L’antropocene è il nuovo nirvana

di Lorena Bisignano

 

L’uragano Harvey in Texas, Irma in Florida e America centrale, il tifone Hato in Cina e Hong Kong, tempeste, alluvioni, siccità, terremoti e incremento dell’attività vulcanica, incendi di dimensioni spropositate: questi sono solo alcuni dei molti disastri ambientali dovuti a qualcosa di cui ultimamente si parla un po’ di più, ma non ancora a sufficienza, e cioè il cambiamento climatico. A dispetto di quanto politici e politicanti possano dire, il cambiamento climatico è qualcosa di reale e imminente rispetto al quale è indispensabile mobilitarsi e attivarsi immediatamente.

 

Di cambiamento climatico non si parla spesso. Recentemente questa tematica è stata nuovamente portata al centro dell’attenzione da una giovane ragazza svedese, Greta Thunberg. In realtà, già nel 1896 qualcuno vi fece cenno, ma addirittura ritenendolo qualcosa di positivo che avrebbe potuto solo beneficiare l’agricoltura. Beh, insomma. Negli anni 50 del XX secolo in qualche articolo del New York Times emerse la problematica dei mutamenti climatici, problematica ancora sottovalutata e della quale si aveva poca cognizione. Insomma, uno di quegli articoli messi lì per occupare spazi di editoria altrimenti vuoti. Eppure, già in quell’articolo si sollevava la questione dei combustibili fossili, del riscaldamento globale e delle emissioni nocive.

Una data cruciale è, però, il 23 giugno 1988, quando James E. Hansen sostenne per la prima volta che l’effetto serra esiste e che muta il clima. Da quel momento in poi da più parti nel mondo accademico-scientifico si manifesta la preoccupazione per un fenomeno dalle conseguenze catastrofiche per la vita sulla Terra. L’esistenza di forme di vita su questo (nostro) pianeta è messa a repentaglio da noi.

 

Noi appartenenti al genere umano. Noi smaniosi di potere, ricchezza, comodità. Noi ingordi di energia. Noi, la cui vista è offuscata dal dio denaro. Noi irrispettosi di tutto e tutti che non noi stessi. Noi egoisti, egocentrici, cinici, spietati abitatori di un pianeta da usurpare, prosciugare della sua intrinseca vitalità. Noi specie superiore, di intelletto ineguagliabile. Sempre noi, adesso, siamo in pericolo. (Ah l’ironia della vita!). Eppure sembriamo non curarcene. Non ci importa. Per molto tempo, si è continuato a ignorare il problema nella speranza che tutto volgesse verso il meglio, e sembra che anche adesso sia così. Le nostre classi dirigenziali se ne fregano, non si curano del cambiamento climatico, ciò che conta è imporsi dazi vicendevolmente, mostrare la propria forza, sfoggiare la propria sovranità.

Sovranità.

 

Ma sovranità su cosa esattamente? Si parla sempre di sovranità. In Europa, in Russia, negli Stati Uniti d’America. Ovunque. L’attenzione di tutti è focalizzata sulla necessità di tutelare la propria sovranità, di impedire ingerenze esterne, di proteggere la propria nazione. Ma da cosa? Da tutto, o meglio da tutti, tranne che dalla minaccia più grave e impellente che ad oggi possiamo riscontrare: il cambiamento climatico. È più importante pensare ai propri confini, a non farsi ritenere dei bamboccioni da altri Paesi, a tutelare i prodotti nazionali attuando politiche protezionistiche di dubbia utilità. Ma pensate un po’: non si vuole essere definiti per ciò che, in realtà, siamo e cioè degli emeriti idioti. L’unica cosa che di più caro abbiamo e che più dovrebbe starci a cuore viene assolutamente negletta. L’ambiente, la Terra, tutto ciò che ci ha permesso di esistere quale specie vivente (vedete un po’ voi che affare), viene totalmente ignorato, lasciato nell’oblio.

 

Ci accingiamo a fare il nostro ingresso in quella che è stata chiamata l’era del maggior impatto dell’uomo sulla Terra, cioè l’Antropocene. Ma non ci curiamo realmente del nostro impatto sul pianeta, nonostante gli ormai numerosi moniti della comunità scientifica. Insomma, il messaggio non è complesso da afferrare: se continuiamo così, se non la smettiamo di fare affidamento per l’85% della produzione di energia sui combustibili fossili, provocheremo danni irreversibili alla biosfera, sicché le stesse condizioni che sinora hanno consentito la vita umana e non solo sul pianeta blu verranno meno. È un processo che è già iniziato da tempo, il WWF si sforza con tutto sé stesso di far guadagnare popolarità alle sue campagne per il salvamento delle specie in via d’estinzione – il cui numero purtroppo è aumentato drammaticamente. Lo scioglimento dei ghiacciai è un problema reale, che potrebbe portare tra qualche decennio a far sì che la punta dell’iceberg sia la sola parte di iceberg rimasta, in quanto la restante si è sciolta. Nell’ultimo periodo si sono registrate temperature più fredde in Nord America che non al Polo Nord e questo a causa del vortice polare che ha colpito quella zona del mondo. Questo fenomeno assurdo e spaventoso, checché se ne dica, è dovuto al riscaldamento globale, come spiegano gli scienziati. Quest’ultimo, infatti, destabilizza i sistemi climatici, in particolare facendo aumentare le temperature artiche, il che porta correnti di aria fredda verso le zone più a sud, nel caso di specie il Nord America. Così, il vortice polare – ossia, il sistema si aria fredda che normalmente staziona permanentemente sopra l’Artico – si indebolisce, e muove in parte verso meridione.

 

In breve, tutte le anomalie climatiche di questi ultimi tempi (v. metri e metri di neve in sud Italia e la siccità al nord, le alluvioni disastrose, gli incendi mastodontici, gli smottamenti e l’incrementata attività sia sismica che vulcanica) sono tutte causate dall’uomo e dai suoi consumi. Però, una soluzione c’è e questa è il mutamento radicale dei meccanismi di produzione e del nostro stile di vita, sì da fare maggior affidamento sulle fonti di energia rinnovabili più che sui combustibili fossili, e in generale indirizzarci ad un progressivo sviluppo sostenibile. Tuttavia, questo comporta sacrifici. Anzitutto, questa radicale riconversione è dispendiosa – e sappiamo bene quanto le nostre classi dirigenziali siano poco inclini a investire denaro se nel breve periodo non si ottengono grandi e cospicui guadagni – e soprattutto necessita un impegno consistente da parte della popolazione civile, che però momentaneamente non è abbastanza coinvolta nel dibattito politico (inesistente) in merito. Peraltro, il cambiamento climatico ha portata globale, e dobbiamo considerare che i Paesi in via di sviluppo trovano grandissime difficoltà ad adeguarsi alle convenzioni internazionali sul clima (la più recente quella di Parigi).

 

Le soluzioni, tuttavia, esistono. Si tratterebbe sì di attuare politiche di radicale cambiamento, ma non è impossibile immaginare ecotasse e altri incentivi per uno sviluppo ecosostenibile e un maggiore impegno degli Stati sviluppati nell’aiuto –mediato dalle agenzie ONU-  ai Paesi in via di sviluppo, a che essi avanzino tecnologicamente seguendo il binario dell’ecologia.

 

Intanto, continua l’indifferenza dei potenti. Ma in fondo si sa, il cambiamento climatico è solo un’altra strampalata invenzione – al pari delle scie chimiche – di qualche strana manina di qualche lobby nascosta. Il cambiamento climatico non esiste. Il riscaldamento globale? In USA abbiamo avuto picchi di -42°, che percezione del caldo avete esattamente? La specie superiore, quella col più acuto intelletto, non si lascerà abbindolare da qualche scienziato pazzo con maniacali deficit di attenzioni: bisogna pensare alle cose serie. Bisogna tutelare la sovranità. Bisogna preservare il valore attribuito a pezzi di carta colorati, ché tanto non ci crede nessuno che le deforestazioni ci porteranno alla morte. L’Antropocene è il nuovo nirvana.

lorena bisignano

Studentessa di giurisprudenza.

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