Sentieri Sinfonici: il violoncello guida il palco per la seconda serata dell’orchestra Haydn di Trento e Bolzano

STAGIONE SINFONICA
18.10.2017
Trento, AUDITORIUM, via S. Croce, 67
ore 20.30

“La musica è l’armonia dell’anima” A. Baricco

Verläkte Nacht, op. 4
Arnold Schönberg compone questo poema sinfonico nel 1899 ispirandosi alla poesia di Richard Dehmel “Weib un Welb”, narrante la storia di una donna che confessa al suo amante di tenere in grembo un figlio non suo, e di come lui sorprendentemente le dia conforto. Da questi versi Schönberg plasma una musica meravigliosa, frutto di diverse influenze: Strauss, fondamenta del poema sinfonico, ma anche di Wagner, Brahms e Mahler.  Notte trasfigurata è la prima opera di grande pregio del compositore austriaco, eppure quella stessa Vienna in cui era musicalmente cresciuto non la accolse calorosamente, sia per la vicenda poetica, sia per la presenza di accordi non ammessi dalle regole accademiche. In questo, ed anche nell’interesse per il contrappunto, la composizione rileva i germogli della ricerca musicale che Schönberg compì poi sulle dissonanze e che sbocceranno infine nella tecnica dodecafonica, a cui egli è oggi associato e troppo spesso frettolosamente bollato come il demolitore dell’universo musicale tardoromantico. Questo movimento invece evoca in buona parte quello stesso universo di suoni, immedesimando profondamente l’ascoltatore nelle atmosfere della poesia: dalla cupa disperazione della donna espressa con accordi minori, alla comprensione dell’amante in tonalità maggiori, la musica giunge infine ad un senso totale di riappacificazione.
Variazioni su un tema Rococò in la maggiore, per violoncello e orchestra, op. 33
Parlare di Tchaikovsky è difficile, è uno di quegli autori che spesso costringe al solo ascolto, in silenzio. Se per di più bisogna trattare dell’opera, datata 1876, che lui stesso definì come la meglio riuscita nella sua fervida carriera compositiva, allora forse il silenzio oltre che dovuto è doveroso. Ogni studente di violoncello nel mondo ha sicuramente letto lo spartito di questo capolavoro, come ogni bambino sogna, guardando la televisione, di andare sulla Luna. Per fortuna qualcuno ogni tanto sulla Luna ci arriva, e permette a noi comuni mortali di godere di questa colonna portante della musica classica dal vivo. Un tema, di cui l’anima della Russia Romantica ne fa sette variazioni: esattamente come i migliori chef del mondo con gli stessi tre ingredienti preparano sette piatti diversi. Questo è il potere del genio, oltre all’esercizio di stile, scolpire su carta un’opera immortale, memorabile, complessa nella sua assoluta limpidezza. Sette variazioni, originariamente otto, che sconvolgono il tema, lo manipolano in un sentiero fatto di discese e salite, corse e camminate. Ogni nuovo capitolo è originale, ha familiarità col precedente e prepara la strada al successivo, senza mai essere scontato o ripetitivo. Per capire la difficoltà basterebbe provare a raccontare per otto volte lo stesso episodio, riuscendo ad essere incalzanti, audaci e temerari ad ogni nuova ripetizione: una prova riservata ai migliori oratori! Non ci resta che ascoltare. Bravo!
Sinfonietta il la maggiore per piccola orchestra, op. 5/48
Sergej Prokofiev compone questa sinfonietta ancora in giovanissima età. La prima stesura infatti risale ai primi anni di frequenza del Conservatorio di Mosca, aveva solo 18 anni, era il 1909. La critica la definisce un chiaro omaggio alla tradizione compositiva russa, e le citazioni più o meno oscure sono centinaia, tutte dai nomi quasi impronunciabili. Concentrandosi quindi solamente sul risultato percepibile all’ascolto si comprende come la definizione che venne data successivamente alle sue opere, “musica della realtà”, sia in effetti abbastanza calzante. È un’opera lineare, pulita, che non sforza l’orecchio a sfrenate peripezie virtuosistiche. Ogni strumento infatti propone una melodia che si poggia senza sforzo sulle altre, è un ordinato sovrapporsi di frasi musicali. L’effetto è limpido, sembra di ascoltare una piccola platea che ordinatamente dibatte su qualche tema mondano, non ci sono esagerazioni, contrasti, bensì un composto movimento uniforme. Prokofiev sfrutta tutto il potenziale dei fiati, nuovi padroni del palco, che portano questa sinfonietta a tracciare un sentiero abbastanza peculiare: il tema iniziale, proposto dal clarinetto, viene infatti ripreso nell’ultimo movimento dai violini, quasi a disegnare una circolarità, un ritorno all’origine. Ma è davvero così? Qualcosa infatti è cambiato, mutato in questo cammino russo: potrebbe trattarsi di un’evoluzione? Le interpretazioni potrebbero essere infinite, ma un dato è oggettivo: questo compositore, a soli 18 anni, ci sta ancora parlando, è la sua voce che sentiamo, non ancora segnata dalle disavventure che lo aspetteranno poi in vita. La sua fresca voce da adolescente russo sicuramente spazzerà via chi ancora crede che la musica classica sia morta, fatta per orecchie in cassa integrazione.
Si conclude così la seconda serata della Stagione Sinfonica, una notte al Nord, che nel suo assoluto incanto può essere letale: il freddo può penetrare nelle ossa, il gelo scuotere il corpo in tremiti incontrollabili, ma la musica non conosce mezze misure. Deve sconvolgere, farci sentire scomodi nelle calde poltrone del teatro, deve destarci dal sonno. Questi tre testamenti lasciati da questi tre geni non sono altro che la loro anima divenuta immortale, un incredibile omaggio a ciò che l’uomo riesce a creare una volta liberatosi dalla stretta maglia del presente, che unisce passato e futuro in un furioso gioco di armonie.

Gabriele Barichello
Giacomo Floreano

Immagine di copertina: Andrea Voigtländer,  andreavoig.tumblr.com

Redazione

La redazione de l'Universitario è composta perlopiù da studenti dell'Università di Trento

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