Aperto il bando per ‘L’ateneo dei racconti’: ce ne parla il vincitore in carica, Victor Zanlucchi Maevschij

“L’ateneo dei racconti”, concorso letterario organizzato dall’Opera Universitaria, è ormai giunto alla sua nona edizione. L’intento del premio letterario è quello di “promuovere e valorizzare, tra gli studenti universitari, la scrittura e l’invenzione letteraria, ponendo il focus sui racconti brevi come strumento ‘su carta’ per costruire mondi, esprimere realtà o fantasie e condividerle con gli altri”

I partecipanti dovranno inviare il proprio racconto entro il 20 dicembre e i dieci finalisti del concorso avranno l’occasione di sfidarsi realizzando una rappresentazione teatrale del proprio lavoro presso il teatro Sanbàpolis di Trento. I migliori racconti verranno infine premiati nel corso di tre serate da più giurie- due studentesche e una letteraria e teatrale di esperti- che conferiranno il premio alla migliore performance ed al miglior racconto. 

In attesa della nona edizione del concorso, l’Universitario ha intervistato Victor Zanlucchi Maevschij, studente di Filosofia e vincitore dell’ottava edizione del premio.

Victor mi incontra all’Urban Coffee Lab di Trento e mi offre un cappuccino, “tu pensa a darmi un’immagine positiva nell’articolo, al caffè ci penso io”, scherza. Allora, mentre beviamo il caffè, inizio a tempestarlo di domande.

Parlaci di “In generale beveva”: di cosa tratta il racconto con cui hai vinto l’ottava edizione del premio letterario di ateneo?

Beh, seguendo un po’ i consigli di Stephen King, è meglio lasciare la trama per ultima. Se costruisci una trama troppo complessa, troppo artefatta, in un qualche modo quella ti limita: scrivi in funzione della trama e quindi non sei più libero di creare la storia che vuoi.

Però se proprio ne dobbiamo parlare, ‘In generale beveva’ è la storia di un ragazzo intenzionato a suicidarsi, che si reca presso la riva di un fiume, il nostro Adige, e si imbatte in un vecchio alcolizzato. Il vecchio è un po’ l’incarnazione del cinico, infatti quando viene interpellato dal giovane sulla frase che potrebbe riassumere la sua vita, risponde “in generale beveva”.

Alla fine del brano il vecchio riesce a dissuadere il giovane dall’uccidersi offrendogli un consiglio, anche semplice, “aspetta che finisca, la vita è come un film, stai in sala fino alla fine e poi se ti fa schifo vai e sputa in faccia al regista, tanto il biglietto non te lo rimborsano lo stesso”

Da dove nasce la tua passione per la scrittura?

È una passione abbastanza recente, anche perché sono cresciuto in un paesino di 380 abitanti dove l’unica attività era mungere le mucche. Poi a quattordici anni mi sono appassionato alla letteratura ed ho incominciato a scrivere un po’ per sfida. Leggevo romanzi e mi dicevo “volendo potrei scriverlo meglio io questo pezzo qua”. Allora ci ho provato, mi sono messo in gioco, all’inizio appunto provando a riscrivere pagine di romanzi che mi piacevano.

I protagonisti del racconto sono due emarginati sociali. Che cosa ti ha indotto a raccontare la loro storia?

Ho preso spunto da Dostoevsky che è sempre stato il mio scrittore preferito. Alcuni mi hanno detto che nella figura del vecchio ci può essere il Santo Bevitore di Joseph Roth, però sinceramente non ci avevo pensato.

L’idea è più che altro partita dall’impressione che ho sempre avuto che vivendo ben inseriti all’interno di un meccanismo, di un ingranaggio, quello della società, non riusciamo bene ad averne una cognizione. Quindi l’unico modo per avere uno sguardo più ampio è proprio quello di starne fuori, ai margini. Sono queste persone, quelle che provengono dal ‘sottosuolo’, che hanno modo di osservare lo scorrere della vita umana e possono ravvisare cose che a noi sfuggono.

Hai qualche rimorso? Se potessi tornare indietro cambieresti qualcosa del racconto che hai portato al concorso?

Tutto direi. Diceva Proust che moriamo e rinasciamo ogni giorno, quindi quello che ho scritto ieri oggi non mi va più bene. In generale quello che scrivo riesco a tollerarlo e a rileggerlo i primi 2-3 giorni, poi proprio no. È un rifiuto totale, anche perché credo che non ci si debba mai fermare. Io cerco sempre di apprendere nuovi stili di scrittura. 

Poi ho fatto la classica stronzata che fa lo scrittore dilettante che è quella di piazzarti la morale alla fine. Che è un errore da non fare. Una cosa di cui sono soddisfatto è il dialogo, il resto un po’ meno.

Scrivi anche poesia?

Sì, ma è una cosa che condivido meno,  ne ho pubblicata qualcuna su Instagram, ma per fare il figo più che altro. Anche perché tendo a leggere tanto in prosa. Quando scrivo prosa non sono così emotivamente coinvolto, racconto esperienze anche di altri. Invece con le poesie è proprio uno sfogo emotivo, mi risulta più difficile.

Hai qualche consiglio per altri giovani scrittori?

Il consiglio che do è di non scrivere, di bersi una birra e di divertirsi che è molto meglio. Scrivere è doloroso. Però se proprio lo si deve fare consiglio di partecipare al concorso. È un’esperienza adatta anche per chi è alle prime armi. Nella realizzazione della performance teatrale partecipano anche altri studenti come aiuto regia, assistenti per le luci ecc. È quindi un’esperienza indimenticabile anche dal punto di vista umano, si possono stringere delle bellissime amicizie. Poi io sono asociale, però quella possibilità c’è (scherza)

Quest’anno pensi di partecipare di nuovo all’’Ateneo dei Racconti’?

È stato il mio primo concorso quindi ho un 100% di score realizzativo, non vorrei azzardarmi. A parte gli scherzi, no, anche perché non sarebbe la stessa cosa ripeterlo, lascio spazio agli altri. Mi piacerebbe invece partecipare nella giuria studentesca, se ci sarà l’occasione.

Quali sono i tuoi progetti futuri? Scrivi ancora?

Ho tantissime idee. L’esperienza dell’anno scorso mi ha anche ispirato da questo punto di vista perché comunque vedere qualcosa di scritto da me uscire dai confini del foglio, andare in scena è stato davvero bello. Pensavo quindi di approfondire quest’esperienza studiando o scrittura cinematografica o drammaturgia. Ora frequento un corso di teatro come attore e sto partecipando a SguardoZero, un concorso di cortometraggi. Poi il 25 novembre ‘In generale beveva’ prenderà di nuovo vita al teatro Sanbàpolis di Trento in occasione del festival cinematografico ‘Tutti nello stesso piatto’. Lì sì che mi tremeranno le ginocchia.

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