partecipato alla “Law Student National Representation in Mediation Competition” – organizzata dall’ABA (American Bar Association) – arrivando fino alle semifinali.  Al termine dell’anno ho ottenuto un master in Negotiation and Alternative Dispute Resolution, consolidando le mie conoscenze in ADR.

A: Lo scorso anno accademico frequentai il corso complementare in tema ADR proposto dalla professoressa Silvana Dalla Bontà e mi appassionai fin da subito alla materia. Durante quest’ultimo anno universitario ho deciso di frequentare anche due laboratori applicativi per meglio approfondire due aspetti della mediazione: la comunicazione e il lato pratico della mediazione stessa.

  1. Perché hai deciso di partecipare alla CIM/ICC e quali erano le tue aspettative al riguardo?

L: Ho sentito parlare dell’ICC Mediation Competition per la prima volta da un arbitro della PCA (Permanent Court of Arbitration): alla mia domanda su come diventare un arbitro mi rispondeva di iniziare con il partecipare a competizioni come quelle organizzate dall’ICC. Ho deciso di partecipare alla competizione a seguito di un incontro con la Prof. Tokarz – professoressa di mediazione alla WashU Law – e la Prof. Dalla Bontà – titolare del corso ADR all’Università di Trento. Insieme con gli altri studenti che hanno partecipato al TLP, concordammo di dover condividere quanto imparato negli Stati Uniti così da dimostrare che anche in Italia – dove le risorse sono sicuramente inferiori – possono ottenersi dei risultati in campo internazionale. Le aspettative erano più turistiche che competitive: con il mio compagno di squadra, Lorenzo De Gaetano, sognavamo di aggiudicarci uno dei premi che vengono assegnati alle squadre non qualificate alle fasi finali.

A: A seguito del corso complementare decisi di frequentare il laboratorio di training per poter partecipare alla competizione italiana. Speravo di poter vivere un’esperienza diversa dalle normali lezioni universitarie, molto più pratica. Inoltre, vidi come aspetto molto positivo la possibilità di lavorare in gruppo con altri miei colleghi.

  1. Com’e stato partecipare alla CIM/ICC? C’è un episodio in particolare che hai voglia di raccontare?

L: Non fatico a definire l’ICC Mediation Competition l’esperienza universitaria più bella che ho vissuto fino ad ora. Lo spessore umano e professionale dei partecipanti alla competizione – professionisti, studenti e volontari – e l’organizzazione dell’ICC fanno sì che si crei una bolla in cui sono tutti belli bravi e simpatici. Uscire è un po’ come svegliarsi da un sogno. Uno dei momenti che non dimenticherò è stato un drink bevuto con Pietro, un mio compagno di squadra, e Aditya, un ragazzo indiano della National Law School of India University. Chiacchierando ci siamo resi conto di come io e Pietro avessimo più cose in comune con un ragazzo indiano di quante ne avremmo potute avere con un nostro vicino di casa italiano. Il mondo è grande e noi lo possiamo guardare solo con due occhi per volta, questa competizione mi ha aiutato a guardare il mondo in faccia per qualche giorno.

A: Partecipare alla CIM è stata un’esperienza bella ed interessante, che mi sento di suggerire anche agli altri studenti della facoltà. Ho apprezzato il lavoro in gruppo e la tenacia che ognuno di noi ha impiegato per raggiungere l’obiettivo insieme. Mettersi in gioco in prima persona non sempre è facile. L’imbarazzo iniziale è difficile da superare subito. Tuttavia, è gratificante riuscirci. Ho imparato a valorizzare quelli che sono i miei punti di debolezza. È bello anche mettersi a confronto con studenti che frequentano Giurisprudenza in altre regioni, per avere punti di vista differenti sia sulla mediazione che sul valore che le proprie facoltà danno alla materia.

  1. Un takeaway di carattere professionale/accademico dall’esperienza vissuta?

L: Durante la mediazione contro la squadra della City University of Hong Kong, i nostri avversari hanno richiesto un colloquio privato con il mediatore, prendendoci alla sprovvista. Terminata la mediazione, il feedback di uno dei due giudici si è soffermato su quell’evento. Il giudice ci ha spiegato come nella cultura cinese non sia educato rispondere con un “no” diretto ad una richiesta, ed è per questo che il team di Hong Kong aveva chiesto al mediatore il colloquio privato. Quindi, quando si vuole comunicare qualcosa è bene conoscere il proprio ascoltatore. Know your audience.

A: Partecipare alla CIM è stata una bella esperienza, che mi ha dato spunti per crescere anche in una futura prospettiva lavorativa. Nei prossimi anni spero di poter diventare mediatrice. Da un punto di vista accademico credo che l’università dovrebbe puntare molto su queste iniziative. Formano lo studente sul lato pratico, lo mettono davanti a situazioni che nei libri non si leggono.

  1. Consiglieresti questo tipo di esperienza ai tuoi compagni? Se sì, perché?

L: Consiglierei quest’esperienza a tutti i miei compagni. È un momento unico per confrontarsi con studenti e professionisti provenienti da tutto il mondo interessati al mondo dell’ADR e, più in generale, allo studio del diritto. È un’occasione per dare concretezza quanto costruito durante il percorso universitario, sia dal punto di vista personale che professionale.

A: Consiglierei ai miei compagni quest’esperienza per i motivi che me l’hanno fatta apprezzare.

Come riportato da Luca ed Arianna l’esperienza di partecipare a queste competizioni beneficia lo studente che impara a mettersi in gioco e farsi le ossa per un impiego professionale in questo campo. Anche i loro compagni di squadra ci hanno detto la loro in merito: tra i partecipanti alla CIM, Giulia Leonardi ha detto di aver apprezzato il legame che si è creato con la sua squadra aggiungendo che la capacità con cui sono riusciti a sostenersi e criticarsi a vicenda quando ce n’era bisogno li ha aiutati a crescere personalmente e professionalmente. Giovanna Sabbadin ci ha spiegato di essersi interessata all’ADR dal momento in cui si era vista sgretolare la convinzione che la giustizia tendesse alla ricostruzione dei rapporti sociali. Claudia Calligari ha detto che questa esperienza ha messo in evidenza gli aspetti positivi della mediazione per la risoluzione di controversie. Rosalba Calò è stata contenta dei complimenti ricevuti dei mediatori, i quali li hanno detto che sarebbe davvero un buon avvocato. Tra i ragazzi che hanno partecipato alla competizione in Francia, Lorenzo De Gaetano ha detto che è stata una buona occasione per conoscere le nuove competenze ancora poco diffuse sia tra gli studenti di Giurisprudenza che tra avvocati e giudici. Rachele Beretta dice che la competizione è un ottimo modo per avvicinarsi all’ADR ed entrare subito nel vivo della materia. Pietro Maria Vallese infine, consiglierebbe questa esperienza specificando che “La mediazione e le ADR ti insegnano come usare le tue conoscenze. La conoscenza è infatti nulla se non si sa come spenderla. Per esempio, grazie alla preparazione fornitami dall’Università ho imparato a spuntare un mio approccio da litigator che scontava la mentalità tipica dell’avvocato, abituato a condurre il processo contro la parte convenuta o attrice. Dalla competition ho invece imparato che la soluzione di una controversia non implica per forza una vittoria e una soccombenza ma può contemplare una win-win solution da conseguire non contro ma con la controparte. Hard on the problem, soft on the people”.

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