Giornata all’Altopiano di Pinè. Piantumazione di Vaia, conferenze sul cambiamento climatico e musica all’aperto

Domenica 24 aprile si è tenuta l’ultima conferenza del Festival Co.Scienza. Per l’occasione sono state organizzate una piantumazione – in collaborazione con la start-up Vaia – e un’esibizione canora di Martina Beltrami.

Prima degli interventi ho posto un paio di domande a uno dei relatori, Simona Bordoni, ricercatrice e professoressa di Fisica dell’Atmosfera presso il Dipartimento di Ingegneria Ambientale e Meccanica dell’Università di Trento.

Potrebbe spiegarci in che cosa consiste il suo ambito di ricerca, Fisica dell’Atmosfera?
Simona: Studio i processi che determinano il clima del nostro pianeta. Cerco di capire le interazioni tra gli agenti della circolazione generale dell’atmosfera, per esempio la direzione dei venti, e alcuni aspetti importanti del nostro clima, come la distribuzione della temperatura sulla superficie del nostro pianeta e la disponibilità dell’acqua.

Quali interazioni tra atmosfera e clima ha osservato nelle sue ultime ricerche?
Simona
: Negli ultimi vent’anni mi sono interessata all’atmosfera tropicale; in particolare ho studiato le dinamiche delle circolazioni monsoniche in India. Sono dei grandi sistemi con dei venti che cambiano direzione nel corso dell’anno e che portano piogge concentrate specialmente durante l’estate. Il clima monsonico è caratterizzato da un’alternanza di stagioni invernali secche e di stagioni estive molto piovose. Recentemente ho iniziato a studiare il clima del Mediterraneo, che ha un clima totalmente opposto a quello monsonico. Il Mediterraneo è interessante perché viene definito come un punto caldo per il cambiamento climatico. È una regione in cui le temperature si stanno alzando molto più velocemente rispetto ad altre aree. I modelli climatici ci permettono di prevedere che ci sarà una progressiva tendenza all’aridificazione.

Che cosa comporterà questa lenta e costante aridificazione registrata nel Mediterraneo e in altre aree definite come hot-spot?
Simona: Le conseguenze sono importanti e dovremmo essere tutti molto preoccupati: esse andranno a incidere sulla ricchezza del nostro ecosistema, ponendo molte specie a rischio di estinzione perché non riescono ad adattarsi alla velocità con cui si manifestano gli effetti del riscaldamento climatico, e sulla disponibilità di risorse idriche che utilizziamo per tanti settori della nostra vita e dell’economia. Le nostre risorse idriche sono basate sul fatto che la maggior parte delle piogge cadono durante l’inverno e si accumulano attraverso il manto nevoso che successivamente si scoglie in primavera e in estate, sostenendo le nostre risorse. Quest’anno è stato uno degli anni più secchi nell’ultimo secolo, ha piovuto pochissimo, il manto nevoso è praticamente inesistente. Quindi dobbiamo prepararci a un’estate in cui si registrerà una bassa disponibilità idrica.

Quali sono i consigli o le piccoli azioni che possiamo intraprendere per incentivare la consapevolezza sul tema del climate change?
Simona: Certamente tenersi aggiornarsi. Le nuove generazioni non hanno problemi su questo punto perché riescono a reperire un sacco di informazioni sul cambiamento climatico anche sui social. Forse devono essere meglio addestrati nel separare informazione di ottima e di pessima qualità. Per quanto riguarda le piccole azioni, consiglio vivamente di cominciare dal risparmio energetico e dell’acqua, preferire l’utilizzo dei mezzi di trasporto sostenibili, praticare la raccolta differenziata e ridurre il consumo di carne.

A seguito della nostra breve intervista, comincia la conferenza sul tema del climate change. Sono intervenuti Simona Bordoni e Giorgio Brizio, attivista di Fridays For Future Torino e autore del libro Non siamo tutti sulla stessa barca, che hanno spiegato questa tematica sotto due prospettive.
La professoressa Bordoni ha illustrato cosa la ricerca sa e non sa ancora sullo studio del riscaldamento climatico, partendo dalla definizione di clima come elemento che ci fornisce delle informazioni sulle condizioni atmosferiche attese in un dato luogo e momento sulla base di dati statistici raccolti in un periodo di tempo longitudinale. Il clima è determinato in primo luogo dal bilancio energetico del pianeta, che deriva dalle radiazioni di onde elettromagnetiche del sole che tiene in moto il clima nelle sue manifestazioni (come le correnti oceaniche). Il 30% di questa energia viene parzialmente riflessa dalle superfici riflettenti nello spazio, il restante 70% viene assorbita dal nostro pianeta. La Terra però deve cercare di disperdere questa energia alla stessa velocità con cui assorbe, altrimenti rischierebbe di surriscaldarsi. L’atmosfera terrestre è capace solo di assorbire l’energia emessa dalle radiazioni solari; assorbe e riemette l’energia proveniente dalle radiazioni termiche perché la superficie della nostra atmosfera è opaca per via dell’interazione tra gas serra naturali. Di conseguenza, si registrerà un innalzamento della temperatura globale e un riscaldamento della superficie terrestre. La professoressa Bordoni ha ribadito che l’effetto serra antropico – il maggior responsabile del climate change – porta a una sostanziale modifica della concentrazione di gas serra nell’atmosfera a causa della combustione dei carboni fossili, le cui emissioni continuano ad aumentare (dal 1850 sono state emesse 2400 giga tonnellate di anidride carbonica). Il 40% dell’anidride carbonica rimane nell’atmosfera, il resto viene assorbito dall’oceano e dalla biosfera, portando all’aumento di 1 grado della temperatura globale a partire dal 1950. Dal 2010 in poi sono state registrate le temperature più calde ed aride. Dunque, siamo di fronte a un cambiamento che ha un impatto e un’evoluzione rapida soprattutto nelle aree definite hot-spot. Le tendenze maggiormente registrate in queste aree sono la costante perdita del manto nevoso e l’aridificazione del terreno.
Successivamente ha preso la parola Giorgio Brizio, che ha trattato i temi della crisi climatica e della migrazione nell’area del Mediterraneo centrale. Il compito dell’attivista, secondo l’opinione di Brizio, è di porre e fare pubblicamente delle domande scomode. L’ospite si occupa del Mediterraneo in quanto rappresenta un’area particolarmente colpita dall’aumento delle temperature: l’Italia è aumentata di 1.58 o 1.6 gradi. Questo significa che il Paese ha già superato la soglia di temperatura di 1.5 gradi, condizione richiesta dagli attivisti climatici e dai trattati internazionali a cui l’Italia ha aderito per evitare un peggioramento della crisi climatica. Brizio ha riportato l’impatto dell’industria della moda sui paesi del Sud-Est asiatico, citando come esempio la distruzione dello stabilimento di Rapala Plaza nel 2013 in Bangladesh. I piccoli cambiamenti possono portare a conseguenze devastanti. Restando sull’esempio del Bangladesh, Brizio ha spiegato che se il livello del mare in questo Stato aumentasse di 10 cm ci sarebbe la salinizzazione del delta del fiume Brahmaputra, località in cui vive una densa parte della comunità rurale. Ciò significa sconvolgere un intero ecosistema e un’intera comunità che abita presso le sponde del fiume. Brizio ha parlato poi del tema dei profughi climatici, cioè le persone che scappano da eventi climatici violenti. È difficile definire giuridicamente cosa sia i profughi climatici, sebbene esistano già di fatto, perché non si riesce a definire il motivo per cui scappano: dal clima che è divenuto avverso o da una situazione che è divenuta avversa a causa di un evento climatico specifico.



Alla fine della conferenza, è iniziata la piantumazione in collaborazione con la start-up Vaia e la guardia forestale trentina, che ha fornito ai partecipanti le indicazioni per piantare adeguatamente gli alberi. Sono stati piantati 300 alberi di pino rosso. Abbiamo intervistato Federico, uno dei fondatori di questa start-up.

Perché avete scelto l’Altopiano di Pinè per tenere questo evento?
Federico: Abbiamo scelto questo Altopiano perché prima della tempesta c’era un bosco che caratterizzava la comunità di Baselga di Pinè. Per il nostro primo evento aperto al pubblico dell’anno abbiamo scelto questo luogo simbolico per lanciare un messaggio di rinascita.

Vi chiediamo come funziona la fase di piantumazione. Ne avete già parlato ad ottobre allo HumanFestival, però vi chiediamo di fornire maggiori dettagli.
Federico: Noi lavoriamo assieme alle comunità locali. Significa lavorare assieme al Comune, al sindaco, alle ASUC (gli enti locali che gestiscono questi luoghi) e alla guardia forestale. Sono loro che hanno scelto il tipo di alberi da piantare, il luogo della piantumazione, i metodi e le tecniche adeguate per poterla fare. La nostra idea è che ognuno di noi deve fare del suo meglio a seconda del ruolo che ricopre.

Pensa che ci saranno altri eventi come questo in futuro?
Federico: Assolutamente sì. L’idea di Vaia è quello di avere un impatto concreto sulle Dolomiti, quindi pianteremo tanti altri alberi. L’obiettivo dell’anno 2022 è di arrivare a piantare 100.000 alberi.


Finita la piantumazione, si assiste al concerto di Martina Beltrami. L’abbiamo intervista alla fine della sua esibizione.

Ecco l’ultima ospite del Festival: Martina Beltrami, che ha partecipato all’edizione di Sanremo Giovani 2022. Potresti presentarti ai nostri lettori?
Martina: Buongiorno a tutti. Sono Martina, sono una cantante e vengo da Rivoli (TO). Oggi ho partecipato all’iniziativa di Vaia e Co.Scienza e ho cantato alcune canzoni del mio ultimo album.

Come mai hai deciso di inserire il tema della natura in alcune canzoni nel tuo album “Cara Mia”?
Martina: In realtà è stato un processo molto naturale. All’interno dei miei pezzi non ho mai deciso preventivamente quali tematiche avrei voluto trattare e condividere. Ad esempio, nella canzone Luci accese tratto del tema della luce e del buio: non parlo solo degli alti e bassi della mia storia personale, ma affronto anche il tema della cura e della rinascita, che può essere declinato a questa iniziativa.

La quarta edizione del Festival Co.Scienza si chiude qui. La piantumazione degli alberi è stata una bella sorpresa per i partecipanti: non vediamo l’ora che crescano.

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