“Perché me ne infischio delle mode!”

Così esordiva Lucio Battisti in un’intervista nella quale il giornalista gli chiese per quale motivo le sue canzoni fossero sempre alla moda.

Impossibile non conoscere e non apprezzare frasi come “Fino a quando gli occhi miei avran luce per guardare gli occhi tuoi”: dallo scorso 29 settembre le canzoni del grande cantautore sono finalmente disponibili in streaming e viene da chiedersi per quale motivo i capolavori frutto del sodalizio Mogol-Battisti abbiano tardato ad approdare sulle piattaforme digitali. In realtà Battisti è sempre stato un “colosso muto”: pochi sono stati i suoi concerti e il mercato non è mai stato il suo obiettivo principale, come dimostra il visionario album “Hegel”. La sua voce inconfondibile, tecnicamente imperfetta ma strepitosamente vera e vibrante, è entrata nelle nostre case in punta di piedi ed è stata portavoce dell’amore, quello con la A maiuscola.

Viene tuttavia da domandarsi: possono questi brani essere ancora considerati attuali? In un mondo in cui pare che la razionalità sia la sola a meritare credibilità, dove ogni informazione è a portata di click e il piacere dell’attesa e della ricerca sono azzerati, ecco che “morire in un momento” per uno sguardo rubato stride e pare una debolezza alla quale ci sottraiamo attentamente. La scienza, che si è meritatamente conquistata il privilegio di darci risposte su buona parte di ciò che accade nell’universo, afferma che l’amore dura per il periodo di tre anni nel quale il nostro cervello libera ossitocina e dopamina. Ma se questo è vero, ci illudiamo ancora che un amore possa “durare quanto il mondo” come recita Battisti, solo per masochismo? In realtà il nostro è il bisogno squisitamente umano di desiderare qualcosa che duri per sempre. L’obiettivo è quello di trovare un equilibrio- “sopra la follia”, per citare Vasco Rossi- senza accettare quella che è una caratteristica imprescindibile dell’esistenza: la precarietà. La favola del “vissero per sempre felici e contenti” racchiude in sè il desiderio di trovare qualcuno che ci aiuti a sfuggire alla solitudine. Se l’amore dura tre anni, la nostra fuga dalla solitudine dura tutta una vita. In quest’ottica assume un significato particolare anche la frase “è troppo grande la città per due che come noi non sperano, però si stan cercando”. Proviamo costantemente una tensione verso l’altro; la sensazione di solitudine che ci tormenta quando viviamo la sua assenza va al di là del semplice innamoramento, ma si fonde al nostro perpetuo tentativo di riempire un vuoto.

Ridurre però le canzoni di Mogol-Battisti al tema dell’amore sarebbe troppo superficiale. I loro brani sono anche una critica alla società, “alle accuse della gente, a tutti i suoi retaggi indifferente” e risulta impossibile non rivedersi in quella voglia di evasione da un mondo che “prigioniero è”. Gli anni ’70 hanno sicuramente suscitato malcontento e talvolta paura in una società che ancora attraversava la Guerra Fredda, dove il terrorismo nero si faceva largo come una crepa oscura. La situazione attuale è ben diversa, ma in fondo l’ideale di “società giusta” alla quale l’uomo tende dall’inizio dei tempi è ancora troppo lontano per non percepire le parole di Battisti come incredibilmente attuali. Lo saranno sempre, poiché “la bestia dei fantasmi del passato cadendo lascia un quadro immacolato”. Ogni giorno è un nuovo inizio, una nuova speranza che non è stata intaccata dal passato. Si sa che l’uomo è recidivo e difficilmente impara dai propri errori. Tutti noi conviviamo ogni giorno con i nostri sbagli, con la paura di ricadere nei vecchi schemi. Per questo la nostra mente si tormenta “a giocar coi suoi tarli”, per citare il celebre brano “I giardini di marzo”.

Gli esempi di emozioni che emergono dalle canzoni di Mogol-Battisti sono infiniti, e l’attualità delle loro canzoni risiede proprio in questo: nella capacità di toccare le corde dell’animo umano che sembrano più slegate dal controllo della ragione e che trascendono spazio, tempo, gusti musicali e arrivano dritte all’ascoltatore. È lo stesso motivo per cui ci possiamo rivedere in una riflessione di Schopenhauer o in una poesia di Leopardi.

Tralasciando i temi affrontati nei loro brani, da un punto di vista musicale le canzoni del sodalizio Mogol-Battisti possono ancora essere definite attuali, nel senso più intrinseco del termine. Spesso si confonde “ciò che è attuale” con “ciò che è alla moda”. Sicuramente non si possono considerare alla moda: un adolescente che ascolta per la prima volta “La collina dei ciliegi” probabilmente cataloga la canzone come datata, obsoleta e a tratti fonte di ilarità, per lo stacco temporale che la separa dalle sue abitudini musicali. Ma una certa nota, un certo strumento, un assolo particolare inserito al momento giusto non sono questioni di “moda”. Toccano la stessa parte dell’animo umano che viene toccato dalle parole legate alle emozioni.

Ecco perché inserire questi capolavori della musica italiana in streaming è un ottimo modo per rendere omaggio a due artisti che possiamo senza ombra di dubbio considerare poeti, ma anche per rivivere e far conoscere una musica che arriva dritta all’ascoltatore e smuove qualcosa in lui, fine ultimo di qualsiasi forma d’arte.

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