Natura e digitale: per un’alleanza tra i giovani e la scuola.

Intervista a Danilo Casertano

Per la rubrica “Cara, vecchia scuola”

Trascorse le prime settimane di emergenza, scemato il dibattito sul mantenimento della didattica in presenza nonostante i parziali lockdown, già oggi sui media si sente parlare un po’ meno di scuola. Ma la nostra rubrica non si ferma e in questa quarta puntata sono lieta di presentarvi un ospite molto speciale, forse poco noto fra noi universitari, ma che sono certa vi conquisterà. 

Danilo Casertano è un maestro di strada, co-fondatore dell’Asilo del Mare e del Bosco, del progetto Scuola Costituente e dell’Associazione Manes, a cui fa capo la rete delle Scuole Naturali. Un curriculum così crea non poche aspettative, che leggendo e ascoltando l’intervista (trovate il podcast in coda all’articolo) non resteranno affatto deluse.

Partiamo ancora una volta dalla nostra domanda centrale: che cosa bisogna fare per cambiare questo sistema scolastico, e perché non ci siamo ancora riusciti?

Prima di tutto perché è un sistema e va riformato in maniera sistemica e paradigmatica. Stiamo parlando della scuola di massa, ovvero di nove milioni di studenti, di circa un milione di educatori, della terza voce di bilancio dello Stato. E la scuola di massa, anche se per noi è scontata, in realtà è un sistema giovane: già per la generazione dei miei nonni, ad esempio, completare il primo ciclo (la scuola primaria) era considerato un traguardo.

Per migliorare l’intero sistema educativo bisognerebbe innanzitutto innalzare la media, mentre di solito ci si concentra o sulle povertà educative oppure sulle eccellenze e le buone pratiche. Sulle buone pratiche si deve però riflettere in senso più ampio e capire come portarle a sistema. 

Da anni si cerca inoltre, invano, di sbloccare il sistema di reclutamento degli insegnanti, dati gli ordini di grandezza su cui va gestito, come testimonia il fatto che si parli ancora di “reclutamento” – lo stesso termine usato per l’esercito. C’è molto dibattito sul tema di una governance statale o locale di questo sistema. Secondo me il livello della scuola primaria dovrebbe essere il più possibile locale, mentre per la scuola superiore si potrebbe ragionare a distretti, in una dimensione tra il provinciale e il regionale. Ma in fondo, per quanto possiamo riflettere sulle regole, sono le persone a fare la differenza.

Serve poi una rivoluzione dei metodi e, tema a me particolarmente caro, dei luoghi dell’educazione. Di certo la dimensione che farà saltare il banco è quella digitale. Farà saltare prima di tutto l’università: oggi, in rete, puoi trovare un master di pochi mesi al costo di trecento euro. Ma trasformerà tutto il sistema educativo, che da una parte imploderà dall’interno, dall’altra subirà la pressione di forze esterne alla riflessione educativa ministeriale. Questa sta facendo grandi passi avanti, grazie all’impegno di molti, ma il sistema è così vasto da rendere impossibile una soluzione che accontenti tutti: qualunque tipo di innovazione si cerchi di portare, ci sarà sempre una corrente conservatrice a remare contro il cambiamento.

La dimensione digitale avrà senz’altro un forte sviluppo nei prossimi anni, ma credo che proprio in questo periodo ci stiamo rendendo conto di come il digitale non possa sostituire in fondo la scuola o l’università “vera”, ma semmai allargarne le frontiere fin dove prima non si poteva arrivare.

Permettimi di fare una provocazione: voi ragazzi siete così convinti che la scuola vera sia quella che abbiamo ora? Io mi aspetto dalle studentesse e dagli studenti qualcosa di nuovo, di diverso. Almeno nelle facoltà di scienze della formazione, quelle che io frequento di più, noto di rado una vera spinta innovativa: c’è interesse per il titolo di studio e per il lavoro che garantisce, ma in modo molto conservatore. Certo non tutti sono soddisfatti della formazione che viene proposta: ma allora dove sono la rabbia e la voglia di cambiare?

Quando sei in una classe di scuola primaria o dell’infanzia, se non sai cantare, ballare, non hai mai raccontato una storia o una barzelletta, se non hai capacità relazionali e manuali, rimani sostanzialmente in balia di quelle piccole “bestie di Satana”. Possibile che il corpo e le emozioni, così fondamentali per l’età dello sviluppo, nella formazione degli insegnanti siano considerati sempre quasi solo in fase teorica? Io trovo assurdo che la maggior parte degli studenti lo accetti. Ci sono ovviamente anche delle eccellenze: io ho lavorato ad esempio con la Bicocca di Milano, che ha un’ottima facoltà di scienze dell’educazione. Manca però una spinta verso il cambiamento, una gioventù universitaria attiva, propositiva e pragmatica

E proprio ciò che noi di Un’Altra Scuola cerchiamo di fare è risvegliare le coscienze, soprattutto degli studenti, sul tema della scuola. Perché il desiderio di cambiamento nei giovani c’è: basta pensare al movimento ecologista e ai Fridays For Future. Il problema è che, una volta conclusa un’esperienza scolastica spesso traumatica, negli studenti a volte resta la rabbia, ma nella maggior parte purtroppo solo il disinteresse verso qualcosa che non avrà più alcun ruolo nella loro “vita vera”, fuori dalla scuola. 

La sfida sta nel capire che fra le cose davvero importanti, per cui combattere, c’è proprio la scuola, perché senza un sistema educativo che garantisca a tutti almeno gli strumenti minimi per comprendere la realtà che ci circonda (cosa tutt’altro che banale, oggi), ogni altro tentativo di cambiamento è vano. Le potenzialità, però, secondo me ci sono.

Il digitale, poi, è di certo una risorsa importantissima, ma ci rendiamo conto sempre più che non è abbastanza. Perché l’educazione è innanzitutto relazione, l’unica cosa che può far scaturire quelle emozioni, quei sentimenti, anche di rivolta, di cui ci parlavi.

Ti rispondo a partire dai due luoghi del futuro, outdoor e online, su cui costruire il nuovo paradigma educativo. Luoghi di cui la scuola tradizionale fatica ancora ad appropriarsi; il paradosso di un sistema che, pur proponendosi di formare le generazioni del futuro, tende in realtà ad essere molto conservatore. 

La scuola “vera” secondo me comprende tutte le dimensioni. Non solo i luoghi esterni, ma anche la dimensione corporea, emotiva, cognitiva e in senso lato anche spirituale, intesa come rapporto con gli altri regni di natura e con il cosmo intero. La rivoluzione della scuola outdoor, che sia in natura o in luoghi storici, ormai è partita: noi con l’Asilo del Bosco e del Mare abbiamo dato avvio alle scuole in natura, ma di queste esperienze oggi in Italia ce ne sono ormai centinaia. Bisogna però farle crescere, aiutando gli insegnanti ad applicarle e cercando di capire, apprendere e mettere a sistema.

Le due dimensioni dell’outdoor e del digitale non vanno viste in realtà come antitetiche, anzi. Proprio questa mattina ho parlato con alcuni dirigenti del MIUR di una piattaforma che abbiamo già avviato a livello di prototipo: sarà una sorta di “Airbnb della scuola” per prenotare i luoghi dell’educazione, non solo per le scuole ma anche altri professionisti al servizio dell’educazione (guide turistiche, esperti sportivi, artisti, attori). 

Il digitale deve servire ad allargare il più possibile i confini spaziali e temporali della scuola e dell’apprendimento: la scuola è una parte del processo di apprendimento, ma noi abbiamo bisogno di imparare per tutta la vita, in questo mondo in continuo cambiamento. Proprio in questo, con voi ragazzi che siete i nativi digitali, potremmo creare un’alleanza; da un dialogo con voi, noi adulti possiamo imparare a sfruttare al meglio questi luoghi digitali, senza ridurli a uno scimmiottamento del luogo fisico e dell’ennesima lezione frontale.

Nei nuovi ambiti dell’outdoor e del digitale c’è molto fermento: stanno nascendo sempre più reti e io stesso mi sto impegnando tantissimo per far convergere ricerche ed esperienze. Noi delle Scuole Naturali lo stiamo facendo ad esempio con la scuola digitale del dirigente Daniele Barca, una delle più importanti d’Italia, mettendo insieme ingegneri, educatori, naturalisti ed ex scout: è veramente una grande sfida, e ci stiamo divertendo tantissimo.

Anche io percepisco questo crescente fermento e la cosa personalmente mi emoziona tantissimo: perciò non posso che accogliere con entusiasmo il tuo appello ad un’alleanza che anche noi, nel nostro piccolo, vogliamo aiutare a realizzare.

Voglio fare una proposta molto concreta: noi gestiamo una pagina Facebook con circa 140.000 contatti, interagiamo ogni mese con tre milioni di persone, collaboriamo con migliaia di educatori e insegnanti. Ci sono sempre più progetti ed esperienze da raccontare: lo storytelling è importantissimo per il cambio del paradigma educativo, perché raccontare qualcosa significa far capire alle persone che è reale. Se perciò ci sono dei ragazzi e delle ragazze che vogliono lavorare con noi, creando articoli, video, interviste o ricerche sui temi della sostenibilità (quindi natura e outdoor) e del digitale, noi siamo pronti ad accoglierli, ovviamente in cambio di tutto il nostro materiale formativo e informativo, per uno scambio il più possibile equo.

Giriamo allora direttamente ai nostri ascoltatori (e lettori) questa call, sperando che possa essere il primo passo verso questa nuova alleanza tra i giovani e la scuola.

Potete ascoltare il podcast completo della quarta puntata di “Cara, vecchia scuola” a questo link.

Immagine: associazionemanes.it

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