Intuitive eating e prova costume

Quando parliamo di alimentazione, nel 21esimo secolo è ormai difficile non sentirsi vulnerabili. Per quanto si cerchi di combatterla – e nonostante i significativi passi avanti -, l’idea del corpo perfetto e in particolare del summer body rimane ancora un pallino fisso per molte persone. Vediamo quindi in questo nuovo articolo della rubrica In punta di piedi di affrontare questo argomento, cercando di individuare una delle opzioni migliori per ottenere dei risultati davvero buoni e a lungo termine.

Come abbiamo appena detto, l’obiettivo di avere un fisico da spiaggia è ancora alquanto diffuso. A questo proposito potremmo aprire una lunga lista di ipotesi sul perché venga trattato così tanto come una priorità, di riflessioni sulla scarsa quantità di individui che lo perseguono con il vero scopo finale di essere in salute e non invidiati, ammirati o quant’altro, tuttavia ci limiteremo a qualche considerazione nella conclusione. Quello che preliminarmente ci importa dire è che, sebbene è molto probabile che ognuno di noi, almeno una volta nella vita, abbia desiderato un summer body fatto a regola d’arte, quello che in fondo tutti vogliamo davvero è sentirci sempre a proprio agio nella nostra pelle. Il che è comprensibile, tra l’altro, visto che il corpo è la nostra casa. Delegittimarlo e privarlo dell’importanza che ha – pensandolo solo come, ad esempio, inferiore rispetto all’intelligenza e al carattere – porta non solo a sottovalutare una serie di problematiche ad esso correlato, ma anche, in generale, a non prendersi cura di sé. Corpo e mente sono sullo stesso piano in realtà e, come dal corretto funzionamento del primo dipende la seconda, l’impostazione di quest’ultima ha delle conseguenze ben visibili sul fisico.

Proprio su questa correlazione si basa l’intuitive eating, detto anche mindful eating, cioè una filosofia alimentare basata sull’ascolto del proprio organismo che, semplicemente, si regge sul “mangia quando hai fame e smetti quando sei sazio”. Per quanto sembri una banalità, a rifletterci bene distinguere il senso di fame dalla “gola” non è tanto immediato, così come non lo è abbassare la forchetta quando ci si sente pieni: quante volte ci siamo sentiti dire, da bambini, di dover finire sempre quello che c’è nel piatto? Come se non si potesse conservare. Allo stesso modo, è difficile distinguere il bisogno di mangiare dalla fame emotiva, la quale è un possibile punto di partenza per lo sviluppo di un disturbo alimentare o anche solo di qualche suo sintomo. 

Questa pratica alimentare, quindi, è senza regole, se non quelle dettate dal nostro corpo: non si tratta né di una dieta né di una qualche altra forma di restrizione, piuttosto di un nuovo modo di vedere il cibo. Infatti, pensare a questo solo come un ammasso di calorie o nutrienti elimina tutto il piacere che può dare: non a caso, questa filosofia è molto diffusa tra le persone che hanno, con delle pratiche scorrette, compromesso il proprio rapporto con l’alimentazione e vivono con sensi di colpa, ansie e preoccupazioni a riguardo. Vediamo quindi di spiegare meglio di cosa si tratta, elencando i dieci principi fondamentali dell’intuitive eating.

  1. Dimenticarsi delle classiche diete.

Sul lungo periodo, raramente i piani alimentari ben strutturati funzionano. A meno che non si debba perdere peso – e l’unico motivo per cui è davvero necessario farlo è solo la salute – è più lungimirante cercare di instaurare con il cibo un rapporto sano ed equilibrato, senza attacchi di fame, sensi di colpa e frustrazione per aver fallito.

2. Rispettare il senso di fame.

Il nostro corpo è perfettamente in grado di comunicarci quando ha bisogno di essere nutrito: è sufficiente imparare ad ascoltarlo e rispettarlo, a prescindere che dall’ultimo pasto siano passate una, due o tre ore. 

3. Fare pace con il cibo.

Piuttosto che classificare automaticamente i cibi in “buoni” e “cattivi”, mangiare quello che si vuole è spesso un’alternativa migliore. Dopo di che, chiederci come ci sentiamo fisicamente può aiutarci a fare una nostra catalogazione degli alimenti (senza dimenticare che questa può essere cambiata a nostro totale piacimento ed in base ad ogni nostra sensazione).

4. Abbandonare i sensi di colpa.

Sintomo tipico dei DCA (Disturbi del Comportamento Alimentare) e delle altre disfunzionali relazioni con il cibo è l’autocolpevolizzazione. Quello che è importante ricordare, però, è che non c’è niente di male nell’assecondare un nostro desiderio, una voglia e che i pensieri che abbiamo agiscono su di noi, non sono noi. È e sarà sempre possibile, quindi, ordinarli, disciplinarli e controllarli.

5. Imparare a riconoscere il senso di sazietà.

Il corpo, come è in grado di farci capire quando ha bisogno di essere nutrito, sa anche come indicarci quando smetterla. Se ci si sente pieni, è consigliato quindi smettere di mangiare, lasciare tranquillamente del cibo nel piatto. In questo può essere utile cercare di non mangiare troppo in fretta e masticare bene.

6. Il cibo è felicità.

Per approcciarci a questo tipo di alimentazione è importante che impariamo a nutrirci di quello che ci piace. Per quanto gli spinaci facciano bene alla salute, ad esempio, mangiarli solo per questo non rende i pasti momenti felici – nonostante sarebbe meglio che lo fossero, dato che sono indispensabili – . Di conseguenza, da questo punto di vista, ha più senso cimentarsi in qualche ricetta che li coinvolga coprendone il sapore o scegliere qualche altra verdura con proprietà simili.

7. Cercare di superare la fame emotiva.

Se prima di un esame abbiamo voglia di una fetta di torta per pura gola perché ci sentiamo stressati, chiaramente va bene. Questo atteggiamento può diventare un problema, però, quando il cibo diventa un costante rifugio ad ogni tipo di stato d’animo. Talvolta è determinante rivolgersi ad uno psicologo per sradicare questo problema, altre può essere sufficiente, quando si sente questo impulso, uscire a fare una passeggiata o mangiare della frutta. La fame emotiva si distingue bene da quella “normale”, infatti, poiché la prima è tendenzialmente più specifica (voglia di carboidrati, di dolci, …), mentre la seconda, per essere placata, si accontenta di qualsiasi alimento.

8. Perdonare il proprio corpo.

Un passo fondamentale da fare per stare davvero bene è non solo “accettare” il proprio fisico, ma anche amarlo, scusarlo per non essere quello che abbiamo sempre sognato che fosse. Certi risultati si possono ottenere con un proporzionato e adeguato deficit calorico – meglio se calcolato da un professionista – e con un buon allenamento, ma altri no e ad ogni modo, a prescindere da questo e dal lavoro che si può scegliere di fare per modellarlo, va anche rispettato. Come fare body shaming sugli altri è ingiusto, lo stesso discorso vale per noi, anche solo perché è in quello stesso corpo di cui non siamo grati che abbiamo vissuto tutte le belle esperienze della nostra vita, è lui che ci permette di abbracciare le persone che amiamo, di viaggiare, di studiare, di suonare, di ballare e tutto il resto.

9. Fare sport.

A questo proposito è utile cercare di tornare bambini, quando una corsa al parco era fatta per il puro piacere che dava e per divertimento, non per bruciare calorie. Lo sport non serve solo a smaltire quello che abbiamo mangiato, ma dà benessere.

10. Dare priorità alla salute.

Quest’ultimo punto, infine, per ricordare che ogni scelta alimentare che prendiamo deve essere rivolta al nostro star bene. In questo senso, quindi, è d’aiuto tanto imparare essere previdenti – ad esempio, mangiare tre pizze con le patatine senza neanche prendere fiato sappiamo già che poi ci farà star male, così come ingerire tanto lattosio se si è intolleranti – quanto imparare ad ascoltare il nostro corpo. Se, nel suo svolgere le funzioni principali, scegliamo di considerarlo come una macchina perfetta, ci possiamo quindi anche fidare di lui: se un cibo ci dà noia allo stomaco dopo che lo abbiamo ingerito o ci dà pesantezza, gonfiore e quant’altro possiamo scegliere di ridurne la quantità per stare meglio.

I benefici dell’intuitive eating, insomma, sono molti e, per quanto alcuni dei suoi principi sembrino banali, sono tutti molto importanti. Tra l’altro, secondo uno studio australiano, questa filosofia alimentare aiuterebbe a tenere a bada i livelli di colesterolo nel sangue, a controllare la pressione e a limitare il rischio di infiammazioni; inoltre, migliorerebbe anche l’autostima, prevenendo innanzitutto depressione e disturbi alimentari.

Prima di buttarci a capofitto nell’ennesima dieta trovata online per ottenere il summer body perfetto in due settimane, possiamo fermarci e chiederci se è quello che vogliamo veramente. Sappiamo tutti che questi piani alimentari sono delle truffe e non funzionano; in più, anche se la nostra pancia improvvisamente appiattisse in poche settimane (cosa che, effettivamente, può anche succedere se si è malnutriti), è davvero questo quello che scegliamo per noi? Ognuno di noi merita molto più che morire di fame, piangere in bagno per i sensi di colpa, non godersi le cene in famiglia, rimanere avvolto nell’asciugamano in spiaggia per la vergogna, non fare colazione prima di andare al mare o, peggio ancora, bere solo acqua e limone come se desse chissà quali risultati magici, rischiare di svenire, essere sempre stanco, non riuscire a concentrarsi, avere il mal di pancia e tutto il resto che ne consegue. Vogliamo questo oppure essere spensierati ed innamorati di noi e della nostra vita? E perché non iniziare proprio adesso?

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