Cronache da Suoni Universitari: la terza serata suona alternativa

Per il terzo mercoledì di fila è tornata presso il Teatro SanbàPolis il contest musicale più popolare tra gli universitari di Trento: Suoni Universitari. Le quattro band in gara si sono sfidate, come al solito, a colpi di assoli di chitarra e batteria per aggiudicarsi la gloria della serata e soprattutto l’accesso alla finale del 4 dicembre che li vedrà protagonisti accanto all’ospite d’eccezione: Murubutu.

I primi a scaldare le ugole e gli strumenti sono i Mezzo Tono sotto la Realtà, gruppo nato recentemente dall’idea del polistrumentista Sebastiano Beotto. I testi che raccontano il vissuto e le emozioni personali del batterista hanno trovato uno sfondo ritmico incalzante che spazia dall’alternative all’indie rock.

Il gruppo seppur ancora un po’acerbo nel suono e nella voce mi ha ricordato le sonorità dei Marlene Kunz di Catartica.

Gli amici di Sanbaradio a fine esibizione li hanno fermati per far loro una domanda.

Partiamo dal nome della vostra band. Che cosa significa?

Si riferisce ad un altro modo di vedere le cose, ad un modo che magari le altre persone non potrebbero realizzare. L’idea è stata del nostro Sebastiano (il fondatore della band n.d.r) e parte anche dal fatto di non sentirsi superiori, appunto di partire da un mezzo tono sotto la realtà per poi salire.

A calcare il palco per secondi ci sono poi gli MI5, gruppo alternative rock altoatesino. Nonostante le camicie da bravi ragazzi, dimostrano di avere un sound deciso e graffiante che mi ricorda un po’ l’alternative-rock anni ’90 e in particolare i Radiohead degli esordi. Dalla sicurezza con cui tengono il palco e dalla profondità dei loro testi si vede tutta l’esperienza del gruppo. Gli MI5 infatti sono nati (o rinati) dalla precedente esperienza dei Subcutanea e possono vantare un tour di una settimana a Berlino e aperture di concerti di gruppi di fama nazionale come The Zen Circus, Ministri e Bastard Sons of Dioniso.

A seguire ci sono i Blend, gruppo che mescola diversi generi musicali, come il funky, l’indie, il rock e il demenziale. Il loro nome si riferisce alla mista del tè e del tabacco e vuole indicare la commistione dei vari generi che amano suonare sul palco. La band tuttavia si presenta con una crisi di identità in corso e l’attentante proposta di cambiare il loro nome in Dalai Lama in Pigiama o Parampampoli. Promettono che secondo il democratico metodo “al nome a cui urlerete più forte”, cambieranno nome. La risposta del pubblico non si fa attendere: urlerebbe, d’altronde, in ogni caso.

Dietro un gruppo dal carattere istrionico si nasconde la bravura di creare testi ironici e irriverenti e la capacità di padroneggiare i diversi generi che la band si vanta di suonare.

La crisi di identità si risolverà?

Sì sicuramente, abbiamo visto che i nomi Dalai Lama in Pigiama e Parampampoli sono andati bene e quindi avvieremo presto un referendum per stabilire il nome, oppure ci organizziamo su una piattaforma online perché sia tutto il più trasparente possibile

Secondo voi, di quanta funkedelia (genere che il cantate Giovanni Mazzoli dice di aver creato) c’è bisogno oggigiorno?

Oggi purtroppo c’è una grande carenza di funkedelia ed è per questo che ho chiesto ai ragazzi di fondare questo gruppo. Io dicevo ai ragazzi: “Non c’è più la funkedelia di una volta…”

Per ultimi si esibiscono gli Analog Crimson Fluid Machine. Il gruppo si è formato da pochissimo: ha iniziato a suonare da solo un mese. Il loro nome vuole essere la metafora fantascientifica del cuore, una macchina analogica che pompa sangue meccanicamente.

Le loro sonorità che vanno dal progressive al genere psichedelico da un lato mi hanno ricordato la psichedelia dei Pink Floyd e di David Bowie e dall’altro l’alternative dei Radiohead di Ok Computer.

La loro idea è precisa e ammirevole in un’epoca in cui il genere psichedelico non è più in voga. La band deve fare ancora molta strada nella ricerca di un suono pulito, ma la via per portare l’ascoltatore in un’altra dimensione è stata intrapresa.

La vostra musica si rifà molto al genere musicale sperimentale anni ‘60/’70. Come pensate di riproporre questo tipo di musica nel panorama musicale odierno?

Probabilmente facciamo qualcosa che qua non ha molto terreno fertile, perché anche cantare in inglese toglie molto pubblico, però un modo ci sarebbe: creare tutto in modo indipendente. Non solo crearsi e stamparsi i dischi in vinile, ma anche fondare un’etichetta propria. In Italia questo è difficile, ma amen. Anche se non veniamo compresi o ascoltati, la musica è bella perché è varia!

Dopo gli Analog Crimson Fluid Machine si esibiscono sul palco del SanbàPolis i Cinque Uomini sulla Cassa del Morto, direttamente da Cividale del Friuli.

Mentre balla sulle note gitane, trainato dal ritmo incalzante e coinvolgente della band friulana, il pubblico esprime il proprio verdetto. A vincere la serata sono i Blend, alias i Dalai Lama in pigiama, alias i Parampampoli (o chissà)!

L’INSINDACABILE GIUDIZIO DI ERICA

Tutte le band in gara si sono difese a dovere, ma due sono spiccate fra tutte le altre: Blend e MI5. L’ironico indie dei Blend e la loro sfida per trovare l’identità persa mi ha divertita molto e alla fine sono riusciti a conquistarmi, tuttavia le sonorità un po’ angoscianti alla Thom Yorke degli MI5 non dovrebbero rimanere inascoltate.

Erica Turchet

Sono studentessa di Studi internazionali presso l'Università degli studi di Trento. Amo scrivere di musica e cinema, ma rimango un'appassionata dei lati oscuri e degli intrighi della politica.

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