E luce (non) fu! Il blackout iberico e le possibili implicazioni sulla politica energetica europea
Il 2 e il 3 giugno 2025 si è tenuto a Copenaghen l’Energy Infrastructure Forum, l’annuale appuntamento promosso dalla Commissione Europea, giunto all’undicesima edizione. L’evento ha riunito stakeholders, rappresentanti degli Stati membri e fornitori per discutere dello stato attuale della politica energetica europea. Tra le questioni affrontate, particolare attenzione è stata dedicata al blackout che il 28 aprile ha colpito la penisola iberica e il nord della Francia, limitando per diverse ore l’erogazione dei servizi nei territori interessati.
Il blackout iberico del 28 aprile 2025: che cosa è accaduto
Alle ore 12:33 di lunedì 28 aprile 2025 viene registrata una prima forte instabilità della rete elettrica spagnola. Come riportato da Red Electrica de España ( REE), pochi secondi dopo una iniziale fase di apparente ripresa viene ufficialmente interrotta la connessione al confine tra Spagna e Francia, generando il conseguente isolamento energetico della penisola iberica. La ripresa è stata graduale: stimata la risoluzione del blackout in sei-dieci ore, REE ha iniziato a ripristinare le prime connessioni. Grazie alla tecnologia del black-start, ossia l’attivazione delle centrali idroelettriche in assenza di energia proveniente dall’esterno, e al successivo apporto energetico giunto dalle reti internazionali come quelle di Marocco e Germania, già in serata la ripresa appariva evidente. Il mattino successivo il ripristino era completato al 99%, dichiarando terminata l’emergenza.
Conseguenze del blackout: gli effetti sulla penisola iberica
Le conseguenze sono state percepite principalmente nella Spagna continentale, poiché le isole, Ceuta, Melilla e Gibilterra non dipendono dalla stessa rete elettrica. I settori colpiti includono trasporti e infrastrutture, con la chiusura di aeroporti e interruzioni del traffico cittadino, nonché telecomunicazioni e istituzioni. La sanità ha proseguito le attività grazie ai gruppi elettrogeni di riserva, ma non senza difficoltà: è stato registrato almeno un decesso di un paziente ad alto rischio, dipendente da macchinari elettrici, che non è stato soccorso in tempo. Effetti latenti sono stati osservati anche in Portogallo, Marocco, Andorra e Francia. Le ultime tre hanno subito solo ripercussioni secondarie, mentre il Portogallo, escluse le isole, è stato colpito in modo simile alla Spagna, con una risoluzione del blackout più rapida.
Alle origini del blackout: il possibile ruolo del sistema energetico spagnolo
Poche ore dopo il superamento dell’impasse, il primo ministro spagnolo Pedro Sánchez ha fatto sapere che sarebbe stata istituita una commissione di inchiesta sull’accaduto. Nelle prime fasi, quando la minaccia era ancora ignota, era emersa l’ipotesi che si trattasse di un cyber-attacco terroristico, accompagnata da altre che menzionavano un complotto israeliano o la presenza di un raro fenomeno atmosferico, tutte prive di fondamento.
Più realisticamente, oltre alla concreta possibilità di un errore umano, è necessario considerare il ruolo del sistema energetico spagnolo. La Spagna è un modello in Europa per l’uso di energie rinnovabili: nel 2024, il 56,8% dell’energia elettrica spagnola proveniva da fonti rinnovabili. Il giorno del blackout, secondo REE circa l’ 80% dell’energia era prodotta da queste ultime: 54,86% solare fotovoltaico, 10,87% eolico, 9,86% idroelettrico e 10,52% nucleare.
Questi numeri comunicano in modo ottimale l’essenza del sistema spagnolo, un complesso che si affida in modo importante al rinnovabile. Un modello per l’esterno, come detto, ma, in questo caso anche un possibile esempio da non seguire.
Le analisi del gruppo di consulenza energetica Wood Mackenzie evidenziano tre principali problematiche del “modello spagnolo”. In primo luogo, un’elevata penetrazione del rinnovabile, che rende la generazione di energia imprevedibile e non programmabile. In secondo luogo, un calo della domanda e il boom delle rinnovabili che hanno reso antieconomico accendere centrali tradizionali: diverse centrali nucleari sono rimaste spente per via dei prezzi troppo bassi. Infine, una scarsa interconnessione tra la penisola iberica e la Francia, al di sotto degli standard UE, che ha reso difficile il rifornimento rapido durante il blackout, quando la domanda era decisamente superiore all’offerta. Questa prospettiva alternativa indica che le cause del blackout sono endemiche di un sistema impreparato e vulnerabile a guasti che possono degenerare rapidamente.
Il black-out iberico come spunto di riflessione per un piano di azione condiviso
Il motivo principale per cui a Copenaghen si è parlato del caso iberico è essenzialmente per la sua natura paradigmatica. Esso è emblematico per il futuro della politica energetica della UE. Wood Mackenzie lo presenta come una cesura vera e propria, un punto di svolta che conduce gli attori in gioco verso la necessità di un nuovo equilibrio strategico. In primis, se da un lato la transizione verde dichiarata necessaria con il Green Deal resta prioritaria, dall’altro emerge l’urgenza di garantire la sicurezza e la stabilità della rete elettrica. Altra questione riaperta dal caso spagnolo è quella del nucleare, dal quale lo Stato iberico si stava gradualmente allontanando per beneficiare un approccio rinnovabile. L’eccessivo accento posto su quest’ultimo e le sue apparenti complicazioni potrebbero rallentare questa transizione, riaprendo un dibattito mai chiuso a livello comunitario. Terza e ultima tematica riguarda l’importanza strategica dell’interconnessione, intesa come il collegamento tra reti energetiche che consente lo scambio di energia elettrica e gas tra aree geografiche diverse. Alcuni Stati europei come l’Italia hanno investito fortemente in questo ambito, andando ben oltre la soglia minima europea del 10%. Soglia che la Spagna è intenzionata a raggiungere entro il 2030 in seguito all’investimento di circa 8 miliardi di euro nell’ottica di un piano strategico pluriennale.
a cura di Lorenzo Pagani