Fumetto: un genere minore? Lighter Than My Shadow di Katie Green

Caro lettore, prima di incominciare a parlare della graphic novel Lighter Than My Shadow di Katie Green, ti scrivo per avvertirti che in questo articolo vengono trattati temi delicati come i disturbi alimentari e le violenze sessuali. Quindi, se ritieni che argomenti di questo tipo possano ferirti, ti invito a smettere di leggere.

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È facile cadere nella trappola dell’abbastanza. Basta aprire l’app di un qualsiasi social network per venire trascinati da un fiume di opinioni indesiderate, che ci portano a una sola conclusione: che si tratti di magrezza, di successo, di bellezza o di intelligenza, non saremo mai abbastanza. C’è sempre qualche dieta che potremmo seguire, qualche prodotto che dovremmo comprare, qualche risoluzione che dovremmo imporci all’inizio dell’anno per poterci sentire all’altezza. Perfino il movimento body positive è sfociato in questo, basta pensare a frasi ispirazionali cliché come ‘ama te stessa’. Frasi a mio parere molto cringe e sempre meno evitabili che non solo ci portano a credere che non siamo abbastanza per gli irraggiungibili standard di bellezza che ci vengono inculcati ma, come se non bastasse, abbiamo fallito anche nel saper amarci.

Che i social media abbiano un impatto sulla nostra autostima e che abbiano contribuito all’aumento di persone affette da disturbi alimentari è ormai dato per scontato, tanto che parlarne ci sembra quasi un’ovvietà. Eppure frasi come ‘lo fa per ricevere attenzione’, ‘è solo un capriccio’, ‘se forse pensasse a studiare invece che concentrarsi solo sull’aspetto fisico’ ci fanno capire che quello dei disturbi alimentari è un tema ancora poco conosciuto e di cui spesso ci viene data un’immagine distorta.

Katie Green, autrice della graphic novel Lighter Than My Shadow, ha iniziato a lavorare alla sua autobiografia a fumetti proprio per il desiderio di cambiare la narrativa riguardo ai disturbi alimentari. La fumettista, che ha sofferto di anoressia fin da giovanissima, era infatti stufa delle due sole chiavi di lettura che sembravano essere date in letteratura all’anoressia e ad altri disturbi alimentari: <<Il messaggio sembrava essere o che avrei dovuto lottare con questa malattia per il resto della vita, oppure che la guarigione fosse semplicemente pensare positivo e scuotersi di dosso [la malattia]>>, ha dichiarato Green al sito downthetubes.net. Così in Lighter Than My Shadow, Katie Green ci dà una visione completa della lunga salita che porta, innanzitutto, alla consapevolezza che un disturbo alimentare è un problema che non deve essere sottovalutato e, in secondo luogo, alla guarigione.

La protagonista della graphic novel è Katie, che ci viene fatta conoscere da bambina, e di cui seguiremo i momenti difficili fino agli anni del college. Già dalle prime pagine, capiamo che fin da piccola Katie ha avuto un rapporto difficile con l’alimentazione: a cena con la famiglia spilucca a fatica cibo dal piatto per poi annunciare, dopo solo qualche boccone, di essere sazia; viene spesso rimproverata dai genitori perché dopo scuola torna a casa con il pranzo al sacco intatto, tanto che decide di nascondere i sandwich dietro all’armadio finché il padre non si accorge delle sue scorte segrete. Tutto peggiora quando, in occasione della Quaresima e dopo qualche commento indiscreto, decide di rinunciare a tutti i cibi spazzatura per il periodo prima della Pasqua, cosa che rende orgogliosi i genitori e che porta qualche amico di famiglia a fare commenti sul suo aspetto fisico, dicendole che sta benissimo da quando è dimagrita. Finita la Quaresima, Katie assaggia un pezzo di cioccolata e si sente pervadere dal senso di colpa: da qui il suo rapporto con il cibo cambierà drasticamente. Comincerà ad andare a fare lunghe passeggiate per ‘riparare’ a quello che vede come un imperdonabile sgarro, leggerà libri e manuali per informarsi su quali cibi siano più sani, inizierà ad aiutare la mamma in cucina per monitorare cosa le viene dato ai pasti. Così, non passerà molto tempo prima che Katie, non avendo mangiato abbastanza, venga portata all’ospedale, dove le viene diagnosticata l’anoressia

Un aspetto essenziale per comprendere Katie è il suo perfezionismo. Nella graphic novel infatti, ci viene descritto come, non solo nella malattia, ma anche nel primo tentativo di riprendersi dal disturbo alimentare, è il desiderio di perfezione a motivare la ragazza. Katie Green, sempre nell’intervista a downthetubes.net, ha rivelato che è proprio questo che l’ha portata a sbagliare nei primi tentativi di riabilitazione: il perfezionismo. Dunque, solo una volta accantonata questa sua spinta verso traguardi irraggiungibili, Katie potrà compiere i primi passi per riprendersi. In Lighter Than My Shadow ci viene quindi spiegato come il disturbo alimentare non sia una malattia a sé, ma un sintomo di qualcosa di più profondo. Questo è evidente quando Katie subirà una violenza sessuale, evento che la porterà a sviluppare anche un disturbo di binge eating. La scrittrice americana Roxane Gay, che fu stuprata quando aveva soli dodici anni, descrive benissimo questa tragica connessione tra trauma e disturbo alimentare nell’autobiografia Hunger

Stavo ingoiando i miei segreti e facendo ingrandire ed esplodere il mio corpo. Trovai modi per nascondermi in bella vista, per continuare a nutrire una fame che non sarebbe mai potuta essere saziata – la voglia di smettere di soffrire.

Il fatto che Green rappresenti, già dalle prime pagine del libro, il disagio che ha portato al disturbo alimentare di Katie con una nuvola grigia che la insegue ovunque vada, ci fa capire come questi due elementi non possano essere distinti. Non è in cerca di attenzioni chi sviluppa un disturbo alimentare; non si arriva ad essere “più leggeri della propria ombra” per capriccio o per vanità; non è una scelta. Frasi di questo tipo diranno sempre molto di più sull’ignoranza e la noncuranza di chi le pronuncia che non sulle difficili esperienze che devono affrontare persone come Katie.

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