Ipermestra: tra amore e dovere

«Che a vincere il mio core /Dell’armi di ragion si valse Amore»

P. Metastasio, Ipermestra, Scena I Atto I, 1744

Nella tradizione greca hanno grande importanza le Danaidi, le cinquanta figlie di Danao scappate con lui dalla terra natia poiché lo zio Egitto voleva imporre loro i suoi cinquanta figli come mariti. Le donne approdano ad Argo inseguiti dai pretendenti e cercano rifugio presso il re Pelasgo, che le accoglie, ponendosi come rappresentante dell’ordine e della grandezza delle poleis greche e salvandole così dalle barbarie dei figli d’Egitto. Tuttavia quest’ultimi, forti di un esercito, tornano a reclamare le spose; il padre è costretto a cederle ma fa promettere loro di uccidere i mariti la prima notte di nozze, cosa che le donne fanno.

Questo mito trova la sua massima espressione nella tragedia Le Supplici di Eschilo: il drammaturgo greco rappresenta il dramma delle figlie di Danao, costrette all’esilio per sfuggire alla violenza degli uomini che vorrebbero concepire con loro il figlio che secondo l’oracolo ucciderà Danao, ma decise a preservare la loro dignità e la libertà di donne.

Efimnio II: Alta semenza di nobile grembo /eluda il letto dei maschi /non sposa, non schiava

L’omicidio degli egittiadi appare quindi giustificato e giustificabile, perché inteso come dichiarazione d’indipendenza dalla prepotenza degli sposi indesiderati.

Tuttavia solo quarantanove delle cinquanta figlie ubbidiscono al padre: Ipermestra, innamoratasi del marito Linceo, decide di salvarlo e resta quindi incinta. Sebbene la scelta della donna possa sembrare la negazione della propria personalità, essa è al contrario l’affermazione della stessa: la donna s’impone e rifiuta la legge del padre-padrone, imposta per un egoistico tentativo di salvaguardare la propria persona e non la famiglia. Attraverso il congiungimento con Linceo, Ipermestra sopperisce inoltre al primitivo ed indispensabile bisogno di amore.

Esplicativa in questo senso è la scelta di Boccaccio di inserire la figura dell’eroina greca nel De Mulieribus Claris, interpretando la decisione di disattendere la volontà di Danao come espressione estrema della rettitudine morale della donna, diversa dalle sorelle che invece compiono la strage dei figli d’Egitto. Il padre diventa qui esclusivamente carnefice che tenta di «allungare la sua vecchiezza con le piaghe dei viventi figliuoli».

E’ proprio la peculiarità del personaggio di Ipermestra che viene messa in risalto nell’opera omonima di Pietro Metastasio. Qui scompaiono le quarantanove Danaidi e l’eroina acquista così una propria statura: s’impone sulla scena e mostra il suo dilemma tra l’amore puro nei confronti dell’egittide e il dovere filiale che la obbliga anche al più empio dei delitti, secondo l’ottica greca-arcaica, ovvero l’omicidio del coniuge. Giunge anche a considerare la possibilità del suicidio, vedendolo sia come un castigo che come atto di pietà: è incapace di ignorare le sue pulsioni opposte e vivere sapendo di aver sacrificato l’amato così come non può sopportare di sopravvivere con l’odio del del padre, sapendo d’averlo condannato alla morte predetta dall’oracolo. L’opera di Metastasio si conclude però con il “rinsavimento” di Danao, che dinnanzi all’ostinazione della figlia, sul punto di uccidersi perchè incapace d’uccidere l’amato, si oppone tra l’ira di quest’ultimo e il genitore.

IPERMESTRA:[..] al sagrifizio / Sopravviver non so. /Se i merti suoi, /Se l’antica sua fé, se un cieco amore, /Se la clemenza tua, /Se le lagrime mie da te non sanno /Ottenergli perdon,[…]/Mora Ipermestra ancor. Debole, io merto/Questo castigo; e, sventurata, io chiedo /Questa pietà. /Troppo crudel tormento /La vita or mi saria; finisca ormai. /A salvarti bastò: fu lunga assai. DANAO: Non più, figlia, non più: tu mi facesti/Abbastanza arrossir. Come potrei /Altrui punir, se non mi veggo intorno /Alcun più reo di me? Vivi felice, /Vivi col tuo Linceo.[…]

Il Danao di Metastasio ritorna ragionevolmente, quindi, a una condizione umana: non più impaurito dalla possibilità di perire, accetta la morte come conseguenza necessaria della vita, essenziale per il mantenimento e la conservazione della stirpe.

Nella versione proposta da Eschilo, esposta nella tragedia perduta Le Danaidi, che doveva concludere la trilogia composta da Le Supplici e Gli Egizi, il personaggio di Danao non subisce un’evoluzione positiva. Al contrario si contorce nella propria ostinazione e minaccia di uccidere Ipermestra, l’unica tra le figlie che gli ha disobbedito e che ha risposto alla legge dell’amore universale. Questo era il filo che collegava le tre tragedie, come spiegherà alla fine la stessa Afrodite negli unici frammenti pervenuti:

AFRODITE: Il sacro cielo sente il desiderio di penetrare la terra, la terra desidera le nozze: la pioggia, figlia del cielo, feconda la terra ed essa genera agli uomini le greggi e il frutto di Demetra, e i germogli di primavera maturano da queste umide nozze: di tutto ciò io sono la causa.

E’ solo l’intervento di Linceo attraverso l’uccisione del suocero che scongiura il figlicidio, delitto per il quale nessuno dei due amanti verrà perseguitato, ma anzi, stando anche a quanto racconta Igino in Fabulae, alla coppia verrà dedicato un santuario in quanto esempio di dedizione e amore coniugale.

Ipermestra non è quindi solo l’ennesimo modello greco specchio di un femminino asservito al maschio: attraverso la sua scelta consapevole la donna si pone su un piano superiore anche rispetto alle sorelle, che ubbidiscono ciecamente alla volontà paterna e per questo verranno condannate dagli dei. In questo modo Ipermestra dimostra d’essere, pur nello spazio limitato assegnatole, interamente libera.

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