Tagli alla Cooperazione Internazionale: l’acre trofeo della Giunta provinciale trentina

In questi giorni al Palazzo della Provincia si è discusso il primo assestamento di bilancio della Giunta Fugatti. Tra urla, insinuazioni e “bacioni” non sono mancati momenti di tensione, sfociati in un ferreo ostruzionismo da parte dei consiglieri di minoranza. Il punto più controverso della discussione ha riguardato l’abolizione della quota fissa dedicata alla cooperazione internazionale: lo 0,25% del bilancio destinato al finanziamento di progetti per l’assistenza e lo sviluppo di Stati più fragili, curati da organizzazioni trentine, e riconosciuti come eccellenze a livello internazionale. Ne ho parlato con Pierino Martinelli, presidente dell’associazione FArete e direttore della Fondazione Fontana, che da vent’anni segue progetti sociali in Kenya e gestisce la testata online Unimondo.

Cos’è FArete? È una realtà associativa di 53 organismi di cooperazione internazionale trentini, nata da un percorso iniziato due anni fa con l’obiettivo di portare le organizzazioni ad una collaborazione più stretta. Ciascuna realtà opera sul piano della cooperazione internazionale, in tutti i continenti e con diversi scopi. Alcune si occupano anche di educazione alla cittadinanza globale in Trentino. 

Cos’è cambiato nel mondo della Cooperazione trentina da quando si è insediata la nuova Giunta? Lo scorso Dicembre sono state sospese le approvazioni delle domande e le concessioni di finanziamento alle associazioni, per consentire al nuovo esecutivo di approfondire la materia della cooperazione internazionale e revisionare le linee guida. Progetti che avevano già superato una prima approvazione per l’attribuzione di contributi sono stati così bloccati. Questa prassi è legittima se la valutazione non impiega un tempo eccessivo, ma la delibera di rilascio dei fondi è arrivata una settimana fa. Nel frattempo, chi aveva cominciato le attività ha dovuto fermare tutto ed è rimasto nell’incertezza. Ad aprile sono uscite delle linee guida, redatte senza aver mai interloquito con le associazioni, che ci hanno lasciati perplessi. Tra le altre cose, si è imposto alle organizzazioni di recuperare da sole almeno il 50% dei fondi, ricavandolo da privati. L’idea che sottende questi criteri è che si vadano ad esportare i prodotti di aziende locali nei paesi in cui i progetti vengono realizzati. Questo è anomalo: se un’azienda trentina ha qualcosa da dire sul settore in cui si cerca di intervenire non c’è assolutamente niente di male nel creare una partnership- sempre che accetti di farlo in modo coerente agli scopi del progetto- ma la Cooperazione Internazionale ha primariamente altri fini, non è al solo servizio della politica estera. Si vuole delegare al mercato la selezione, ma non è detto che le capacità di marketing di un’organizzazione corrispondano alle sue capacità di realizzare dei buoni progetti. Queste scelte hanno dimostrato poca conoscenza del settore e un’aspettativa irrealistica sul ruolo dei privati e delle aziende. Noi ci siamo sempre detti disponibili a condividere le nostre conoscenze ed esperienze per migliorare il sistema, ma abbiamo avuto una sola occasione di confronto, durante la quale abbiamo cominciato ad esporre i nostri dubbi e a proporre delle alternative. In seguito, è stata ufficializzata la volontà di abolire la quota dello 0,25% del bilancio devoluta al nostro settore. Sono vent’anni che il presidente Fugatti parla di abolire questa misura, anche se incide in maniera irrisoria sul bilancio complessivo. Ce lo aspettavamo. Per opporci non possiamo fare granché, non possiamo scioperare ad esempio, ma continuiamo a cercare il dialogo con il presidente, come lo abbiamo sempre cercato con tutti: è parte del nostro lavoro. Il 23 Luglio abbiamo manifestato sotto il Palazzo della Regione, proprio nel momento in cui iniziava la discussione del Consiglio. Nel frattempo stiamo pubblicando online le storie delle nostre organizzazioni, per descrivere a tutti il lavoro svolto nel mondo, con il contributo della realtà territoriale trentina e della provincia. (ndr: vedi foto in basso).

Avete presentato richieste specifiche? Innanzitutto chiediamo gradualità: se la Giunta vuole essere coerente con le sue affermazioni e contribuire alla crescita di un settore che, a suo dire, si è seduto sugli allori, non può partire da uno shock che riduce così drasticamente le risorse. Una riduzione graduale, che permetta di attrezzarsi per trovare altrove i fondi mancanti, sarebbe coerente con il perseguimento di una politica di sviluppo. La seconda richiesta è quella di attuare misure di potenziamento: se si pensa che il settore abbia bisogno di crescere bisogna supportarlo nella crescita, non tagliare i fondi. Ad esempio, si possono incentivare le aziende a collaborare con le organizzazioni della cooperazione internazionale, e supportarci nella comunicazione per dare risalto ai nostri progetti. Infine chiediamo un tavolo di concertazione che permetta di fare scelte non calate dall’alto o basate sull’impatto mediatico, ma decise dialogando ed in base alla loro efficacia e applicabilità.

Quale impatto ha al momento la quota destinata alla Cooperazione Internazionale sul bilancio complessivo? Lo 0,25% di un bilancio di circa 4 miliardi e mezzo equivale circa a 11 milioni. Se andiamo a dividere questa cifra per il numero di abitanti della provincia di Trento, abbiamo circa 21 euro l’anno a testa all’anno.  Sono 1,8€ al mese: meno di 2 caffè. Dire che il bilancio della provincia dev’essere speso TUTTO per i bisogni dei trentini, togliendo anche questa percentuale minima destinata alla solidarietà, non influisce davvero sulla risoluzione dei problemi locali. Mi spiego: è fondamentale prodigarsi per le istanze di chi è in difficoltà nel nostro territorio, ma se le cifre in gioco sono queste è una scelta di bandiera.

La scelta di tagliare i fondi è stata giustificata facendo riferimento a “discutibili” progetti per la Solidarietà Internazionale, al “vederci del marcio”, a progetti che “dovrebbero essere sottoposti alla corte marziale più che alla Corte dei Conti”, ad un uso “probabilmente distorto delle risorse pubbliche”, all’aver assistito negli anni “ad un uso cinico e sconsiderato del termine solidarietà per giustificare progetti più funzionali a chi li propone che ai destinatari”; queste affermazioni sono basate su episodi specifici? Non vorrei dare l’impressione che le organizzazioni di Cooperazione Internazionale trentina siano esenti da difetti. Ci possono essere stati degli errori da parte di qualcuno. Però che ci sia stata una volontà esplicita di compiere quanto ci viene addebitato, mi sento di escluderlo. A parte forse un paio di casi (risalenti a più di 10 anni fa) segnalati dall’amministrazione all’autorità giudiziaria; il che dimostra che l’amministrazione era ed è attenta a queste situazioni, e che il sistema è in grado di riconoscere le mele marce. Le affermazioni sopracitate andrebbero circostanziate, altrimenti si tratta di una macchina del fango. Per fare un esempio, è stato tirato in ballo un progetto riguardante la marsupio-terapia in Vietnam. Mi viene da dire che hanno preso il primo nome un po’ strano che hanno trovato per dire che questi progetti non hanno significato. L’Associazione di Neonatologia trentina ha voluto rispondere alle affermazioni screditanti e spiegarne l’importanza: si tratta di una tecnica medica utilizzata per cercare di salvare i bambini nati prematuri, laddove non ci sono i soldi per le incubatrici. Sono state richieste spiegazioni in merito a simili affermazioni, facendo presente che laddove si riscontrino usi impropri dei finanziamenti pubblici, questi devono essere segnalati dall’amministrazione alla Procura. Noi ripetiamo che, se ci sono delle evidenze, siamo i primi a volerlo sapere e a volerne prendere le distanze, perché sono fatti che fanno male all’intero sistema. Non ci aspettiamo affermazioni basate su presunzioni, o su sentito dire, da profili istituzionali. Se non sono circostanziate, sono un’iniezione gratuita di sfiducia in un settore che fa della fiducia il suo capitale. 

Sono stati cancellati anche i finanziamenti per i progetti di Cittadinanza Globale nelle scuole. Di cosa si tratta? La Cittadinanza Globale mira a fornire ai ragazzi competenze solitamente collegate alle Agende ONU, ossia agli obiettivi di sviluppo sostenibile e ai diritti civili. Sono stati ritenuti “non meritevoli di essere finanziati”. Il motivo non lo capisco, certo è che l’idea che tutti siamo uguali e abbiamo uguali diritti fa a pugni con l’idea del “prima qualcuno”, siano gli italiani o i trentini. 

Si è detto che serve meno professionalità e più “solidarietà vera” nei settori della cooperazione internazionale, etichettando come un fatto negativo che alcune persone “vedano il settore come un’occasione per trovare un’occupazione”. Affermazione interessante, soprattutto perché proviene dall’assessore allo sviluppo economico e al lavoro. Non è stato ancora sdoganato il fatto che, anche nella cooperazione internazionale, per mettere in piedi progetti di qualità è necessario investirci molto tempo, risorse e professionalità. L’esempio della sanità è lampante: sono importantissimi i volontari a guida delle ambulanze, ma ci vuole la professionalità di un medico per le operazioni chirurgiche. Si esige che i progetti abbiano un impatto reale, siano efficienti e ben coordinati, ma perché questo sia possibile deve crearsi una sinergia tra volontariato e professionismo motivatoFare questo lavoro al nostro livello non è assolutamente un’opportunità per sistemarsi grazie ad un impiego ben remunerato: le paghe sono sotto la media di qualsiasi altro settore. Non è la remunerazione che ci fa fare quella scelta, è la passione per i progetti che seguiamo. Far parte di un’ONG una volta significava motivazione, sacrificio, un tentativo di dare risposta a bisogni globali, mentre oggi sembra quasi che ci si debba vergognare a rientrare sotto questa sigla, perché si assume continuamente che ci sia del marcio dietro ad ogni progetto. Questo è un danno enorme. Se gli attori della società non possono fidarsi gli uni degli altri creiamo un sistema disfunzionale. Come si può chiedere, come fa questa amministrazione, che le aziende investano nei progetti di cooperazione internazionale, se al contempo si continua ad insinuare che i nostri progetti sprecano denaro e sono inutili? La fiducia vale tantissimo negli investimenti. 

Ci sono progetti che prevedono la partecipazione di studenti universitari o neolaureati? Risentiranno dei tagli? Certo che sì. Ci sono neolaureati che portano contributi professionali, ma spesso vengono proposti scambi a costo zero, per dare la possibilità a studenti e laureandi di svolgere tesi o tirocini, servendosi dell’organizzazione come un tramite protetto.  Cerchiamo di collaborare con l’Università attivamente e indichiamo le competenze necessarie in questi settori. È chiaro però che se non possiamo far partire i progetti, non possiamo nemmeno coinvolgere gli studenti che vorrebbero parteciparvi. Inoltre, ritengo paradossale formare professionalità (come fa ad esempio la Scuola di Studi Internazionali), e poi sminuirne le capacità, trattando chi vuole lavorare in questo mondo come se fosse un approfittatore. 

La Giunta è risultata inflessibile su questo tema, ritenendolo uno dei punti fondamentali del mandato affidatole dai trentini. Eppure, oltre alla vostra associazione -che al suo interno ne ricomprende 53- e a tutte le altre che si occupano di Cooperazione, si sono opposte ai tagli le ACLI, la FEDERCOP, la CGIL, e anche 41 professori universitari che hanno firmato una lettera aperta contro questa iniziativa. Inoltre sono moltissimi i trentini che si dedicano ad attività di volontariato. È possibile che sia veramente questa la volontà della popolazione? Io non credo che tutti i trentini che hanno appoggiato questa Giunta intendessero appoggiare anche la misura dell’abolizione dello 0,25% del bilancio. Per esperienza, posso dire che nelle nostre associazioni ci sono rappresentanti di tutte le forze politiche. La solidarietà è una scelta trasversale e sono sicuro che sia nel DNA dei trentini, se non degli esseri umani. Tant’è che le adozioni a distanza, la forma più semplice di solidarietà internazionale, sono diffusissime. Molte persone, dove vedono un bisogno, hanno l’istinto di aiutare. Alcuni purtroppo, spinti dalla credenza che dove ci sono i soldi c’è il marcio, finiscono per prendere le distanze dal mondo della Cooperazione Internazionale. Mi piacerebbe provare a fare una specie di censimento per strada, al mercato…e chiedere alle persone se secondo loro sia giusto destinare questa piccola quota ai bisogni delle persone più sfortunate nel mondo. Credo che moltissimi direbbero di sì, indipendentemente dal credo politico. Quando queste scelte diventano parte di un’ideologia o di una battaglia di partito, si perde il collegamento con la realtà e si arriva a dire “mi hanno votato per questo”. Io non credo sia così.

Nella logica escludente del “prima qualcuno”, si finisce per forza di cose a trovarsi dalla parte sbagliata, prima o poi.  O della vita, o della storia.

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