UCRAINA: Cosa vuole Putin? Cosa può fare l’Europa?

Nel pomeriggio di mercoledì 2 marzo 2022 si è svolto un interessante dibattito sul conflitto tra Ucraina e Russia. La conferenza – dal titolo Ukraine: What does Putin want? What can Europe do? – è stata organizzata dal Centro Jean Monnet e dal Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale dell’Università di Trento. L’incontro ha avuto luogo presso l’Aula 20 del Palazzo di Sociologia ed è stato presieduto da Giuseppe Sciortino, direttore del Dipartimento. La round table era formata da professori di Scienza Politica e Relazioni Internazionali, tra cui Vincenzo Della Sala, che insegnando nell’Ateneo trentino ha potuto partecipare in presenza. Gli altri ospiti – Piotr Dutkiewicz dall’Università di Carleton, Kateryna Pishchikova dall’Università eCampus e Francesco Giumelli dall’Università di Groningen – si sono collegati telematicamente.

La delicata questione ucraina è stata trattata seguendo una precisa scaletta tematica. Nel dettaglio, il professor Dutkiewicz si è concentrato sulla figura di Vladimir Putin, evidenziando l’ambiguità delle sue azioni e affermazioni. Successivamente la professoressa Pishchikova ha delineato i principali eventi che hanno condotto al conflitto odierno. La crisi risale al 2013, quando il presidente filorusso Janukovič sospese qualsiasi tipo di accordo tra Ucraina e Unione Europea, rafforzando i rapporti con Putin. Tale decisione causò rivolte e proteste popolari, che portarono all’insediamento di un nuovo governo e all’elezione del Presidente Porošenko, favorevole alla collaborazione con l’UE e la NATO. La risposta del Cremlino non si fece attendere: nel 2014 le truppe russe occuparono la Crimea e scoppiò la Guerra del Donbass, regione dell’Ucraina orientale abitata prevalentemente da russofoni che non riconoscono la legittimità di Kiev. Il conflitto, culminato con la recente annessione a Mosca dei territori ucraini di Donetsk e Lugansk, ha avuto esiti disastrosi: di conseguenza, USA e UE sono intervenute in soccorso di Kiev. A questo proposito il professor Giumelli ha analizzato la risposta dell’Occidente agli attacchi del Cremlino, mettendo in luce il ruolo fondamentale delle sanzioni. «È difficile trovare un’altra crisi che abbia ricevuto una risposta così forte da parte dell’UE» – ha esordito Giumelli: per la prima volta nella sua storia, infatti, l’Unione ha utilizzato parte dei propri fondi per acquistare armamenti da inviare in Ucraina. Inoltre, le sanzioni imposte dalla stessa UE e dagli Stati Uniti si sono rivelate lo strumento più efficace per indebolire l’economia russa, nonché la misura più “civile” e razionale per evitare lo scoppio di una possibile III World War. Giumelli ha speso buone parole anche per l’operato di Biden, che non ha ceduto alle continue provocazioni di Putin. Infine, ha sottolineato le nuove strategie adottate dalla comunità internazionale in momenti di crisi, come il supporto economico attraverso l’uso di criptovalute o l’aumento di attacchi hacker. In conclusione, il professor Della Sala è intervenuto per chiarire cosa potrà fare l’Europa in futuro, sia nella gestione del conflitto in Ucraina sia nelle relazioni diplomatiche con paesi non democratici.

Per tutto il dibattito si è avvertito un forte senso di rammarico e sconforto, soprattutto nelle parole del russo Dutkiewicz. Come egli stesso ha raccontato, lo scorso novembre partecipò con alcuni studenti e giornalisti a una conferenza a Soči, dove ebbe modo di ascoltare un discorso di Putin. Dalle dichiarazioni dell’autocrate sembravano emergere intenzioni positive, o meglio, non così catastrofiche. In particolare, Dutkiewicz trasse tre conclusioni dall’incontro con Putin, che si sarebbero rivelate completamente errate. Prima di tutto riteneva che il Presidente russo volesse mantenere un dialogo pacifico con Biden, ipotesi smentita dalle continue minacce di attacco nucleare provenienti da Mosca, con «conseguenze mai viste prima» in caso di intervento statunitense. Inoltre, a Soči sembrava che Putin non sapesse ancora come gestire la situazione di crisi in Ucraina, mentre in realtà stava già programmando un piano finanziario per affrontare le sanzioni che sarebbero arrivate dall’Occidente dopo l’invasione. Il professore, infine, riteneva che Putin non avrebbe attaccato. Tuttavia, l’evolversi degli eventi ha smentito le ipotesi di Dutkiewicz, che nel corso dell’incontro non ha nascosto un certo senso di colpa e desolazione per non essere riuscito a intuire le vere intenzioni del Presidente russo. È emersa anche molta preoccupazione per il futuro della generazione russa più giovane, che secondo l’ospite avrà il difficile compito di ricostruire quei ponti con l’Europa che Putin ha deciso di distruggere.

L’episodio raccontato da Dutkiewicz mostra quanto sia complicato interpretare le parole, gli atteggiamenti e i comportamenti di un autocrate enigmatico e impenetrabile come Putin.

Proprio i temi d’incomunicabilità e difficoltà interpretativa sono stati al centro della riflessione del professor Della Sala, protagonista di un appassionato discorso sul ruolo dell’Europa nel conflitto e sugli effetti della crisi ucraina sull’Occidente. Secondo Della Sala la Russia ha rovesciato completamente il sistema di valori che l’Europa ha tentato di costruire nel corso degli ultimi decenni. Per il professore, dunque, si tratta prima di tutto di una crisi di carattere esistenziale. L’attacco di Putin ha messo in discussione gli ideali delle democrazie occidentali: è necessario rivedere i propri principi, consapevoli del fatto che non tutti possono accettare o condividere la nostra visione del mondo. Ad esempio, non è possibile dialogare con un’autocrazia come se fosse una democrazia, o meglio, come se essa comprendesse i valori democratici. Tale incompatibilità culturale e comunicativa è stata una delle cause del conflitto odierno, come se Putin avesse voluto evidenziare la presenza di una realtà geopolitica non necessariamente eurocentrica. Tuttavia – ha concluso Della Sala – la rivalutazione dei principi democratici non implica il loro stravolgimento. Si tratta, piuttosto, di prendere più seriamente il concetto stesso di “democrazia”, che superficialmente può apparire come un «gioco politico» che si manifesta attraverso la continua pubblicazione di tweet e post sui social. Ovviamente non è così: la democrazia consiste in una serie di valori che dobbiamo rispettare, esprimere e valorizzare ogni giorno. La riaffermazione dei principi democratici e la consapevolezza dell’esistenza di visioni del mondo molto diverse dalla nostra possono costituire la base per la costruzione di un dialogo diplomatico con le potenze coinvolte nel conflitto, nella speranza che questa guerra si concluda al più presto.

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