Un anno di pinguini in pandemia

È già passato un anno dall’inizio della pandemia, da quando le nostre vite sono state invase da tutta una nuova quotidianità e, come se fosse un nuovo Capodanno, in molti riguardano a questi ultimi 12 mesi cercando di fare il punto della situazione, per così dire.

Per noi della redazione de l’Universitario è stato un anno molto intenso. Tutti ricordiamo la confusione tra la fine di febbraio e l’inizio di marzo, la sensazione soprattutto che la quarantena, le mascherine, il gel disinfettante e il distanziamento sociale sarebbero durati poco, non più di un paio di mesi. Noi dell’associazione avevamo organizzato una serie fitta di eventi per quel semestre e ricordo come inizialmente li avessimo solo posticipati di qualche settimana, successivamente di sei mesi. Solo dopo qualche tempo abbiamo realizzato a pieno che qualsiasi attività che prevedesse il riunire delle persone in una sala era da rimandare a chissà quando.

Tuttavia, cari amici, non mi va di elencare le cose negative di questi 12 mesi in pandemia: ognuno di noi è stato colpito negativamente da questa situazione e non serve ricordarci ancora le nostre sfighe collettive. Vorrei piuttosto raccontarvi come noi de l’Universitario abbiamo dovuto reinventarci e come siamo riusciti a “spiccare il volo”.

Si sa: i pinguini non volano, come specie hanno trasformato le proprie ali in pinne e hanno imparato a nuotare. Non sono un’esperta in materia di evoluzione né tantomeno di pinguini, pertanto mi perdonino i lettori se mi piace immaginare la nostra redazione come quel gruppo di uccelli che, trovatisi impossibilitati a prendere il volo, si sono tuffati in acqua. Ricordo infatti come intorno a metà marzo 2020, in qualità di presidente, convocai la nostra prima riunione su Zoom. Le nostre attività prepandemiche consistevano in frequenti incontri e riunioni e scambi e confronti che abbiamo dovuto riadattare in forma virtuale, non sapendo se avrebbe funzionato, se i redattori si sarebbero stancati di stare in videochiamata dopo ore di lezione. Io stessa all’inizio ero incredibilmente scoraggiata e mi chiedevo quale senso potesse avere ma, a distanza di un anno, posso ritenermi orgogliosa di quanto siamo riusciti a riadattarci come associazione.

Già in quel primo semestre siamo riusciti a fare una conferenza con degli ospiti, molto partecipata, abbiamo mantenuto una frequenza notevole nelle pubblicazioni, abbiamo messo insieme un gruppo di ragazzi addetti delle grafiche e delle pubblicazioni del quale sono incredibilmente orgogliosa: sono stati in grado, lavorando giorno e notte (letteralmente), a portare una qualità mai vista sui nostri social, qualità a cui ha fatto seguito un aumento notevole di seguaci e lettori. Quel semestre fu un tuffo nell’acqua gelata per noi, ma ci siamo scoperti in grado di nuotare e di proteggerci dal freddo mantenendoci tutti vicini (perdonatemi cari lettori, adoro le metafore con i pinguini).

Da settembre in poi ho assistito al lavoro dell’associazione un po’ dall’esterno, essendo in Erasmus, e ho potuto ammirare, perché di ammirazione si tratta, come il nuovo presidente Niccolò Bonato e tutto il direttivo dell’associazione siano riusciti, senza un singolo incontro in presenza, senza i “classici” metodi di reclutamento dei nuovi associati, a comporre una grande redazione, attiva e proattiva, con tanti ragazzi intraprendenti e pronti a scrivere e a mettersi in gioco. Come una “mamma chioccia” mi sono sentita incredibilmente fiera del loro lavoro di questo primo semestre e sono più contenta che mai di poter tornare a collaborare a partire da ora.

Vi chiedo scusa cari lettori se questo articolo può sembrare un po’ autocelebrativo, ma vuole essere più che altro un incoraggiamento e un ringraziamento. Si può riuscire a fare grandi cose anche quando la situazione intorno a noi sembra delle peggiori e voglio ringraziare tutti coloro che hanno reso questi dodici mesi di sfighe un anno grandioso.

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