America is back: l’Amministrazione Reagan e il programma di difesa

Una nuova fase della Guerra fredda si aprì all’inizio degli Anni Ottanta. L’insediamento di Reagan come Presidente degli Stati Uniti – che coincideva con l’apertura del decennio, 20 gennaio 1981 – fu visto come una risposta al precedente periodo di crisi, dal sofferto ripiegamento dal Vietnam, i dissidi con gli alleati europei, la stagnazione economica e l’inflazione, fino alla crisi degli ostaggi in Iran. Il nuovo Presidente aveva criticato sia la linea di Nixon di dialogo sugli armamenti con i Sovietici, sia il progressismo di Carter. Anticomunista militante, Reagan era nettamente più ideologico, rilanciando il ruolo missionario, crociato degli Stati Uniti, forti dei loro valori occidentali, con lo scopo di combattere il comunismo in tutto il mondo e, se possibile, convertire gradualmente la stessa sfera sovietica ai valori occidentali. La sua definizione più celebre dell’URSS fu quella di Impero del Male, del 9 marzo 1983. La sfida più determinante che Reagan lanciò all’URSS fu il rafforzamento militare: rigettando le regole sul controllo degli armamenti e consapevole che Mosca non sarebbe riuscita a mantenere il passo con il riarmo, l’Amministrazione varò un vastissimo programma militare, sviluppando i bombardieri strategici B-1 stealth (invisibili ai radar) e di missili nucleari sempre più precisi e sofisticati (a testata multipla o lanciati da sottomarini). Due iniziative caratterizzarono maggiormente il programma di riarmo reaganiano e misero in luce la debolezza sovietica: il dispiegamento di missili nucleari a raggio intermedio in Europa (euromissili) nei Paesi NATO e l’Iniziativa di Difesa Strategica (SDI). La prima decisione fu causata dal dispiegamento da parte dei Sovietici di missili a medio raggio (gli SS-20) nei Paesi del Patto di Varsavia, da dove avrebbero potuto colpire facilmente tutti i Paesi dell’Europa occidentale. Facendo propria una decisione della NATO del 1979, Reagan decise il dispiegamento in Europa occidentale di missili simili a quelli piazzati da Mosca. Ciò non costituiva solo una risposta diretta e proporzionata, ma, sul piano della deterrenza, significava ribadire che la sicurezza americana e quella europea erano collegate e che se i Sovietici avessero utilizzato le loro forze per neutralizzare i missili in Europa, avrebbero potuto rispondere con il loro arsenale nucleare in patria. Sugli euromissili, Reagan alternò riarmo e negoziato. All’inizio del 1983, propose uno scambio sugli euromissili al ministro degli Esteri sovietico Gromyko: gli USA avrebbero ritirato gli euromissili in cambio del ritiro degli SS-20. Vedendo un tentennamento da parte di Mosca, il 23 marzo Reagan tornò sul riarmo, proponendo la Strategic Defense Initiative: la costruzione di uno scudo spaziale contro i missili sovietici. Se fosse stato realizzato, lo scudo avrebbe alterato la Guerra fredda, dando un vantaggio enorme agli Stati Uniti, che avrebbero potuto decidere di impiegare liberamente le loro armi nucleari, senza temere la ritorsione sovietica. La SDI non divenne realtà, ma ebbe fondamentale importanza proprio nel persuadere i Sovietici, ormai economicamente impossibilitati a competere, a dialogare. Interprete di questa nuova necessità di dialogo, il nuovo Segretario del PCUS Michail Gorbaciov poté avviare con Reagan dialoghi sul disarmo che portarono al Trattato INF (1987) che rimuoveva gli euromissili di entrambe le parti. Una fase di dialogo poté aprirsi tra le due superpotenze, ponendo fine alla Guerra fredda.

Aldo Carano

IAI - Istituto Affari Internazionali junior fellow Studente presso il Master in European and International Studies. Laureato in Studi Internazionali, appassionato di politica estera, diplomazia e relazioni transatlantiche

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