Così Mister Geox ha fatto valere la sua idea innovativa sul mercato

Secondo i più recenti studi, c’è un fenomeno importante che si sta realizzando nei mercati attuali: la progressiva riduzione del “time to market” (ovvero del tempo che intercorre dall’ideazione di un prodotto alla sua effettiva commercializzazione). È una tendenza su cui riflettere, perché comporta l’obsolescenza di un’idea, spesso prima ancora che riesca ad essere sviluppata. Ne abbiamo parlato con Mario Moretti Polegato, fondatore dell’impresa calzaturiera Geox. Si tratta di una delle più importanti imprese italiane con un fatturato annuo di circa 874,2 milioni di euro e una forte presenza all’estero (più di 110 paesi).


Lei sostiene che gli italiani siano dotati di molta creatività, ma che non riescano a “sfondare” per motivi culturali. Fra questi motivi rientra anche il modo in cui è strutturato il nostro sistema d’istruzione?

Il primo fattore culturale da superare in Italia è l’insufficienza di dialogo tra il mondo accademico e quello dell’impresa ed è una divisione che penalizza le idee: trascorre troppo tempo prima che uno studente possa avviare il processo di realizzazione di un progetto e ciò non permette di presentare al mercato un’idea innovativa prima che diventi obsoleta. All’estero molte aziende non aspettano che un futuro ingegnere sia laureato, ma lo assumono già al quarto anno, quando le nozioni apprese sono ancora attuali. Nei paesi anglosassoni per esempio, l’interazione tra università, centri di ricerca e imprese è molto maggiore e garantisce una formazione più pratica in grado di accogliere le idee degli studenti, mentre in Italia siamo fermi a un modello ancora troppo incentrato sulla teoria.


L’università di Trento sostiene molti progetti che portano gli studenti italiani a conoscere le realtà di altri paesi. Avviene anche il contrario? Le università italiane sono abbastanza internazionali da attrarre studenti esteri?

Sul fronte dell’attrattività c’è una grande carenza delle università italiane che, in realtà, riguarda il sistema nazionale nel suo complesso: non siamo in grado di rendere accogliente il nostro paese. Gli studenti stranieri devono essere stimolati nella scelta dell’Italia come destinazione universitaria, ma ciò avviene solamente se vengono predisposte infrastrutture adeguate, si propongono vari programmi tra cui scegliere e si soddisfano le esigenze linguistiche (sembra strano ma la conoscenza dell’inglese è ancora un problema per molti italiani). Da qualche anno sono presidente dell’International Advisory Board della Universidad CEU Cardenal Herrera di Valencia. Da due anni abbiamo sviluppato una strategia per accogliere studenti stranieri che sta funzionando molto bene e non c’è motivo per cui un progetto simile non possa funzionare anche in Italia. Ben vengano fenomeni di espatrio di teste italiane, il 70% del fatturato di Geox viene prodotto all’estero, però deve esserci anche una spinta al contrario, per cui le università italiane si fanno promotrici di programmi più accattivanti.


Lei ha avuto un’idea innovativa, ma inizialmente ha riscontrato delle difficoltà nell’ottenere credibilità da parte di altre imprese del settore, scettiche riguardo al suo brevetto. Le idee sono sempre valutate in base al loro potenziale oppure ci sono vincoli formali che condizionano la loro possibilità di essere prese seriamente in considerazione?

I vincoli non sono quasi mai formali, nel senso che quelli insuperabili si riscontrano dopo aver brevettato la propria idea. Sono le perplessità del mondo rispetto al nuovo prodotto a rallentarne la diffusione. Proporre delle scarpe con le suole bucate, che necessitano di una tecnologia accurata che permetta la traspirazione senza che entri l’acqua quando piove, richiede alle imprese a cui si propone il brevetto di uscire dalla propria comfort-zone per investire in un progetto che porta con sé una buona dose di rischio. Io non volevo fare scarpe; mi sono accorto di un problema e l’ho risolto con un’idea che pensavo di vendere ai grandi produttori già presenti sul mercato. Purtroppo nessuno ha creduto nel mio brevetto per cui invece di venderlo ho deciso di svilupparlo personalmente. Oggi, dopo 20 anni, Geox è il terzo produttore al mondo di scarpe urbane e investe il 2% del fatturato annuo in ricerca e sviluppo, per garantire una tecnologia all’avanguardia e rinnovare costantemente i propri brevetti. Perciò, anche in un settore di mercato saturo come quello calzaturiero, se hai un’idea e se sei capace di promuoverla (perché la creatività da sola non basta) puoi farla valere sul mercato.

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