Elezioni in Grecia, prequel e sequel di un voto estivo

2009 – 2015

Domenica 7 luglio 2019 si sono tenute le elezioni politiche in Grecia, ma la “rincorsa” per queste votazioni è iniziata dieci anni fa. Come spiegato nel nostro articolo «La Grecia, dalla crisi alla rinascita» (consultabile online e sull’edizione cartacea n. 9 de l’Universitario), le tappe che hanno portato all’attuale situazione socio-economica ed ai conseguenti risvolti politici iniziano nel 2009, quando George Papandreou (PASOK, socialisti), annuncia che i conti della Grecia sono stati truccati dal precedente governo; era noto che fossero state operate delle distorsioni per poter entrare nella zona euro dell’UE già dal 2004, ma non ne si conosceva l’entità. Dal 2010 le vicende che hanno riempito la cronaca internazionale: l’istituzione della Troika (cioè l’unione di BCE, FMI e UE), il piano di austerità per ridurre corruzione, evasione fiscale e spreco di risorse pubbliche, il primo e il secondo prestito per il “salvataggio” (110 e poi 130 miliardi), il mancato referendum e le dimissioni di Papandreou. Si inizia a parlare della cosiddetta “austerity”. Seguono alcuni anni di assestamento, sotto il governo di Lucas Papademos, ma il PIL della Grecia inizierà a crescere, dello 0,7%, solo nel 2014. Nel 2015 diventa Primo ministro il famoso Alexīs Tsipras (SYRIZA, Sinistra Radicale), che avanza risposte “radicali” ai creditori (n.d.r. di questa elezione fornisce una simpatica rappresentazione il Terzo Segreto di Satira, dal punto di vista italiano, nel video L’uomo di Sinistra).

La situazione è critica, non solo per la debole crescita, ma perché questa è costata immani sacrifici, di occupazione, protezioni sociali, ricchezza privata, welfare, financo della salute dei cittadini greci. Nel frattempo Tsipras cerca di rinegoziare gli accordi, fa saltare un pagamento che ferma il credito alla Banca Centrale greca, dopodiché promuove un referendum sulle proposte avanzate da BCE, FMI e UE durante l’Eurogruppo del 25 giugno 2015:

Il “piano dell’austerity” viene sostanzialmente bocciato. Tuttavia, nonostante il risultato della consultazione referendaria, nel luglio del 2015 si trova un accordo coi creditori.

2015 – 2019

Nel luglio 2019 la sinistra di Tsipras lascia la maggioranza ad un’altra forza politica, il centrodestra liberale e tecnocratico del laureato ad Harvard Kyriakos Mitsotakis (Nea Dimokratia). Il distacco però non è molto: si attesta a circa l’8% (a voti ancora non totalmente scrutinati), e sia SYRIZA sia Nea Dimokratia sembrano superare il 30%. Alcuni analisti politici notano come, in seguito alla crisi finanziaria del 2008, quasi nessun paese abbia preferito il bipolarismo alla frammentazione; ciò rende queste elezioni un unicum ancora da decifrare. Per l’appunto, già la mattina dopo le elezioni i primi tentativi di interpretare il voto prendono corpo: per alcuni si tratta di normale alternanza democratica, mentre per altri SYRIZA ha perso consensi perché ha penato a “far cassa”, invece che rispettare la volontà referendaria del 2015 e opporre una politica espansiva all’austerity di Bruxelles (n.d.r. politica economica suggerita dalla Germania, che nella narrazione popolaresca è arrivata a somigliare a Grima, il malevolo consigliere del sovrano di Rohan ne Il Signore degli Anelli). Per altri l’opposizione a Bruxelles e le varie strategie negoziali (tra le quali la famosa “strategia del coniglio”) messe in campo da Yanis Varoufakis, Ministro delle Finanze nel 2015, sono state inefficaci e rischiose, e il cambio di rotta di Atene è avvenuto troppo tardi. Secondo i più critici, amanti dei retroscena loschi, i progetti di privatizzazione messi in campo da Tsipras sono stati gestiti male o hanno favorito amici e parlamentari di SYRIZA. Qualcuno infine punta il dito sul mancato “patriottismo” con cui è stato gestito il caso Macedonia (regione greca settentrionale) – Repubblica della Macedonia del Nord / FYROM, in seguito al voto referendario macedone che ha animato le piazze greche. Quot homines, tot sententiae.

Questo voto estivo insomma ha riaperto le analisi politiche, sociali ed economiche sulla Grecia, che andavano molto di moda prima che l’attenzione venisse catalizzata dall’affaire Brexit.

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