Giornata nazionale contro il bullismo

Dal 2017, il 7 febbraio ricorre la giornata nazionale contro il bullismo. In linea generale, questo fenomeno si definisce come una forma di comportamento sociale caratterizzata da violenza fisica, verbale e psicologica ripetuta intenzionalmente nel tempo da una o più persone nei confronti di un’altra. Il 9 febbraio, invece, ricorre il Safe internet day, ricorrenza europea per sensibilizzare sui rischi della rete, tra i quali spicca il cyberbullismo. L’ISTAT riporta che, ogni anno, circa 200 giovani entro i 24 anni si tolgono la vita e, tra le cause principali alla radice di questo gesto, spicca il bullismo. Addirittura, ad esempio, l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma ha registrato un preoccupante aumento di richieste di intervento urgenti per tentati suicidi: dalle 12 nel 2011 si sono superate le 200 nel 2018. 

Innanzitutto, esistono due categorie di bullismo, che talora possono coincidere: fisica e verbale.  La prima manifestazione, che è anche la più emblematica, è praticata da un gruppo di individui ai danni di un singolo. Questo riceve quindi sgambetti, tirate di capelli, oggetti addosso, schiaffi, pugni e calci senza avere la forza, fisica o mentale, di reagire. Quella verbale, invece, presenta caratteri più subdoli, che spesso possono portare ad uno sminuimento del problema. Tendenzialmente vengono prese imperfezioni fisiche, motorie o mentali e trasformate in soprannomi offensivi; talvolta, anche un episodio imbarazzante può essere tramutato in un epiteto sgradevole. Ma, facciamo attenzione: il fatto che qualcuno accenni un sorriso o rimanga in silenzio quando riceve determinati appellativi non significa che li prenda alla leggera come chi li dice.

Di questa precisa forma in particolare è sempre più diffuso quello che alcuni hanno definito “bullismo sessuale”: un individuo viene colpito da commenti sul proprio aspetto e sulla frequenza dei suoi rapporti in modo sistematico e con termini particolarmente offensivi. Il più colpito da questo fenomeno è il genere femminile e, ahimè, molte volte sono proprio le donne che inveiscono reciprocamente l’una contro l’altra servendosi di allusioni alla sfera sessuale. Una diffusione di questo fenomeno ad opera degli uomini è altrettanto preoccupante: identificare una ragazza esclusivamente con la propria libera vita sotto le lenzuola o le sue forme accentuate sottintende una libertà nell’uso del linguaggio (non si sa né come né quando legittimata) che può aprire le porte ad abusi fisici.

Ma il bullismo può anche essere basato sul pregiudizio e sostenersi, ad esempio, sul paese di provenienza, la religione professata o l’orientamento sessuale.  In tutti questi casi si può talvolta parlare di aggressività relazionale, che comporta manipolazioni sistematiche della realtà (per esempio con la diffusione di pettegolezzi infondati) e infrazione di confidenze tra amici al fine di acquisire popolarità a scapito di qualcun altro.

In questi anni si è fatto tanta strada anche il cyberbullismo, cioè una versione virtuale (ma non per questo non reale) di quello che abbiamo appena presentato. Su Internet e nelle varie piattaforme tutti hanno la possibilità di esprimersi. Le varie community stanno via via intensificando i controlli, eliminando commenti e pagine che incitano all’odio o alla violenza, contengono contenuti offensivi e via dicendo. Ma questo non è ancora sufficiente, perché il fatto che un commento possa essere cancellato sotto ad un post non implica che vengano eliminate, come per magia, le ripercussioni su chi l’ha letto. Una considerazione maleducata e offensiva non ferisce solo il diretto interessato, ma chiunque si trovi nella situazione di empatizzare con lui: insultando una persona per una sua caratteristica, magari qualcosa su cui non ha controllo, farà sentire male chiunque condivida quel tratto distintivo.

Il Parlamento italiano ha promulgato il 29 maggio 2017 la prima legge (nr. 71 del 2017) per contrastare questa forma di bullismo e l’ha dedicata a Carolina Picchio e a suo padre. La storia di Carolina, vittima suicida di cyberbullismo alla fragile e preziosa età di 14 anni, è purtroppo solo una delle tante.

Approfittando della giornata di oggi, possiamo inaugurare delle riflessioni che possono avere un impatto sulla vita degli altri molto più forte di quanto si pensi.

Scegliere le parole: usare a mo’ di offesa termini come down e ritardato, ad esempio, potrebbe urtare la sensibilità di qualcuno. Scambiare per sinonimi magra e anoressica, oppure far coincidere una caratteristica di qualcuno con delle conseguenze stereotipate- formosa e facile, gay e smidollato, arabo e terrorista– sono solo alcuni esempi presi dalla moltitudine esistente di errori nel linguaggio che possono far star male.

Essere gentili è l’altro grande regalo che possiamo fare a noi stessi e a chi ci sta intorno. Un sorriso, anche ad uno sconosciuto, può fare una differenza che credo chiunque di noi abbia sperimentato almeno una volta e sperato di rivivere in futuro. Fare un complimento spontaneamente, essere disponibili ed imparare ad ascoltare gli altri sono esempi di azioni veramente in grado di cambiare la vita delle persone. 

Anche per chi si trova ad essere la vittima, ascolto e gentilezza sono degli strumenti potentissimi e disarmanti. Nel commovente monologo di Massimiliano Bruno interpretato da Paola Cortellesi e Marco Mengoni risalente ad aprile 2016, Giancarlo Catino, il protagonista della storia raccontata, vince il bullismo parlando con i suoi genitori e abbracciando il più cattivo dei suoi bulli. Questa stretta è forse simbolica, ma in questi casi bisogna ricordare che nessuno può farti sentire inferiore senza il tuo consenso (Eleanor Roosevelt, 1884-1962) e che in almeno un angolo del mondo ci sarà sempre una persona pronta ad amarti e sostenerti, a patto che tu per primo inizi a farlo.

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