Birds – Il gioco degli specchi

L’integrazione avviene in tanti modi, ovunque e di continuo. Integriamo una persona nel nostro gruppo di amici o di colleghi; solitamente chi ci piace, ma ogni tanto anche chi non ci piace. L’integrazione va a braccetto con la comunità; è dal verbo integrare che l’uomo acquisisce il suo capitale sociale. Spesso però, soprattutto oggi, molti ne mettono in discussione il valore. Ma solo con alcuni tipi di persone.

Birds- il gioco degli specchi è uno spettacolo che si è tenuto al teatro Sanbapolis venerdì 5 luglio, e che ha visto protagonisti studenti universitari e richiedenti asilo. Ideato da Ilaria Andaloro e Fabio Gaccioli, è stato curato dall’associazione culturale Il gioco degli Specchi, in collaborazione con l’Opera universitaria di Trento e la cooperativa Kaleidoscopio. Il tema era proprio dare voce alle storie di chi ha voluto mettersi in gioco. Yusuf, Prince, Mamadou, Suliman, Sharif, Alpha, Amin, ragazzi ospiti alla Residenza Fersina, sul palco non erano differenti rispetto alle loro compagne universitarie. Insieme hanno dato vita ad uno spettacolo, frutto di scambio di idee reciproco che a mio avviso ha sintetizzato bene tutti i pensieri e gli stati d’animo che viviamo in questa fase storica. Questo progetto, che ha visto due realtà diverse incontrarsi, è denominato “Ascoltare i silenzi” ed è partito tre anni fa con lo scopo di portare sul palco storie di vita vera. Quest’anno ci si è concentrati sull’immigrazione, coinvolgendo gli studenti. Le ragazze che hanno partecipato – Benedetta Arrighini, Anna Berlingieri, Anna Caprinali, Arianna Geminiani, Angelica Ignisci, Angela Lamacchia, Cristina Marini, Ludovica Schiavone e Selma Skalli – lo hanno fatto per motivi diversi. Alcune volevano fare teatro, altre semplicemente volevano conoscere la realtà della residenza Fersina.

Sul palco si è potuto vedere che l’integrazione è una cosa naturale, e che i confini che oggi mettiamo sono solo nelle nostre teste. “Il progetto ci ha insegnato che l’integrazione è possibili e che sicuramente è meno impegnativa di come la fanno sembrare” ci ha detto una delle attrici, Angela Maria Lamacchia “È una realtà comune, e non richiede impegno riconoscere un essere umano come tale”.

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