Renzi e Zagrebelsky. Ovvero, quando dottrina e Legislatore si incontrano in prima serata
TRENTO. Venerdì sera è andato in onda su La 7 il confronto fra Matteo Renzi, nostro Presidente del Consiglio e alfiere della Riforma Costituzionale targata Boschi sulla quale siamo chiamati a referendum il 4 dicembre, e Gustavo Zagrebelsky, professore di diritto Costituzionale e presidente emerito della Corte Costituzionale, fra i più ferventi sostenitori del NO al referendum.
Quasi 3 ore di confronto, se alla fine di questo si può parlare, condotte da un Enrico Mentana sotto le aspettative. Se per i primi 45 minuti la discussione ha seguito una sua linea chiara per i partecipi e per i telespettatori, successivamente è diventata un’accozzaglia di divagazioni e attacchi più o meno personali che difficilmente possono avere chiarito le idee al telespettatore. Situazione recuperata sul finale da un Mentana moderatore che avrebbe dovuto intervenire maggiormente nella discussione per rimettere i contendenti sui binari.
Ciò di cui Mentana non si è reso conto è che non si è trovato di fronte a una semplice discussione fra due uomini con opinioni opposte. Quello che è andato in onda ieri sera è stata la personificazione dello scontro pluridecennale fra la dottrina giuridica e il mondo politico, fra il “diritto dei professori” e il “Legislatore democratico”. Un’eterna schermaglia dove i componenti alla prima categoria scrivono libri su libri dove si espongono i problemi dell’ordinamento del nostro paese indicando le possibili soluzioni, e i politici, appartenenti alla seconda categoria, che guardano al solo dato elettorale, a cosa può piacere di più al popolo e come carpirne il consenso. Politicanti che guardano alla prossima elezione invece che statisti che guardano alla prossima generazione da una parte, studiosi accademici chiusi nelle gabbie d’oro delle università a guardare con il loro critico sguardo tecnico i lavori di un legislatore sordo.
Venerdì sera questo incontro/scontro si è personificato. Da un lato un uomo slogan, che parlava ai telespettatori più che all’interlocutore, dribblando più o meno efficacemente le questioni di merito poste dal professore e che si è gettato nella retorica del “vecchio contro nuovo”, “gufi contro chi crede nell’Italia”, “palude contro nuovo risorgimento” ecc. Dall’altro un professore che spiega con occhio tecnico le incongruenze (evidenti!) di questa riforma. Un professore che parla al proprio interlocutore dimenticando i telespettatori. Siamo sicuri, per citare un caso, che le “casalinghe”, gli operai e chi in genere non mastica di diritto o non ha una preparazione scolastica completa alle spalle, abbiano alla fine davvero capito la differenza fra maggioranza assoluta e semplice? Fra maggioranza dei componenti e dei presenti? Ciò che è chiaro agli addetti ai lavori può invece essere apparso assolutamente oscuro, soprattutto alla luce di un Premier che si è immediatamente scatenato in proclami e semplificazioni nel miglior politichese. Due mondi agli antipodi, che non si parlano e non si riescono a parlare e che infatti quando se ne rendono conto cadono in divagazioni e attacchi personali.
Vincitore oggettivo è stato sicuramente il professor Zagrebelsky. Il professore ha messo in luce le problematiche strutturali di una riforma oggettivamente brutta non ricevendo nessuna risposta tecnica e mettendo in difficoltà l’interlocutore che ha dovuto ricorrere alla retorica del comizio. Ma è stata una vittoria di Pirro. La discussione è stata tutta la sera su piani e binari assolutamente differenti e ciò che può essere chiaro a chi conosce un minimo di diritto, non può esserlo stato per chi invece non è avvezzo al mondo delle norme.
Il fronte del Si non ha avuto un valido esponente tecnicamente preparato per esporre le ragioni per le quali la riforma, anche se piena di difetti, andrebbe approvata. Il fronte del No si è scontrato con l’uomo della propaganda. Colui che può raccogliere attorno a sé gli elettori per i quali le parole del professore sono sembrate tecniche e distanti dalla realtà. Perché in fondo, cosa importa della differenza fra i vari tipi di maggioranza se poi “si esce dalla palude” e “nessuna opposizione si sogna di abbandonare l’aula” (tra l’altro affermazione storicamente falsa, se si ricorda la secessione dell’Aventino”)?
Forse dovremmo, alla luce di questa impossibilità di dialogo, mettere gli interlocutori della prima serata su piani uguali. Politico vs Politico, Professore vs Professore. Altrimenti, non capendo la lingua dell’altro si finirà col parlarsi addosso, con l’andare sul personale, a perdere la traccia del discorso. E le uniche vittime sono, in conclusione, gli spettatori ovvero i cittadini elettori.