Ansia da prestazione? Capiamola insieme

I tabù più tenaci nella nostra società riguardano ancora, con poca sorpresa, il sesso. Per questo motivo, in questo articolo proviamo a dedicarci ad una delle sue sfere più delicate, ovvero le aspettative sulla prestazione: cerchiamo insomma, In punta di piedi, di capire cos’è e da dove viene quest’ansia e come affrontarla quando ci troviamo (non solo metaforicamente) nudi di fronte ad essa.

Iniziamo con qualche definizione. In “Stress and sexuality”, un libro sull’argomento firmato dal professor Jerrold S. Greenberg, la discussione è introdotta da una panoramica generale sulla sessualità, che ha quattro componenti fondamentali: etica, culturale, biologica e psicologica. Non solo, quindi, ne fanno parte le risposte del fisico alla stimolazione, il livello di fertilità e i cambiamenti del corpo (componente biologica): sono compresi anche, rispettivamente, i valori e i giudizi morali, il contesto di crescita e, infine, le emozioni, i comportamenti appresi nel tempo e l’esperienza. Queste quattro sfere sono ben correlate tra loro e da ognuna possono sorgere le cause di vari problemi nell’atto sessuale.

Uno di questi disagi è proprio l’ansia da prestazione, che in questo contesto possiamo spiegare come un senso di sopraffazione che, prima o durante l’atto, ne impedisce un soddisfacente svolgimento. Negli uomini si manifesta principalmente come disfunzione erettile o eiaculazione precoce (che, vista la soggettività delle tempistiche, nel modo più vago si intende come “incapacità di controllare volontariamente l’eiaculazione”); entrambe, specialmente in giovane età, hanno principalmente cause psicologiche. Inoltre, seppure in una percentuale minore, quest’ansia può colpire anche le donne e manifestarsi come difficoltà a raggiungere l’orgasmo, secchezza vaginale o vaginismo, ovvero quando uno spasmo involontario impedisce la penetrazione.

Ma se i rapporti sessuali sono generalmente belli e positivipare anche riducano lo stress, migliorino la qualità del riposo e il sistema immunitario, tra le altre cose – come mai ci mettono ansia? Per cercare di capirlo, proseguiamo soffermandoci su due punti fondamentali.

  1. Il ruolo della pornografia

Se ci fermiamo a riflettere sulla credibilità di alcuni contenuti, con poca sorpresa vedremo che un’eccessiva esposizione alla pornografia è una delle possibli cause dell’ansia da prestazione. Per quanto non ci sia niente di sbagliato in questo tipo di intrattenimento – anzi, potrebbe anche essere d’aiuto nel trattamento delle disfunzioni, come ha evidenziato il professor Maarten Albersen – , uno dei problemi più grandi che può portare con sé è la creazione di aspettative non realistiche. Queste, come alcuni esperti hanno messo in luce, non solo ci possono convincere che certi movimenti, atteggiamenti e reazioni siano fattori imprescindibili per un “bel rapporto”, ma possono abituare il corpo ad eccitarsi adeguatamente solo con materiale estremamente esplicito e, quindi, non con esperienze realistiche. 

  1. La mentalità della società 

Visto il diffuso modo di pensare per cui il valore individuale è legato alla qualità delle singole performance, non sorprende che anche qualcosa di teoricamente solo piacevole come il sesso possa dare tanta preoccupazione. Complice senz’altro la dimensione culturale menzionata all’inizio – che comprende tanto la famiglia, la scuola e la legge quanto i costumi e i messaggi impliciti nei vari media, dai video musicali alle pubblicità, i film, etc. – siamo arrivati a vedere anche i rapporti di intimità come mere prestazioni. Che sia la forma fisica della donna o la presunta virilità imprescindibile dell’uomo, tutto sembra essere protagonista tranne il vero obiettivo principale: dare e provare benessere. Quello che a volte sfugge, insomma, è che non si tratta tanto di impegnarsi in un’attività il cui senso è solo il climax finale: piuttosto, è la creazione di un momento di intimità che le parti coinvolte, avendo riguardo delle rispettive volontà, vivono come un viaggio nel piacere e non un gioco a punti dove ogni orgasmo è fondamentale per andare avanti” ( – Dottoressa e sessuologa Silvia Gioffreda per Vanity Fair).

Detto questo, resta da capire come comportarci nel caso in cui dovessimo affrontarla. Innanzitutto ricordiamo che il sesso non può essere sempre perfetto: momenti di imbarazzo legati all’ansia non sono infatti un problema (a meno che non siano una costante, chiaramente) e non ci definiscono. Inoltre, la buona notizia è che, sia che siamo alle prime armi o abbiamo esperienza, più che “capace o meno” in questo contesto vige la soggettività: se quindi noi o il nostro partner siamo in difficoltà perché non vogliamo sbagliare, una buona via d’uscita è parlarne, far capire cosa ci piace e provare ad assecondarci a vicenda. 

Nel caso specifico in cui fossimo noi ad avere problemi, può poi essere utile chiederci come mai ci troviamo a letto con quella persona: vogliamo dimostrare qualcosa? Proviamo solo attrazione fisica o siamo innamorati? Ci sentiamo corrisposti? A volte, insomma, il problema può essere non trovarsi sulla stessa lunghezza d’onda o essere mossi dalla paura e/o da qualunque cosa non sia il desiderio. Oltre a questo, anche esperienze passate vissute come un trauma possono essere una valida ragione: in questo caso, la cosa migliore è parlarne con un terapeuta o quantomeno con qualcuno a noi vicino. Inoltre, anche l’autostima gioca un ruolo chiave: vedere il proprio corpo solo come qualcosa che deve piacere invece che come uno strumento per darne e riceverne può influenzare significativamente il rapporto.

Infine, concludiamo immaginando che sia il nostro partner a manifestare quest’ansia: come aiutarlo? Ricordiamo intanto che a non giudicare non si sbaglia mai: non ostentare fastidio e, al contrario, alleggerire la tensione e mostrarsi disposti all’ascolto possono aiutare l’altro a non preoccuparsi, tanto sul momento quanto le prossime volte. Non c’è poi motivo di pensare di essere il problema: le cause di questa difficoltà, soprattutto quando si è giovani, sono prettamente psicologiche e legate all’individuo che la manifesta. Certo, se siamo maleducati, irrispettosi o facciamo pressioni abbiamo buona parte della responsabilità, ma la nostra forma fisica tende a non avere niente a che fare con tutto ciò: se siamo in tale intimità con qualcuno, possiamo dedurre che ai suoi occhi siamo già attraenti. A questo aggiungiamo inoltre che programmare i rapporti può alimentare l’ansia e che, quindi, essere più spontanei può interrompere la catena di insuccessi; se poi il problema persiste, suggerire educatamente di parlarne con un esperto può essere l’asso nella manica che aiuta entrambe le parti.

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