Perché abbiamo bisogno di una rivoluzione della scuola

di Valentina Failla ed Elisa Mazzocato

Lo scorso sei settembre, la mattina successiva al suo giuramento in Quirinale, il ministro dell’istruzione Fioramonti ha affermato di voler trasformare la nostra scuola ispirandosi all’innovativo modello finlandese. La dichiarazione in fondo non è così eccezionale: non c’è stato un solo governo, dalla seconda Repubblica ad oggi, che abbia resistito alla tentazione di apportare una modifica alla scuola, dalla riforma Berlinguer alla “buona scuola” di Renzi, passando per le contestatissime Moratti e Gelmini. Qualche ora in meno di latino, qualche busta in più alla maturità; tanto per togliersi lo sfizio di approvare un decreto dal nome pomposo, che consacra un Ministro ma lascia sostanzialmente invariato il sistema. 

Le proposte di Fioramonti confluiranno nell’ennesima riforma, che andrà ad aggiungersi alla lunga lista delle precedenti, senza cambiare nulla di fatto? Forse. Ma come dare torto a chi propone un rinnovamento? Del resto, è difficile trovare qualcuno che sia soddisfatto della scuola italiana così com’è, che lo si cerchi in Parlamento o tra i comuni cittadini. Trascorrendo più di un decennio della nostra vita tra i banchi, abbiamo avuto tutto il tempo di renderci conto di quante cose andrebbero cambiate. Ma proprio queste continue, piccole modifiche non fanno altro che scalfire appena la superficie di un problema che invece noi crediamo sia radicato in profondità.

Il sistema scolastico italiano è anacronistico e non ci dà le competenze necessarie ad orientarci in un mondo sempre più globalizzato.

Il sistema scolastico italiano è anacronistico: non ci dà gli strumenti per comprendere la realtà contemporanea. Si pretende che noi studenti ripetiamo la storia degli uomini primitivi (persino due volte tra le scuole elementari e superiori), fingendo che questo ci renda cittadini più informati e consapevoli, ma si tralascia così proprio la storia recente. Non soltanto non ci vengono fornite le conoscenze di cui avremmo bisogno, ma nemmeno le competenze necessarie ad orientarci in un mondo sempre più globalizzato, diverso da quello in cui la scuola è nata. Si continua a dare più importanza alla memorizzazione di concetti e nozioni piuttosto che allo sviluppo del ragionamento logico e del pensiero critico, indispensabili in una società fluida e complessa, in cui ogni schema precostituito perde di significato.

Uno dei risultati dello scollamento tra le conoscenze fornite a scuola e le reali esigenze dei futuri cittadini è l’alto tasso di “analfabeti funzionali”, ovvero coloro che sono in grado di leggere e scrivere ma non comprendono il significato di ciò che leggono. Stando al rapporto Piaac-Ocse del 2014, la percentuale di analfabeti funzionali in Italia raggiunge il 28%: dato tra i peggiori fra i 33 Paesi OCSE, tra i quali l’Italia si colloca al quartultimo posto. Ci sorprende che l’italiano medio non sappia riconoscere le “bufale” diffuse sui social network, ma quasi un terzo della popolazione non è nemmeno in grado di comprendere un articolo di giornale o trovare le informazioni più importanti in una pagina web. E per prevenire questa situazione allarmante la nostra scuola non offre altre soluzioni che farci imparare a memoria proemi, formule e linee del tempo.

Abbiamo bisogno di problematizzare i presupposti stessi su cui la scuola italiana è nata, mettendo in discussione i suoi fondamenti in maniera critica e dialettica.

Impermeabile ai mutamenti storici, sociali, scientifici e tecnologici attraversati dal nostro Paese e dal mondo intero negli ultimi centocinquant’anni: così è rimasta la nostra scuola, abbandonata dalla politica come fosse un organo a sé stante, piuttosto che un bene pubblico e un’immensa risorsa. In questi centocinquant’anni sono state attuate delle modifiche sostanziali in alcuni ambiti specifici, come la riforma dei programmi del ministro fascista Gentile nel 1923 e la concessione di maggiore rappresentanza studentesca e partecipazione democratica nella scuola da parte dei governi a base democristiana e socialista degli anni Settanta. Ciò che tuttavia nessuno è riuscito a cambiare, forse più per inerzia che per reale convinzione, è la struttura della scuola; e se i tentativi di trasformazione del passato sono falliti, quelli degli ultimi anni ne hanno forse perso del tutto l’ambizione.

Quello che manca sono il coraggio e l’audacia, e soltanto la nostra ribellione potrà rivoluzionare un sistema in crisi ormai da troppo tempo; una crisi strutturale, che come tale va affrontata. Non servono altre riforme inconsistenti, poco più che toppe su un sistema completamente logoro: abbiamo bisogno di problematizzare i presupposti stessi su cui la scuola italiana è nata; non cancellando, ma mettendo in discussione i suoi fondamenti in maniera critica e dialettica.

La politica si interesserà del problema solo quando saranno i cittadini ad aprire una discussione che lo riporti al centro del dibattito pubblico. 

In Finlandia se ne sono resi conto cinquant’anni fa: è stato merito della pressione di insegnanti e organizzazioni della società civile se i governi finlandesi hanno avviato la trasformazione radicale che ha portato questo sistema scolastico ad essere considerato, oggi, uno tra i più all’avanguardia ed efficienti al mondo. Per questo noi crediamo che il cambiamento nella scuola italiana debba partire dalla società civile: la politica si interesserà del problema solo quando saranno i cittadini ad aprire una discussione che lo riporti al centro del dibattito pubblico. 

Ed è con questo obiettivo che noi scriveremo un ciclo di articoli incentrati sul tema della scuola, approfondendo le criticità del modello italiano, spiegandone l’origine e le evoluzioni che lo hanno segnato, e proponendo modelli alternativi al nostro. Il nostro fine è quello di instaurare un dialogo con voi lettori, attraverso le vostre proposte ed eventuali critiche, e soprattutto una discussione tra i lettori stessi, per far confluire le singole opinioni in un dibattito il più esteso possibile. 

Contatti:

valentina.failla@studenti.unitn.it
elisa.mazzocato@studenti.unitn.it

Per approfondire (bibliografia dell’articolo):

Z. Bauman, R. Mazzeo, Conversazioni sull’educazione. Trento, Erickson, 2012
P. Sahlberg, Finnish Lessons 2.0: What can the world learn from educational change in Finland?  New York (USA), Teachers College Press, 2015
M. Ciani, Analfabetismo funzionale, articolo sul blog EPALE, 2018
https://epale.ec.europa.eu/it/comment/16949#comment-16949
ISFOL, Piaac-Ocse: Rapporto nazionale sulle competenze degli adulti, 2014
https://www.isfol.it/piaac/Rapporto_Nazionale_Piaac_2014.pdf
M. Coccia, Le parole e le cose – Conversazione con Simone Giusti sul libro «La scuola è politica. Abbecedario laico, popolare e democratico». Intervista su Radio Radicale, 2019
https://www.radioradicale.it/scheda/585145/le-parole-e-le-cose-conversazione-con-simone-giusti-sul-libro-la-scuola-e-politica
https://www.adnkronos.com/fatti/cronaca/2019/09/06/scuola-fioramonti-guardo-modello-finlandia_cOJT9ej6G4pO5KAo33dFrL.html

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