Relazioni interpersonali: prima parte

Quando parliamo di rapporti sessuali sembra che il tabù vada svanendo. Si sottolinea l’importanza del consenso e vengono affrontati sempre di più argomenti inerenti all’educazione: internet ormai, fortunatamente, pullula di articoli che presentano i vari metodi contraccettivi, spiegano i rischi delle malattie correlate e nelle scuole si fa lentamente strada l’informazione. Girovagando un po’ sul web, ciò che forse ancora manca è un approccio psicologico adeguato all’argomento: cercheremo, in questo nuovo articolo della rubrica, di fornirne uno alla portata di tutti.

Partendo da qualche dato statistico, un sondaggio di Euromedia Research per la trasmissione Porta a Porta informava, nel 2017, che il 13,1% delle persone ha perso la verginità tra i 14 e i 16 anni, il 40% tra i 17 e i 20 anni, il 22,7% nella fascia 20-25 e il 3%, invece, non ancora. Emerge che più del 50% degli individui completa un rapporto sessuale al massimo a vent’anni, in una fascia d’età, quindi, in cui è maggiormente possibile essere soggetti a incertezze e prede di ansie immotivate: cerchiamo di fare un po’ di chiarezza.

Per avvicinarci all’argomento è necessario ricordare quanto la soggettività sia importante nel definirne ogni aspetto: non esistono regole, giusto o sbagliato, troppo presto o ancora vergine. Il corpo è nostro e siamo liberi e legittimati a vivere i rapporti con gli altri secondo le nostre regole. Già nell’immediata fase iniziale dell’attrazione è evidente come tutto ciò che riviste e social media fanno passare come seducente sia solo una delle infinite combinazioni di caratteri che possono stimolare interesse. Oltre ai glutei sodi, al seno prosperoso e ai pettorali in evidenza, anche il modo di gesticolare, la camminata o la voce sono potenziali elementi attraenti al pari degli altri. 

Inoltre, ognuno di noi cela la propria umana dose di difetti, ma lasciarsi ossessionare da questa spesso significa, in queste precise circostanze, sabotarsi. Risultare attraenti è un traguardo raggiunto in gran parte grazie all’atteggiamento: non che si debba essere tutti eccentrici o spavaldi, ma sentendoci a proprio agio con noi stessi, mostrandoci come siamo (indossando vestiti che si adattano alla nostra fisicità, portando i capelli come a noi piacciono maggiormente e via dicendo) automaticamente aumentiamo le probabilità di interessare a quello giusto, che sia per una notte o per la vita.

Un tabù abbastanza diffuso è quello del primo passo: ognuno, indipendentemente dal genere, è libero di farsi avanti nel rispetto dell’altro. È decisamente naturale provare interesse verso un’altra persona: non palesarlo che benefici può portare? Per quando ci troviamo dall’altra parte, invece, quindi veniamo approcciati, sarebbe bene ricordare che chi abbiamo davanti potremmo essere noi in una situazione simile. Con rispetto e gentilezza, specialmente nel caso in cui si voglia dire di no, si può eliminare la preoccupazione generalmente diffusa per il rifiuto, solitamente alimentata dalla paura di ricevere prese in giro o umiliazioni che, oltre che irrispettose, sono spesso ipocrite: sfido chiunque a dire di non provare neanche un minimo di piacere nell’essere desiderato. Naturalmente, dall’altro lato è altrettanto importante essere educati nell’accettare di non essere contraccambiati.

Quando si parla di prima volta” ci sono aspetti che di solito non vengono considerati. Nella maggior parte dei casi, soprattutto per le donne, si parla della verginità come di una virtù (il che emerge particolarmente nelle espressioni serbare e togliere, nelle quali si sottolinea una sottrazione, la mancanza di qualcosa che avevamo e adesso abbiamo perso). Tuttavia, aggiungere la dimensione sessuale ad un rapporto è, spesso, un guadagno: si acquista un modo in più per esprimere quello che si prova, che sia amore o solo desiderio fisico.  Lungi da me voler spingere verso un’omologazione in tal senso: la libertà che in questi ultimi anni si è diffusa e gli sforzi fatti per abbattere questo tabù non devono portare ad un effetto contrario. Discriminare qualcuno perché desidera aspettare è tanto ingiusto quanto penalizzare chi si sente più libero a riguardo. Certo è, tuttavia, che definire il primo rapporto sessuale come la tappa essenziale nella vita di una donna che non bisogna assolutamente sprecare (da alfemminile.com, maggio 2019), può fomentare pressioni e ansie ingiustificate. La maggior parte delle testimonianze sui primi rapporti è ricca di imbarazzo, goffaggine e, oggi più che mai, di solito non ha come protagonisti due promessi sposi.

Il fulcro della questione è che bisogna capire se stessi e le proprie esigenze, imparare ad ascoltare i propri desideri, cercare di capire come assecondarli: tutto questo ci riguarda in primissima persona. In più, parliamo di una sola parte della nostra vita, quindi non ci determina più di quanto non lo faccia il nostro genere letterario preferito o la musica che ascoltiamo.

Si deve anche aggiungere che, nei rapporti di natura sessuale in particolare (ma non solo), è in gioco una buona fetta di autostima. Per evitare di lederla è importante sentirsi a proprio agio con il partner e ignorare ogni tipo di pressione esterna: fare solo ciò che si ha voglia di sperimentare, così come non vergognarsi a chiedere un confronto all’altro per rendere migliori le prossime esperienze. È un argomento delicato perché, come già detto, coinvolge in primis la relazione con noi stessi e il nostro corpo, tuttavia parlarne può aiutare ad alleggerire parte di quella pressione spesso irrazionale: del resto è un argomento che, bene o male, riguarda tutti. Coprire gli occhi dei bambini davanti alla televisione durante le scene di sesso e poi lasciarli guardare film violenti sulla guerra è l’emblema dell’incoerenza di questi tabù.

Quando si parla di rapporti in tal senso l’unica cosa che è veramente importante è il rispetto reciproco. La correlazione tra serietà e pochi ex è infondata tanto quanto quella che lega ingenuità e illibatezza, perché il modo e i tempi con cui decidiamo di vivere questo aspetto della nostra vita sono soggettivi e non opinabili. Etichettare qualcuno solo per come sceglie di vivere la propria sessualità è profondamente ipocrita: è una decisione che tutti noi inevitabilmente prendiamo e ci riguarda troppo personalmente da lasciare aperta a chiunque la possibilità di commentarla. Quello che conta davvero non è che si aspetti il matrimonio o ci si conceda al primo appuntamento, ma che le persone coinvolte rispettino le volontà reciproche e siano sincere sulle proprie intenzioni, se sono già chiare. 

Infine, ciò che generalmente crea un freno o, al contrario, ne determina l’assenza, è il bagaglio culturale, religioso ed educativo che ognuno di noi porta con sé. Ma, nel caso in cui questo ci faccia sentire a disagio, è bene ricordare che siamo liberi di esplorare noi stessi e di individuare principi nei quali rispecchiarci, stabilire le nostre regole. Del resto, la libertà non è un beneficio della cultura: era più grande prima di qualsiasi altra cultura, e ha subito restrizioni con l’evolversi della civiltà (da “Il disagio della civiltà”, S. Freud, 1930).

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