Nausicaa: la bimba innamorata

[…]subito il rimorso
di averti pensato come una donna
io che sono bambina. […]” (R.Vecchioni, Nausicaa tratto da Il Mio Odisseo al Politeama Genovese, 2015)

Una moglie fedele, una ninfa immortale e una maga ammaliatrice: sono queste le donne dell’Odissea. Bellissime e statuarie, amano l’eroe con la profondità e la consapevolezza che la natura del re itacese è «il mare», come lo ha definito Vecchioni nello spettacolo Il mio Odisseo . E’ per questo che il sentimento di Nausicaa, figlia del Re dei Feaci Alcinoo, potrebbe sembrare anomalo e frutto dell’ingenuità della principessa ancora bambina.

Nel Libro VI dell’Odissea Nausicaa è ancora lontana dai compiti di donna che le spetteranno in futuro e si dedica, insieme alle ancelle, al gioco spensierato della palla. È proprio il rumore della palla a risvegliare Odisseo che, naufrago della tempesta, giace nudo sulla spiaggia dell’isola di Scheria. L’eroe, dopo l’iniziale vergogna per la sua nudità, decide di mostrarsi alle giovani donne per chiedere aiuto. La comparsa dello straniero getta scompiglio tra le ancelle che, spaventate, vorrebbero scappare. Nausicaa mostra una sicurezza che si addice al suo rango e offre le sue cure allo straniero incarnando il principio greco dell’ospitalità:

[…]Uno straniero, un poverello è questi/Che, su l’onde smarrito, a noi pervenne /Di nostre cure bisognoso e tutti Vengono i poverelli e gli stranieri/ Dal gran Padre de’ Numi, e non v’ha dono/ Picciolo sì, che lor non torni accetto. […] (Vv 260-265, Libro VI, Odissea, trad P.Maspero)

Avviene così il primo incontro tra l’eroe e la principessa; ma l’amore sboccerà solo in seguito quando Odisseo, lavatosi e reso ancora più vigoroso e prestante dalla dea Atena, si presenta nuovamente. Alla vista dell’eroe la fanciulla ne rimane ammaliata, affermando addirittura:

«[…]Oh se pigliarmi a sposa/ Egli volesse e qui restar per sempre! […]» (Vv 314-315, Libro VI, Odissea, trad. P.Maspero)

Ad eccezione, però, di questo passaggio, di per sé implicito, non si colgono altri riferimenti al sentimento che sta nascendo -o che è nato – in Nausicaa. Nell’opera omerica qualsiasi emozione da parte della principessa rimane sottesa e persino il momento tragico dell’addio, nel Libro VIII, si risolve linearmente con la sola richiesta da parte della giovane di essere ricordata dall’eroe. Particolare è che Odisseo, nel resoconto delle sue avventure a Penelope, nel Libro XXIII, tacerà l’incontro con Nausicaa mentre non risparmierà i riferimenti ai sette anni trascorsi con Calipso e il racconto della relazione intessuta dall’inganno della maga Circe. Viene spontaneo domandarsi il motivo per cui Odisseo abbia deciso di escludere Nauiscaa dal racconto. Non sarà forse che il ricordo della fanciulla è per l’eroe così doloroso da volerlo cancellare per sempre? Walcott, nella poesia Sea Grapes, forza libertinamente il casto episodio odisseico: qui, infatti il re itacese «è/ come l’adultero che sente il nome di Nausicaa/ in ogni strido di gabbiano»

Questa tesi è stata fortemente rifiutata da Nietzsche che, dopo una lettura filologica dell’Odissea, in Al di là del bene e del male, scrive: «Un uomo dovrebbe partire dalla vita come Ulisse partì da Nausicaa, benedicendola piuttosto che innamorarsi di essa». Il filosofo non coglie alcun sentimento d’amore da parte di Odisseo, ma un riconoscimento devoto per l’ospitalità della fanciulla.

L’amore di Nausicaa per l’eroe è, invece, esplicitato nello sceneggiato RAI Odissea diretto da Franco Rossi: la fanciulla trascorre con l’eroe diversi momenti, assenti nel testo omerico, durante i quali matura un profondo sentimento. Il climax ascendente di sentimenti culmina con la scena dell’addio: la fanciulla supplica l’eroe di rimanere al suo fianco come suo sposo, adducendo come motivazione anche la possibilità dell’infedeltà di Penelope. È in questa presa di posizione così inaspettata che, nella rappresentazione scenica, si rivela tutta la diversità della giovane: mentre le altre donne di Odisseo tacciono e si sottomettono al volere degli dei – o dell’uomo – di abbandonarle, Nausicaa reagisce, implora, insinua il dubbio.

Bisogna, tuttavia, fare attenzione a non giudicare l’ingenuità come una caratteristica peculiare della principessa, perchè limiterebbe la comprensione del suo personaggio. Già nell’Odissea di Omero, infatti, la giovane è caratterizzata da una precoce saggezza, che si manifesta quando invita l’eroe a non seguirla immediatamente, poiché teme il pettegolezzo di coloro che, vedendola con un straniero, la identificherebbero come «una che senza il consenso del padre e della madre/ si incontrasse con uomini prima di andare a pubbliche nozze».

In occasione dello spettacolo Il mio Odisseo presso il Politeama Genovese, la maturità di Nausicaa viene recuperata e unita al suo essere ancora bambina nella poesia omonima di Vecchioni. La giovane, infatti, appare aver accettato l’abbandono del re itacese e, rimasta sola, consapevole dell’impossibilità del suo «ingenuo impossibile amore», passerà a ripetersi «l’estasi delle parole» di Odisseo, le vere autrici del suo innamoramento.

Inoltre è lo stesso Vecchioni, nel medesimo spettacolo, a operare una distinzione tra l’eroe, identificato come il mare nella sua irrequietezza, e le donne, personificazione della terra con la loro placida sicurezza. Paragone, questo, che affonda le radici nella trasfigurazione che Nausica stessa compie del suo personaggio. Al momento dell’addio la fanciulla si pone nel ruolo di “nuova madre” dell’eroe:

«[…]Ti sovvenga di me, che fui la prima a darti aiuto […]» (Vv 555-556, Libro VIII, Odissea, trad. P.Maspero

Nausicaa è stata lo strumento grazie al quale si è realizzata la rinascita dell’uomo, giunto solo e disperato: è lei, infatti, a fornirgli le vesti e a portarlo dal padre, che lo potrà aiutare. La giovane dà quindi il via ad una sorta di rito che porta alla “resurrezione” del re itacese, concretizzatasi nel ritorno a Itaca a cui lei, però, non parteciperà.

Questa visione di Nausicaa-genitrice sembra aver influenzato indirettamente il personaggio di Nausicaä della Valle del Vento di Hayao Miyazaki. Il regista nipponico dopo aver letto una descrizione della principessa dei Feaci in una traduzione giapponese dell’antologia della mitologia greca di Bernard Evslin che la descrive come un’amante della natura si appropria di questo particolare aspetto e lo approfondisce con altri tratti prelevati direttamente dal folklore e dalla tradizione animiste.

In questa nuova ottica, Nausicaa, quindi, diventa non solo la semplice bambina innamorata – un aspetto che pure è intrinseco al suo personaggio – ma diventa l’essenza stessa della figura femminile. La sua importanza nello sviluppo dell’Odissea da una parte e la sua comprensione come bambina che si sta affacciando alla vita, attraverso il rapporto con l’altro sesso, dall’altra, ne fanno un soggetto unico, grandioso, che si pone anche al di sopra delle altre donne odisseiche. Nausicaa è libera già nella prima immagine che Omero restituisce e le interpretazioni che la definiscono innamorata dell’eroe non fanno altro che sottolineare l’autonomia e grandiosità del personaggio.

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