Le sfide delle future città digitali

TRENTO. La capacità di costruire spazi interattivi, piattaforme di intrattenimento educativo e modelli di progettazione sociale sono tratti distintivi delle future città digitali e smart, oggetto della conferenza tenutasi ieri sera, lunedì 12 settembre 2016, all’evento “Speck&Tech 4 Digital Cities” all’Impact Hub di Trento. Il tema è stato trattato da due esperti del settore, Derrick de Kerckhove, direttore tra il 1983 e il 2008 del McLuhan Program in Culture & Technology all’Università di Toronto, attualmente direttore scientifico del progetto Media Duemila di Roma, le cui principali aree di interesse sono technopsychology, psychotechnology, neuro-cultural research, art and communication technologies, media thoery, collaborative educative software e connected intelligence; e Roberto Minerva, Chairman del progetto IEEE IoT Initiative, che si occupa principalmente di ricerca nel campo del 5G, Big Data, architecture for IoT e tecnologie ICT per nuovi modelli di business.

Quale futuro attende la configurazione delle future città globali? Quali forme stanno assumendo i rapporti tra progettazione architettonica e sviluppo tecnologico? Come interagiranno e come evolveranno le esistenti forme sociali in ambienti digitalizzati? Questi alcuni degli interrogativi messi in campo dai due relatori, sviluppati secondo due esperienze diverse ma convergenti in alcuni punti.

La prospettiva di de Kerckhove utilizza alcuni elementi sociologici (in quanto sociologo lui stesso) di teoria della devianza: dispositivi di controllo sociale, regimi di potere coercitivo, disponibilità funzionalista ad accettare forme di repressione culturale (secondo la relazione collettività > individuo, e quindi la propensione ad accettare forme di sottomissione per il bene della comunità, come il controllo e la sorveglianza dei propri dati, fisici e digitali); ma anche teorie culturali di destrutturazione del sé e riconfigurazioni dell’identità sociale (l’individuo non si costruisce più come contenitore di informazioni, oggi questa funzione viene eseguita dagli smartphone e dai computer, ma vive un adattamento costante a flussi di informazioni più veloci di lui).

L’assunto di base è che la tendenza ad utilizzare la tecnologia come mezzo di controllo sociale ad usufrutto del cittadino sia sempre più diffusa. Ciò significa anzitutto riflettere profondamente sulle implicazioni delle implementazione delle strutture metropolitane tramite apparati tecnologici (quindi privacy e trattamento delle informazioni), e, di conseguenza, sulle modalità e sugli scopi dell’utilizzo di una quantità massiva di dati.

Come gestire le informazioni prodotte in questo modo affinché siano utili ai bisogni della collettività? Viene portata come esempio la città di Singapore, metropoli che nel giro di trent’anni, dal 1975 al 2004, ha radicalmente cambiato la sua morfologia, anche a livello sociale: norme sociali bizzarre (ad esempio il divieto di girare nudi in casa propria) e un ferreo controllo mediatico (sistema di controllo TVCC diffuso in ogni angolo della città, utilizzo univocale dei mezzi di comunicazione e pene immediate per gli oppositori) portano a bassissimi tassi di criminalità e al passaggio da decrepito villaggio a metropoli globale.

Questo, secondo il professore, costituirebbe un paradigma per le future città digitali, la cui forma di governo definisce come “datacracy”, per sottolineare il crescente peso che la produzione e collezione di dati sta acquistando nelle scelte di policy. Singapore tuttavia è una dittatura culturale e politica, come rilevato dallo stesso relatore, e questo pone non pochi problemi per una sua imitazione nelle democrazie occidentali (cogente sarebbe infatti il problema che pone ogni democrazia “chi decide?”). Come gestire questi aspetti? Quali side-effects a queste configurazioni?

Il problema è stato poi affrontato da Minerva, il quale ha dato un taglio antropologico alla discussione: cosa è città e cosa città smart? Come misurare la densità del rapporto tra due città e come cambia la morfologia urbana in seguito a scelte di flussi? Il filo che lega tutte queste domande è simile a quello che legava le domande precedenti: come studiare l’impatto che il flusso di informazioni ha sulle configurazioni con le quali l’uomo decide di plasmare l’ambiente in cui vive? Quali bisogni, inoltre, emergono e quali scelte politiche adottare per portare avanti un progetto simile?

Queste domande rimangono aperte per la loro intrinseca adattabilità, ma al tempo stesso risolvono alcuni problemi su cosa, come e dove cercare la spiegazione per alcuni mutamenti sociali e urbani contemporanei.

I ragazzi di Speck&Tech hanno colto con intelligenza l’opportunità offerta dal clima della “Smart City Week” per approfondire nella sua componente sociologica e urbanistica alcuni aspetti della nostra vita metropolitana. Abitanti delle più grandi metropoli e dei più piccoli villaggi si trovano oggi immersi in un flusso sempre maggiore di connessioni e informazioni: la sfida delle future città sarà quella di ripensarsi per ottimizzare le opportunità che tutto questo offre.

Luca Carbone

Caporedattore della sezione Ricerca e Divulgazione scientifica. Studia Sociologia a Trento e si interessa anche di Scienza e Filosofia. Gioca a pallacanestro e ha una gatta che lo odia, ma vive bene lo stesso.

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