Verso l’intersezionalità: le riflessioni di bell hooks tra 1981 e 1984

«Al di là di quei binari c’era un mondo in cui potevamo lavorare come domestiche, custodi, prostitute, fintanto che eravamo in grado di servire. Ci era concesso di accedere a quel mondo, ma non di viverci. Ogni sera dovevamo fare ritorno al margine, attraversare la ferrovia per raggiungere baracche e case abbandonate al limite estremo della città».

Con queste parole bell hooks (pseudonimo di Gloria Jean Watkins) introduce Feminist Theory: From Margin to Center, pubblicato nel 1984. L’opera, destinata ad inserirsi tra le riflessioni che apriranno al femminismo la strada dell’intersezionalità, è pubblicata alla metà di un decennio generalmente considerato come un periodo di letargo per la riflessione femminista. Dopo la fervente esperienza della seconda ondata (dal 1968 alla fine degli anni Settanta), gli anni Ottanta si caratterizzano per una riflessione più lontana dalla mobilitazione di piazza. Tuttavia, come bell hooks dimostra pubblicando prima Ain’t I A Woman? Black Women and Feminism (1981) e poi il saggio di cui sopra, la riflessione è tutt’altro che ferma. hooks si sofferma su un’analisi dell’esperienza femminista appena conclusa e ne individua una grave pecca: nella maggior parte delle teorie sviluppatesi in questo frangente, le varie forme di oppressione venivano attribuite in ultima analisi al patriarcato, trascurando tutta una serie di forme di dominazione, più marginali solo in quanto non concernenti l’esperienza della donna bianca occidentale. Guardando indietro al decennio appena concluso, hooks si rende conto che le donne nere sono rimaste in silenzio, e non per disinteresse o per complicità con il sistema patriarcale: secondo hooks, le donne nere non hanno potuto unirsi alla lotta per i diritti della donna, perché non considerano l’essere donna come un aspetto fondamentale della loro identità. Il razzismo ha da sempre condizionato la loro esperienza al punto da indurle a considerare la razza come loro unico elemento di identificazione. Nella sua critica alle ultime teorie femministe, hooks esorta in definitiva a concentrarsi sulla specificità di ogni tipo di dominazione, sul modo particolare in cui questa si esercita, soprattutto riconoscendo le molteplicità di fattori che costituiscono l’identità di ciascuno. Solo in questo modo ci si può rendere conto dei diversi livelli di oppressione esistenti.

Quindi integra la riflessione femminista dapprima (1981) conducendo un’analisi della condizione delle donne nere dal XVII secolo all’età contemporanea, un’esperienza caratterizzata da razzismo e sessismo che le relega al gradino più basso della scala sociale. In seguito, nel 1984, mossa dalla necessità di fornire una teoria femminista che tenga conto delle nozioni di razza e classe, oltre a quella di genere, pubblica un ulteriore saggio, che analizza la correlazione tra la condizione delle donne nere e il concetto di margine, dimensione che caratterizza le loro vite da secoli. Come approfondirà negli anni a venire, hooks considera infatti il margine simbolo fondamentale della comunità femminile nera. Si tratta di una marginalità da non intendere unicamente come spazio di privazione. Al contrario, lo definisce “un luogo di radicale possibilità, uno spazio di resistenza”.

We, black women who advocate feminist ideology, are pioneers. We are clearing a path for ourselves and our sisters. We hope that as the see us reach our goal – no longer victimized, no longer unrecognized, no longer afraid – they will take courage and follow.

Sara Nichiri

Sono una studentessa di Letterature, traduzione e critica letteraria presso l'Università di Trento. Mi piace leggere e condividere riflessioni, amo la musica e mi interesso anche di attualità, femminismo e sostenibilità.

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