Qualcuno volò sul nido del Grande Colibrì

Accanto alle grandi associazioni come Arcigay o Arcilesbica, esistono piccole realtà che lottano ogni giorno per portare avanti il tema dell’intersezionalità e dell’emarginazione all’interno della società italiana. Con l’intento di unire la difficoltà di essere uno straniero a quella di avere un orientamento sessuale o un’identità di genere che in molti Paesi sono ancora punibili con la morte, il Grande Colibrì si pone come un’associazione fatta da persone per le persone, indipendentemente da religione, identità sessuale, identità di genere o colore della pelle. Sono molte le attività svolte dai volontari: conferenze, gestione del blog “Il Grande Colibrì”, momenti di socializzazione e supporto legale agli immigrati che intraprendono l’iter per ottenere lo status di rifugiato. Tra le figure principali ci sono Pier Cesare Notaro e Lyas Laamari, presidente e vicepresidente dell’associazione Il Nido del Colibrì.

Qual è stato il percorso che ha portato alla creazione dell’associazione per come la conosciamo oggi?

Pier Cesare Notaro: il progetto è nato come un semplice blog nel 2011, con l’esigenza di creare una fonte di informazione affidabile che potesse unire la tematica LGBT a quella dell’interculturalità in maniera puntuale e senza pregiudizi. Nel periodo in cui ho creato il blog questi temi venivano sempre trattati separatamente, all’interno dei giornali e dei media italiani mancava la consapevolezza che le persone potessero essere, per esempio, migranti e omosessuali allo stesso tempo; è stata proprio l’esigenza di un medium che si occupasse di intersezionalità che mi ha spinto a creare questo progetto.

Lyas Laamari: Io invece ho deciso di unirmi a Pier quando il blog stava per chiudere nel 2016. Sono arrivato per la prima volta in Italia dall’Algeria nel 2008, tramite una borsa di studio. Non avendo grandi possibilità economiche sono stato costretto a lasciare gli studi e ho cominciato a lavorare in nero dopo aver perso il permesso di soggiorno per aver abbandonato l’università. Nel 2012 vengo a conoscenza della possibilità di intraprendere l’iter per ottenere lo status di rifugiato in caso di persecuzione per l’orientamento sessuale e dopo quattro anni riesco finalmente ad incontrare mia madre in Italia. Parlando con lei capisco che, se fossi tornato in Algeria, avrei rischiato di essere arrestato e decido quindi di intraprendere l’iter processuale che mi porta ad ottenere il permesso di soggiorno nel 2013. Nella mia esperienza come ragazzo immigrato ho sempre trovato difficile socializzare ed integrarmi nella comunità italiana, per questo quando ho letto il blog di Pier ho deciso di unirmi a lui per aiutarlo. Nel 2016 abbiamo quindi trasformato il giornale online in una vera e propria associazione che ad oggi si occupa di moltissime attività e cerca di garantire un rapporto peer to peer con i migranti LGBTQIA+. Inizialmente avevamo un’unica sede a Lecco, ma grazie alle persone che hanno deciso di sostenerci siamo riusciti ad aprire diversi centri in altre città italiane.

Quali sono secondo voi gli strumenti principali per affrontare la disinformazione e intavolare un dialogo sull’Islam e la questione migranti?

Pier Cesare Notaro: il nostro scopo principale è proprio quello di fornire un’informazione corretta e puntuale su quello che succede nel mondo, per noi è estremamente importante capire e analizzare la complessità delle situazioni e parlare delle realtà meno conosciute. Non vogliamo semplicemente pubblicare storie strappalacrime o fare la morale ai nostri lettori. Alla base del blog c’è la necessità di far sentire la voce di coloro che vengono discriminati, grazie al lavoro di giornalismo compiuto dai nostri volontari, che per primi hanno vissuto le problematiche derivanti dall’appartenenza a differenti minoranze. Vogliamo combattere l’idea che i migranti o le persone della comunità LGBTQIA+ siano solo vittime passive, attraverso un format innovativo in cui possano diventare attori politicamente e civilmente attivi. Per quanto riguarda il dialogo sull’Islam: è importante che i mass media italiani inizino a trattare adeguatamente questo tema. Nei giornali e in televisione si preferisce raccontare gli eventi in maniera superficiale utilizzando spesso numerosi preconcetti e pregiudizi, la tendenza dei canali d’informazione è quella di generalizzare facendo “di tutta l’erba un fascio”.

Lyas Laamari: Secondo me il problema non riguarda solo i mezzi d’informazione ma parte in primo luogo dalle persone immigrate. Nella comunità musulmana, ad esempio, non è mai stato aperto un dialogo sulla differenza tra religione e fede o sulla presenza di individui omosessuali e transessuali tra coloro che ogni giorno frequentano i luoghi di culto in Italia. I leader musulmani sono fortemente individualisti e per primi tendono a ghettizzarsi e arroccarsi sulle loro posizioni. Nell’ambito politico servirebbe la partecipazione attiva dei capi religiosi contro provvedimenti (come il decreto Pillon o l’esclusione dal reddito di cittadinanza delle persone che non hanno la cittadinanza italiana) che in primo luogo danneggiano le persone omosessuali o immigrate, ma sono in pochi a protestare perché la maggior parte crede che non guadagnerebbe nulla nel farlo. Le figure religiose della comunità islamica preferiscono portare avanti una visione di Islam conservatrice e bigotta piuttosto che affrontare temi attuali per educare i fedeli. È molto facile accusare la società italiana di bigottismo, però diverse etnie ragionano ancora secondo la dicotomia “buoni contro cattivi”, alimentando le divisioni tra le diverse comunità di immigrati . L’unico modo per intavolare un dialogo è partire dai luoghi di culto cercando di informare le persone, spingendole ad esigere il diritto di far sentire la loro voce tramite l’attivismo politico e civile.

Come rispondete agli attacchi che sono stati portati avanti dal nuovo governo e in particolare dalla Lega?

Pier Cesare Notaro: Per prima cosa credo sia necessario sottolineare che la retorica portata avanti dal nuovo governo, in particolare dalla Lega e da Salvini, può essere definita a tutti gli effetti un attacco alla nostra comunità. La violenza verbale degli attori politici sostenuta dai giornali, anche se non tocca direttamente la comunità LGBTQIA+, si ripercuote comunque su moltissimi membri e frequentanti del Grande Colibrì. Il decreto Sicurezza (D.L. 113/2018) approvato dal governo Conte, ad esempio, prolunga la permanenza dei migranti nei centri di detenzione, rafforza le modalità di rimpatrio e rende più difficile ottenere lo status di rifugiato. Le dichiarazioni pubbliche in cui si rinnegano le famiglie omogenitoriali, in favore della “vera e unica famiglia tradizionale”, contribuiscono a creare un clima di tensione e rischiano di polarizzare la società italiana. Nel mese di novembre, ad esempio, il sottosegretario per le pari opportunità del Movimento Cinque Stelle Spadafora ha istituito il Tavolo LGBT insieme all’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali, riunendo 40 diverse associazioni LGBTQIA+ per discutere e finanziare i progetti proposti dalle stesse associazioni. All’interno delle trattative con il deputato, ci è stato spiegato che non si potrà ottenere nessun progresso dal punto di vista legislativo, perché la Lega ha chiaramente dichiarato che non sosterrà nessun progetto di legge a favore delle persone omosessuali o transessuali.

Lyas Laamari: La Lega, oltretutto, ha già cominciato ad attaccare la comunità LGBTQIA+. Il decreto Pillon, per esempio, non fa minimamente cenno alle famiglie omogenitoriali, ma si limita a citare la cosiddetta “famiglia tradizionale”. Un altro problema che ho riscontrato all’interno del progetto portato avanti da Spadafora è la mancanza di intersezionalità. Purtroppo i primi attacchi arrivano proprio dall’interno della comunità LGBTQIA+, perché tra i progetti proposti nessuno ha voluto ascoltare le richieste dell’associazione di creare maggiore inclusione e collaborazione tra migranti e persone LGBTQIA+. Negli ultimi 5 anni si sono verificate numerose fratture all’interno delle associazioni, e i grandi progetti come Arcigay hanno finito per ignorare le realtà più piccole e multietniche come la nostra. Anche tra le persone omosessuali e transessuali si sta verificando la tendenza a mettere in secondo piano coloro che non sono “italiano a tutti gli effetti”, e gli attacchi dei diversi partiti politici non hanno fatto altro che inasprire queste fratture, piuttosto che unire la comunità. Per questo combattiamo la nostra battaglia su due fronti: all’interno e all’esterno della comunità, per far capire che è necessario andare oltre le etichette e smettere di ingabbiare le persone all’interno di scatole concettuali.

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