Fumetto: un genere minore? “Il Signore dei colori”

Il Signore dei colori è una graphic novel italiana scritta e disegnata da Roberto La Forgia. L’autore, di origini pugliesi, prende spunto dai suoi ricordi d’infanzia per trasportarci nelle campagne della sua terra natale, dove ambienta una forte storia dai mille risvolti attuali.

Nell’estate del 1993, a Capurso, in provincia di Bari, tre ragazzini trascorrono gli ultimi giorni di vacanza. Luca e Gianni, tra un giro in bici e l’altro, sono alla continua ricerca di avventure “da grandi”, come la prima sigaretta o gli scontri con chi ha qualche anno in più, per rivendicare il proprio territorio. In particolare, i due muovono i primi passi verso la sessualità studiando giornalini pornografici e tentando i primi approcci sentimentali con due coetanee, Jessica e Lucrezia. Paolo, il più piccolo dei tre, sembra invece più incuriosito dai fumetti e, così, finisce per stringere amicizia con Marco, il timido e solitario titolare del negozio di libri usati. Il libraio rimane colpito dalla genuina curiosità del piccolo e trova in lui un’allegra compagnia: tutti i giorni gli offre un gelato, gli insegna il valore dei fumetti e risponde alle sue domande sul mondo che lo circonda. Paolo invece, orfano di padre e costretto ad accudire la madre paraplegica, vede in questo nuovo amico un punto di riferimento, l’unico adulto che si interessi davvero a lui. Le loro frequentazioni, però, preoccupano Gianni e Luca: in paese, infatti, circolano strane voci su Marco, schernito da tutti per la sua presunta omosessualità. Le supposizioni dei due ragazzini provocheranno qualcosa che inciderà profondamente sulla vita del libraio.

L’originalità di questa graphic novel sta nel non mostrarci mai esplicitamente nessuna scena di abuso. Ci vengono dati degli indizi, vediamo Marco giocare con il piccolo Paolo, tenerlo sulle sue gambe mentre colora: è l’atteggiamento di un adulto amorevole oppure una morbosità che precede la violenza? Il giudizio rimane a noi lettori, ma quale sia la risposta giusta non è davvero importante. Lo scopo della storia, infatti, non è di condannare o meno le azioni del libraio, ma farci riflettere sul pregiudizio sociale: gli abitanti di Capurso isolano Marco solamente perché vedono in lui un diverso. Con la diffusione delle accuse di pedofilia, in fondo, viene individuato solo un pretesto per un’ulteriore emarginazione e violenza fisica (neanche loro sanno realmente se Paolo ha subito i presunti abusi!). Se anche Marco fosse colpevole, non sarebbe certo il bullismo da parte di un intero paese la pena giusta per lui. I suoi compaesani, inoltre, considerano la pedofilia non come un disturbo mentale curabile, ma come un marchio, un tatuaggio che identifica per tutta la vita un individuo non meritevole di far parte della comunità. Lungi dall’autore voler sminuire in qualche modo la gravità del disturbo: egli desidera, anzi, mostrare come questo sia affrontato nella maniera sbagliata e come il pregiudizio generi e aggravi problemi simili.

La seconda tematica affrontata nella storia è la scoperta della sessualità in età preadolescenziale. Luca e Gianni avvertono i primi impulsi sessuali, ma non c’è nessuno che insegna loro come gestirli, non ricevono nessuna guida dal mondo adulto e non pensano neanche per un secondo di confidarsi con i genitori: cercano da soli risposte alle proprie domande nelle riviste pornografiche e nei ragazzi più grandi. L’ingenuità tipica della loro età, però, unita alle loro fonti d’informazione, ambigue e difficili da interpretare per un preadolescente, produce effetti problematici: idealizzano in modo stravagante e scorretto l’anatomia umana e vivono i primi amori in maniera tormentata, perché non conoscono rispetto per il corpo e la volontà delle proprie compagne.

Come possiamo capire dal titolo, La Forgia, nella graphic novel, gioca molto con l’aspetto cromatico ed usa solo tre colori: bianco, nero ed arancione. I primi due sono i tipici dei fumetti, cioè la passione che accomuna Paolo e Marco; la simbologia di bianco e nero è la chiave dell’insegnamento che il libraio dà al bambino. L’arancione, invece, è un colore caldo che rimanda al sole e, volendo, al Sud Italia, dove è ambientata la nostra storia. Simboleggia dunque la creatività, ma anche l’ambizione e l’energia sessuale: assieme al rosso, infatti, suggerisce l’idea di pericolo. Il suo contrasto con bianco e nero, infine, trasmette al lettore uno stato d’ansia, la sensazione che debba succedere qualcosa da un momento all’altro. In effetti, man mano che ci avviciniamo al finale, gli eventi diventano sempre più cupi e l’arancione lascia sempre più spazio al nero. La vita di un bambino abusato può essere definita solo nera, esattamente come quella di un emarginato a cui viene tolto tutto.

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