UMANFESTIVAL: “Mi sento bene” – Conferenza sulla disforia di genere e la conoscenza di sé
Nella giornata di domenica 24 ottobre l’attivista transgender Francesco Cicconetti (su Instagram @mehths) è intervenuto nella conferenza conclusiva di UmanFestival, tenutasi nella cornice della Sala Falconetto di Palazzo Geremia. L’ospite, collegato da casa, ha esposto, spiegato e analizzato temi di grande rilevanza e stretta attualità: la conoscenza di se stessi in quanto individui e la disforia di genere, condizione psicologica caratterizzata da un’intensa e persistente sofferenza causata dalla percezione della propria identità di genere come diversa dal proprio sesso.
Francesco Cicconetti è attivo sui social dal 2012. In quell’anno, sulla piattaforma Ask.fm, raccontò in modo molto semplice e naturale il suo “primo” coming-out e le sue esperienze come ragazza lesbica, suscitando non poche critiche. L’attivista portò avanti tale approccio comunicativo fino al momento della sua transizione, che lo condusse al suo “secondo” coming-out come ragazzo transgender nel 2017. “Spiegare al pubblico social e alla mia famiglia le motivazioni dietro la scelta di voler identificarmi utilizzando pronomi maschili non fu per nulla semplice” – rivela Francesco.
L’attivista, poi, ha raccontato qualche particolare in più sul suo percorso di transizione. Con il fondamentale aiuto di uno specialista, che badò all’aspetto psicologico, Francesco riuscì a “ricostruire” la sua esistenza rispettando la sua identità e, allo stesso tempo, riadattandola alle aspettative popolari in un contesto delicato come quello legato al genere.
Il percorso di transizione non è mai facile. In primo luogo, non è automatico identificarsi con i pronomi che quotidianamente riflettono la propria identità di genere; in secondo luogo, non è un percorso “rigido” e uguale per tutti, in quanto è caratterizzato da una forte soggettività e talvolta non coincide con il ricorso alle operazioni chirurgiche (molti ragazzi e ragazze non vogliono arrivare a tale soluzione). Un percorso di transizione, continua l’attivista, è soprattutto un percorso di vita, in quanto permette di ricostruire i propri spazi con una nuova identità che deve ancora affermarsi; non è un percorso che rende automaticamente felici, ma aiuta certamente a ricercare il proprio concetto di felicità. Francesco si dichiara contento del fatto che molti ragazzi transgender stiano trovando il coraggio di rendere pubblici i propri percorsi di transizione, portando alla luce anche episodi di transfobia o di intolleranza. Tali episodi mostrano l’importanza di una capillare sensibilizzazione sulle tematiche LGBT, che può e deve avere luogo anche in luoghi come le scuole pubbliche.
Successivamente una delle organizzatrici della conferenza ha chiesto all’ospite di approfondire il tema della “conoscenza di sé”, collegandosi al percorso di transizione di una persona. Secondo Francesco è difficile comprendere le motivazioni per cui si decide di intraprendere un percorso di transizione. Già dalla nascita una persona può sentirsi “intrappolata” all’interno di un corpo che non sente suo, ma è con lo sviluppo che cominciano a manifestarsi i primi tratti legati all’identità di genere. Il percorso di transizione di Francesco lo ha reso consapevole della propria persona e della sua identità, però non si è ancora abituato a vedere la sua faccia come tale: la percezione di quel viso “improprio” lo porta a pensare che gli altri vedano ancora la figura di Francesca. L’accettazione esterna della transizione da donna a uomo, quindi, non è ancora avvenuta del tutto.
Il lavoro di Francesco sui social ha carattere prevalentemente informativo: attraverso la sua testimonianza e i suoi consigli non si propone di diventare un esempio, ma un compagno con cui è possibile condividere la propria esperienza. I social, sostiene l’attivista, sono in grado di far emergere delle realtà che nel mondo offline rappresentano solamente la “punta dell’iceberg”, permettendo di trovare delle informazioni chiare e un possibile “appoggio” per chi si sente solo.
Grande spazio è stato concesso anche al pubblico, che ha potuto formulare diverse domande all’attivista. Di seguito ne riportiamo alcune, seguite dalle repliche di Francesco.
Riesci a riconoscerti come “uomo” rispetto ai canoni imposti dalla società?
“Non mi rivedo nei modelli in cui l’uomo cisgender viene percepito come un essere forzuto e virile, che possiede una certa capacità di sopraffazione e che vuole mettersi in mostra: sono caratteristiche che non mi rappresentano e non fanno nemmeno parte della mia personalità“. Poi l’attivista cita l’esempio del cameratismo maschile e femminile, evidenziando quali sono le caratteristiche che possono stabilire una specie di intesa o coesione sociale: non devono esistere delle regole implicite di genere, incasellate all’interno di stereotipi o pregiudizi, su come le persone debbano comportarsi all’interno di un gruppo per sentirsi socialmente accettate.
Come si può comunicare alle persone più vicine l’intenzione di intraprendere un percorso di transizione senza rischiare di incrinare i rapporti esistenti? Si consideri il fatto che spesso non tutti sono d’accordo con questa scelta.
“Questi episodi di ‘resistenza’ sono un grande problema perché generano paura e non danno la possibilità di esprimere se stessi, di avere il proprio spazio per autodeterminarsi. Il mio consiglio è quello di insistere, anche mostrando a chi non è convinto le testimonianze di chi ha intrapreso un percorso di transizione“.
Hai mai vissuto un’esperienza di euforia di genere (la manifestazione dei tratti fisiologici che si allineano alla propria identità di genere che suscita emozioni positive; essere riconosciuto dalla società come un membro di genere corrispondente alla propria identità, ndr)? Se sì, in quale occasione?
“Ho provato euforia di genere per la prima volta quando mi sono apparsi i primi peli sul volto, momento che mi ha dato molta serenità. Anche quando le persone esterne mi riconoscono come Francesco mi sento particolarmente bene“.
In quanto cisgender, come si può diventare un “buon alleato” nei confronti di chi compie un percorso di transizione senza minimizzare le emozioni che prova per questo percorso?
“Bisogna sicuramente imparare a lasciar scorrere gli episodi di disforia e le emozioni a essa collegate, che variano da situazione a situazione. Principalmente consiglio di rimanere in silenzio e di ascoltare chi intraprende il percorso quando ne ha bisogno“.
Come cambiano le proprie emozioni quando si assumono ormoni?
“L’assunzione degli ormoni comporta un’importante variazione nella manifestazione delle proprie emozioni. Il testosterone, ad esempio, è conosciuto come ‘l’ormone della rabbia’; comunque, la sua assunzione ha permesso di cambiare in meglio il mio atteggiamento e la mia personalità“.
In cosa consiste la demisessualità?
“La demisessualità è un orientamento sessuale ‘grigio’, in cui l’individuo prova attrazione sessuale nei confronti di un’altra persona solo dopo che si è instaurato un forte legame emotivo con essa, senza necessariamente sviluppare un sentimento o una relazione romantica“.
Com’è cambiato il rapporto con il tuo corpo?
“Nonostante questi tre anni di transizione, sono ancora legato in qualche misura alla figura di Francesca e alle sue esperienze. Ho cercato di avvicinarmi alla figura maschile tenendo in considerazione i miei limiti (anche fisici: ho sviluppato e avuto degli atteggiamenti tossici verso me stesso durante il mio percorso di transizione): quando comprendi l’origine di certi pensieri, riesci a capire come vorresti rapportarti con il mondo e in che modo vorresti affermarti come persona“.
Come possiamo combattere la disinformazione riguardo il tema della disforia?
“Non aspettatevi che la prima persona a intervenire su un articolo scritto male o fuorviante sia per forza una persona transgender: mette in gioco la propria salute mentale e rischierebbe anche di peggiorarla. Purtroppo non c’è ancora la giusta sensibilità pubblica verso la tematica. Per combattere la disinformazione eviterei di inviare al ‘diretto interessato’ il possibile articolo (per non rischiare, appunto, di colpirlo emotivamente), ma proverei a correggerlo e a diffondere sul mio profilo la correzione dei vari errori, spiegando a chi mi segue come stanno realmente le cose“.