L’Astra spegne i suoi proiettori (per sempre?)

Si ringrazia Antonio Artuso per la sua gentilezza e disponibilità a partecipare all’intervista e per avermi fatto conoscere la storia del suo cinema con il libro di Paolo Piffer “L’Astra: il cinema in casa”.

Quando venne ufficialmente inaugurato il cinema Astra nel settembre del 1952 probabilmente il signor Antonio Artuso, nonno dell’attuale proprietario del cinema, non sapeva che avrebbe creato una piccola stella in quella periferia di Trento; una stella che avrebbe avuto una nascita, ma anche una morte 69 anni dopo, in un freddo dicembre del 2021.
Quella che vorrei raccontare oggi non è tanto una semplice intervista di un cinema che sta chiudendo, ma la storia di come un progetto imprenditoriale è riuscito a creare dei legami profondi tra gli abitanti di una città con la cinematografia. Questo è infatti stato il tema più ricorrente nella conversazione con Antonio, proprietario del cinema Astra: la relazione con il pubblico.

Ma come è cominciata la storia di questo cinema?
Prima ancora che ci fosse stata l’inaugurazione, ci furono alcune complicazioni, a cominciare dal fatto che in quegli stessi anni ci furono altre richieste di aprire un cinema in zona Cristo Re e questo minacciava di sbilanciare il rapporto tra cittadini e posti in sala, che per legge non poteva essere superiore a un certo numero; se ciò fosse accaduto, non ci sarebbe mai stato nessun cinema Astra. Fortunatamente, la famiglia Artuso ottenne l’approvazione del progetto nel 1951 e nel giro di un anno era ufficiale: apriva il cinema Astra.
Sin da allora si ha prova di quanto i proprietari tenessero al loro rapporto con il pubblico. Nei primi anni, infatti, il cinema aveva molti guadagni, ma con il tempo la competizione con la televisione si era fatta sentire molto di più e in particolare il sabato nessuno ormai andava più al cinema, preferendo stare a casa a vedere il programma “Lascia o raddoppia?”. Pertanto, presi in prestito alcuni proiettori, si decise di proiettare anche al cinema questa trasmissione, in modo tale che gli spettatori potessero godersi la visione e poi anche guardare qualche film. Quell’attenzione ai gusti del pubblico rimase anche quando si decise di trasmettere al cinema i Campionati mondiali di calcio del 1982 o per il cineforum svoltosi tre anni dopo. L’attenzione per il pubblico è ancora oggi qualcosa che distingue l’Astra da tutti gli altri cinema.

Gli anni però passavano e il cinema gradualmente perdeva la sua importanza come unica fonte di divertimento e la gestione passò dalle mani di Antonio a quelle del figlio Ernesto, fino a quelle del nipote Antonio, l’attuale proprietario. Non che sia stato tutto rosa e fiori per lui: cito in merito uno dei suoi stessi racconti, estrapolato dall’intervista.


“Un aneddoto che invece mi ricorderò per sempre è questo: io ho fatto anche il proiezionista. Adesso è in digitale da sette anni, mentre prima si lavorava in pellicola e nella cabina di proiezione, alla fine del film, quando si smontava la pellicola, dato che questa passava da un piatto a una bobina, a metà film bisognava tagliare la pellicola e rimettere la seconda bobina. Era l’ultimo giorno prima delle vacanze estive e ricordo che ho messo la prima bobina, ma dopo mi sono dimenticato di fermare la proiezione, tagliare la pellicola e mettere la seconda perché ero con degli amici. Quando arrivai su a mezzanotte, avevo milleseicento metri di pellicola accatastata per terra e lì mi era venuta l’angoscia di aver rovinato il film. La fortuna è stata di aver ritrovato il capo del finale della pellicola, pertanto siamo riusciti a riavvolgerla, però ci sono volute ore e ore, pulendola di volta in volta con una pezza”.

Quest’anno il cinema chiude, ma, come precisato più volte dal proprietario, non a causa della pandemia come molte altre attività, bensì per ragioni societarie, che persistevano già da molto tempo, ma che sono sfociate soltanto in questo periodo. Contrariamente a quanto ci si possa aspettare, nelle parole di Antonio però non c’è molta tristezza, ma più che altro soddisfazione per quel che è riuscito a portare avanti; ascoltandolo mi è sembrato di sentire le parole di Gabriel Gracia Marquez quando diceva “Non piangere perché qualcosa finisce, ma sorridi perché è accaduta”. Sebbene infatti la sua sia stata un’attività di famiglia, portata avanti per tre generazioni, la ragione per cui l’Astra è riuscito ad arrivare fino ad oggi è merito anche della gestione di Antonio in cui si sono fatte delle scelte precise: in primis, la decisione, seppur non molto condivisa con il padre, di aprire la multisala con annesso bar nel 2003 ha fatto in modo che venisse creato un posto in cui le persone avrebbero potuto riunirsi anche dopo la visione del cinema. Inoltre il fatto di non fare l’interruzione a metà film e di non consentire il cibo in sala ha contribuito a creare una clientela di affezionati, rafforzata anche dalla decisione di trasmettere una programmazione particolare, il cosiddetto “cinema d’essai”, ossia di qualità, che è molto diversa da quelli di altre sale cinematografiche. Sono state tutte scelte che sicuramente hanno fatto perdere una fetta ingente di pubblico, ma che in cambio hanno fatto guadagnare degli spettatori fedeli, che, come ha detto lo stesso Antonio, spesso vanno al cinema anche tre volte alla settimana e si fanno consigliare su quale sia il film migliore. Insomma, ciò che ha reso il cinema Astra quel che è oggi è stata l’attenzione ai clienti ed è stata una scelta che alla lunga ha creato non solo un semplice rapporto fruitore/venditore, ma una vera e propria comunità di appassionati di cinema di qualità.

Per questo è comprensibile la fierezza del proprietario: non è soltanto la soddisfazione di aver portato avanti un’attività imprenditoriale, ma anche aver creato una rete sociale in cui sia possibile parlare liberamente di film. Da questo punto di vista, non ha infatti nessun rimpianto e l’unica cosa per cui, come ha detto, prova un certo rammarico è il fatto che il cinema Astra non solo cesserà la sua attività, ma verrà anche completamente demolito; per quanto sia ancora in ottime condizioni, il cinema verrà abbattuto e al suo posto si costruirà probabilmente un condominio. La ragione è, come spesso accade, monetaria: nessuno ora si sognerebbe di investire nel cinema, soprattutto se d’essai, prima di tutto perché i margini di guadagno sono sempre stati pochi, ma anche perché ormai i tempi sono cambiati e con essi anche le modalità di fruizione dei film. Quest’ultimo motivo in particolare è quello che si è fatto presente soprattutto negli ultimi anni: come ha detto lo stesso Antonio, negli ultimi anni non c’è più stato un ricambio generazionale e al cinema l’età media si è molto alzata. In particolare, la presenza degli universitari, che negli anni cinquanta riempiva le sale, è andata via via calando, ennesima dimostrazione di come ormai il cinema non sia più la forma di intrattenimento, ma soltanto un modo più scomodo di vedere un film, che soggiace a dei limiti molto stringenti quali l’orario e il fatto di essere fuori casa, senza menzionare poi tutte le limitazioni per la pandemia.

Tuttavia, una clientela fedele è rimasta ed è quasi più triste del suo proprietario della fine del cinema: come dai racconti di Antonio, molte persone in questi mesi, da quando è stata annunciata la chiusura del cinema in primavera, hanno chiesto anche più di una volta se davvero il cinema stesse chiudendo. In merito, mi ha raccontato questo episodio: qualche giorno fa un signore, poco prima di entrare in sala, ha commentato dicendo che era un peccato che il cinema chiudesse. Controllando il green pass, in cui è possibile vedere l’età delle persone, Antonio si è reso conto che quell’uomo che aveva di fronte era nato nel 1923: persino un uomo quasi centenne, che aveva ancora la lucidità di andare al cinema, si era dispiaciuto nel sapere che chiudesse. Insomma, chiunque è rammaricato per questa chiusura, che non rappresenta soltanto la fine di un cinema, ma anche di un pezzo di cultura di Trento.

Non è però ancora detta l’ultima parola. Sebbene infatti Antonio non abbia potuto dire ancora nulla di preciso, ha fatto ben intendere che lo stesso pubblico che si è dimostrato così dispiaciuto ha avanzato anche alcune proposte per continuare ciò che l’Astra ha creato, anche se non in modo così formale come il cinema è oggi. Ad ogni modo, ciò che sorprende di più è stata la disponibilità delle altre persone nel cercare di portare avanti un’attività che forse all’inizio non era altro che un progetto imprenditoriale, ma che poi è cresciuta diventando ciò che è oggi.


Alla fine anche la mezz’oretta di chiacchierata con il signor Artuso è terminata, ma prima ho voluto chiedergli se potesse lasciare un messaggio a Trento e lui mi ha risposto subito, senza esitazioni: che non li lasciamo senza Astra.

Avete tempo fino ai primi giorni di dicembre per vedere i film alla multisala Astra, dopodiché l’attività cesserà ufficialmente il 31 dicembre 2021, ma non temete, amanti del cinema d’essai: come da notizia riportata nell’Adige, nascerà un nuovo cinema Astra, questa volta “diffuso”, ovverosia che trasmetterà i film in diverse sale a Trento.
Per maggiori informazioni riporto qui il link dell’articolo: https://www.ladige.it/cultura-e-spettacoli/2021/11/17/l-astra-chiude-ma-artuso-andra-avanti-in-tre-sale-della-citta-nasce-il-cinema-diffuso-1.3058347

Anna Martinato

"I Wandered Lonely as a Cloud"

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