«Il mio ricordo di Piero Pinna, eroe profondamente antieroe»

Pietro Pinna è scomparso a Firenze il 13 aprile 2016. Abbiamo chiesto un ricordo personale e un suo ritratto a Massimiliano Pilati, presidente del Forum Trentino per la pace e i diritti umani.


FIRENZE. Scrivo queste righe in ricordo dell’amico Pietro Pinna sul treno che mi riporta a casa dopo questa lunga giornata fiorentina. In me ancora l’immenso dolore di vedere un amico dentro una bara, ma per fortuna con me c’erano i visi e il calore di molte amiche e amici che da tutta Italia sono venuti a portare il loro ultimo saluto ad una grande persona.


Ma chi era Pietro Pinna?

Pietro, Piero per gli amici, è stato uno dei primi obiettori di coscienza al servizio militare per motivi politici in Italia. Non certo il primo, ma forse il primo a fare della sua scelta un’azione politica per suscitare il cambiamento in Italia. Nel 1948 il giovane Pietro, dopo pochi mesi di servizio militare, matura la convinzione che servire militarmente lo stato sia una questione completamente contraria al suo modo di sentirsi e di vedere il Mondo.

Purtroppo, nonostante proprio in quell’anno l’Italia ottenesse la sua costituzione democratica con il ripudio della guerra tra i suoi articoli fondamentali, la scelta di non servire militarmente il proprio stato non solo non era prevista ma appariva del tutto impensabile. Il giovane Pinna viene quindi spedito in un duro carcere militare, in cella con lui anche gli stessi personaggi rei di orrendi crimini durante la seconda guerra mondiale che portarono in lui la convinzione di dover opporsi con tenacia alla preparazione della guerra.

Attorno alla scelta di Piero si crea un gruppo di supporto formato da intellettuali e attivisti politici come Aldo Capitini e ben presto l’iter processuale di Piero diventa una splendida vetrina per Piero e amici per promuovere la necessità di un servizio civile sostitutivo a quello militare e per suscitare il dibattito attorno alla violenza insensata della guerra e della sua preparazione. Di contro una vasta ala della politica e società italiana del tempo (indistintamente da destra a sinistra) si opponeva tenacemente dando a Piero e amici dei “pavidi” che non volevano servire il proprio stato. Il tutto era ben riassunto nella requisitoria della pubblica accusa: «Tutto ciò che turba l’esercito va guardato con occhio sospettoso e severo. Necessita una condanna severa, non tanto per il Pinna, quanto per i principi che voi – giudici rappresentate. Per questo chiedo che il soldato Pinna sia condannato».

L’idea di Piero è quella di servire l’Italia, ma non da militare tanto da arrivare a chiedere al giudice di essere formato, da civile, per andare a sminare i terreni ancora zeppi di mine della seconda guerra mondiale. In quei tempi non si scherzava certo, in carcere venivano negati i diritti più elementari cercando di piegare le idee “balzane” di Piero. Dopo oltre 10 mesi di carcere Piero esce ma poco dopo gli arriva una seconda chiamata alle armi alla quale nuovamente rifiuta e segue altro processo e altri 8 mesi di carcere che terminano solo grazie ad un’amnistia natalizia che Pinna cerca invano di rifiutare. Nuovamente arriva un’altra cartolina e proprio mentre Piero si prepara ad un terzo periodo di carcere (e così sarebbe stato all’infinito) ma la risonanza del processo a Piero diventa forse troppo grossa, anche perché lui tenacemente non molla, e quindi di colpo compare un foglio di congedo dovuto ad una malattia di cui Piero non soffriva. Una semplice soluzione all’italiana per togliere l’apparato militare dalle grane che il “soldato” Pinna gli stava creando. Una sconfitta sia per Piero che aveva cercato invano un modo alternativo per servire lo Stato che per il ministero della Difesa, che non era riuscito a reintegrare (e piegare) il “disertore”.

Negli anni successivi Piero fu una figura determinante nel Movimento Nonviolento, di cui fu segretario dal ’68 al ’76, e della rivista Azione Nonviolenta. Finì in carcere anche negli anni ’70 per episodi giudicati come vilipendi alle forze armate, per poi essere graziato dal presidente della Repubblica Giovanni Leone. Piero in quegli anni si rese protagonista di numerose lotte politiche, di marce antimilitariste, della pace (come la Perugia Assisi) e di azioni nonviolente, tutte volte all’ottenimento dell’obiezione di coscienza al servizio civile o contro le guerre del tempo e per proporre l’alternativa nonviolenta all’uso della violenza militare.


Il mio ricordo di Piero 

Piero è stato un incontro fondamentale per la mia vita. Giovane antimilitarista ebbi modo di leggere il suo libro “La mia obiezione di coscienza” che per me fu una rivelazione, un’apertura. Grazie a Piero la mia rabbia contro il sistema militare riuscì a saldarsi alla necessità della costruzione di un’alternativa possibile grazie alla nonviolenza. Le sue parole, semplici, spigolose ma determinanti e tenaci, furono per me profetiche e cominciai ad interessarmi di nonviolenza e dell’agire del Movimento Nonviolento.

L’impressione fu tanta che gli scrissi una lettera alla quale lui rispose poco dopo e io, giovane studente universitario a Bologna, andai a trovarlo a casa sua a Firenze con la mia compagna Francesca. Entrai in casa sua con un certo timore: avevo difronte una persona che per le sue “ragioni di coscienza” e per la sua profonda etica decise di opporsi pagando questa scelta con il carcere e la “onta” di traditore della patria. Piero invece fu splendido, di una umiltà commovente e ci fece sentire a nostro agio. Ci trattenemmo tutto il giorno pranzando con lui e la moglie Brigitte.

Di quel primo incontro (e dei successivi) mi rimangono sempre impressi i suoi occhi, vispissimi e pieni di vitalità, la sua semplicità volontaria e il suo modo di fare da antieroe (anche se per me era il mio grande eroe). Successivamente, nel 2000, da obiettore di coscienza al servizio militare proposi e ottenni dalla Caritas di Bologna dove svolgevo il mio servizio civile di confezionare con una videomaker un videodocumentario (qui sotto un brevissimo spezzone) di “incontro” tra i giovani in servizio civile e Piero. A 16 anni di distanza dalle riprese casalinghe di quel documentario provo un certo orgoglio nel sapere che tuttora viene usato in varie parti di Italia per la formazione degli attuali volontari in servizio civile.



Ma l’onore più grande è stato quello di conoscere una persona come Piero, tenace, caparbia, al limite della cocciutaggine quando si trattava di etica e di diritti da ottenere ma di una dolcezza disarmante e di una pazienza unica nell’accogliere a casa sua me e molte altre persone che andavano spesso a trovarlo per consigli e per discutere con lui della violenza del nostro mondo. Le sue parole sulla necessità di opporsi, di disobbedire e di non prestare alcuna collaborazione a questo sistema violento sono scalfite profondamente in me.

Probabilmente Piero non finirà nei libri di storia e chi l’ha conosciuto occasionalmente lo ricorderà per la sua tenacia e cocciutaggine, ma nel mio cuore c’è il suo sorriso, lo stesso che lo ritrae ventenne in manette mentre viene condotto in carcere. Non era una risata di sfrontatezza e di derisione ma un sorriso di una persona che serenamente aveva scelto di essere artefice in prima persona del cambiamento che voleva vedere nel mondo, una bella persona.

Grazie Piero, ciao.


Massimiliano Pilati
Presidente Forum Trentino per la pace e i diritti umani

Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. Maggiori informazioni

Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

Chiudi