L’invenzione del colpevole

Dal 14 dicembre al 13 aprile 2020 il Museo Diocesano Tridentino ospita la mostra L’Invenzione del colpevole. Il caso di Simonino da Trento dalla propaganda alla storia, a cura di Domenica Primerano con Domizio Cattoi, Lorenza Liandru e Valentina Perini e la collaborazione di Emanuele Curzel e Aldo Galli. La mostra si propone come un’analisi storico-artistica e iconografica sullo sviluppo e sulle conseguenze del “Caso Simonino”.

IL “CASO SIMONINO”

Tutto comincia il 27 marzo del 1475 quando un bambino di nome Simone viene trovato morto a Trento, nei pressi della dimora del banchiere ebreo Samuele di Norimberga. L’allora principe-vescovo Johannes Hinderbach con magistrale capacità di macchinazione è capace di sfruttare le tristi circostanze dell’accaduto per far ricadere il sospetto sulla comunità ebraica.

Come prima cosa il corpo del bambino, su richiesta del principe-vescovo, viene sottoposto ad un’autopsia allo scopo di individuare le cause del decesso. Il responso del medico è sconcertante: il bambino è stato dissanguato. La morte per dissanguamento, che altro non è che una subdola distorsione dei fatti, è, tuttavia, funzionale al duplice intento del principe-vescovo: ordinare l’arresto dei membri della comunità ebraica con l’accusa di omicidio rituale e fare in modo che la morte di Simone si connoti come un martirio.

Una volta ordinato l’arresto Hinderbach deve occuparsi di costruire e rendere credibile il processo ma, in assenza di prove reali per la definitiva condanna, l’unica soluzione è raccogliere le confessioni dei presunti assassini… e quale metodo più ortodosso della tortura per fare di un innocente un assassino? Terminato l’“interrogatorio” l’accusa di omicidio rituale ha preso forma e i presunti assassini sono accusati di aver catturato il piccolo Simone, di averlo strangolato con una cintola e di avergli perforato il corpo con degli spilloni per raccoglierne il sangue. Di fronte a un atto di tale violenza Hinderbach non può che procedere con la condanna a morte dei presunti assassini. Il “caso” potrebbe dirsi concluso ma non è così; anche gli altri membri della comunità ebraica, dopo essere stati costretti a convertirsi al Cristianesimo, subiscono la stessa sorte dei loro compagni in quanto potenziali artefici di analoghi assassinii.

È a questo punto che i confini del processo cominciano ad essere travalicati, l’accusa di omicidio si estende senza distinzione a tutti gli ebrei professanti e il racconto del martirio diventa il punto di partenza per individuare discutibili analogie tra la violenza del martirio e la presunta indole sanguinaria dei giudei. Per portare a compimento tale operazione di “universalizzazione dell’accusa”, Hinderbach si serve di uno strumento capace di “istruire”, nel minor tempo possibile, un vasto numero di credenti: la stampa a caratteri mobili. Il primo risultato dell’impiego della stampa è Historie von Simon zu Trient, un libello illustrato con una serie di dodici xilografie di Albrecht Kunne in cui venivano descritte le fasi del martirio, dalla cattura di Simone all’esecuzione pubblica degli accusati. La serie rappresenta il prototipo per la successiva proliferazione di un vastissimo repertorio di immagini antigiudaiche che oltre a diffondere capillarmente l’immagine, storicamente falsa, ma icasticamente efficace del martirio, riduce la confessione giudaica ad un perverso banchetto anti-eucaristico.

L’obiettivo della campagna diffamatoria non è solo quello di radicare l’idea e l’immagine dell’“ebreo assassino”, ma anche quello di fare di Simone un martire cristiano. Per farlo Hinderbach deve trovare un modo per giustificare teologicamente il culto e, poiché per la dottrina cristiana “martire” è chi viene ucciso per aver professato la parola di Dio, egli è costretto a risalire alla venerazione liturgica dei “Santi Innocenti”. Anche se la canonizzazione non verrà mai ufficialmente riconosciuta dalla curia romana, questa poteva dirsi, nei fatti, avvenuta: il piccolo Simone era venerato alla stregua degli altri santi martiri ed era diventato il co-patrono della città di Trento insieme a San Vigilio.

L’esito di questo graduale ma pervasivo processo di “santificazione illecita” fu il riconoscimento del culto del Simonino nel 1588. Tale anno segna un momento di svolta sia nell’evoluzione dell’immagine sacra del Simonino, che comincia ad essere rappresentato come un santo-bambino, sia nelle modalità di celebrazione. A partire dal 1589, infatti, vengono organizzate in onore di Simone delle fastose processioni celebrative. Con il passare degli anni il culto perde l’originaria componente di esplicito antigiudaismo a favore di un sempre più sentito radicamento identitario.

L’ultima fase del “caso Simonino” si apre all’inizio del XX secolo quando il ventiduenne Giuseppe Menestrina, studente di legge all’Università di Innsbruck, consultando le carte del “processo Simonino” e accortosi della totale sua irregolarità, decide di fare chiarezza. Il desiderio del giovane, tuttavia, è destinato ad esaurirsi ben presto con l’archiviazione del “caso Simonino”. L’indagine subisce un drammatico passo indietro quando nel 1939 viene inaugurata la rivista nazifascista “La Difesa della razza” sulla quale compaiono alcune stampe prelevate dalle incisioni antigiudaiche di fine Quattrocento. Nel numero 6 del gennaio 1942 è immediatamente riconoscibile l’immagine presente sul Liber Chronicarum del 1493. Il culto del Simonino, a distanza di circa cinquecento anni, viene nuovamente strumentalizzato in chiave propagandistica ma, questa volta, l’antisemitismo non viene letto attraverso il filtro della discriminazione religiosa bensì attraverso quello, ancora più inquietante, della discriminazione razziale.

Giustizia fu fatta solo nel corso degli anni Sessanta quando Monsignor Iginio Rogger e il vescovo Alessandro Maria Gottardi decidono di affidare allo studioso W. P. Eckert il compito di revisionare i documenti relativi al “caso Simonino”. Non passerà molto tempo prima della dichiarazione dell’irregolarità del processo: il 20 ottobre 1965 viene approvato il decreto pontificio Nostra Aetate che pone definitivamente fine al culto del Simonino:

La Chiesa, che esecra tutte le persecuzioni contro qualsiasi uomo, memore del patrimonio che essa ha in comune con gli Ebrei, e spinta non da motivi politici ma da religiosa carità evangelica, deplora gli odi, le persecuzioni e tutte le manifestazioni dell’antisemitismo dirette contro gli Ebrei in ogni tempo e da chiunque (Nostra Aetate, 28 ottobre, 1965).

LA MOSTRA

Il percorso espositivo comincia nella prima sala del piano terra; qui è possibile seguire da un lato l’evoluzione del processo contro la comunità ebraica e dall’altro le tappe di costruzione dell’iconografia antigiudaica legata al martirio di Simonino. Partendo dalla destra il visitatore potrà osservare alcune delle testimonianze documentarie per poi giungere di fronte ad una linea del tempo che permette di visualizzare le tappe fondamentali del processo e, per i più curiosi, di approfondire la vicenda nelle sue date più significative: basterà sollevare i piccoli pannelli quadrati su cui sono stampate le date per conoscere i dettagli del processo. L’ultima tappa della prima parte dell’esposizione termina con 12 xilografie che illustrano giorno per giorno l’evolversi del processo. Proseguendo sulla sinistra il visitatore potrà confrontarsi con alcune testimonianze di iconografia antigiudaica; tra queste una delle più violente è quella della Judensau molto diffusa nell’area germanofona ma estranea alla penisola italiana. A questo proposito è interessante notare che nella xilografia in esposizione, all’immagine della Judensau è associata l’immagine del corpo martirizzato del piccolo Simone da Trento; questa rarissima commistione conferma la notevole diffusione geografia che coinvolse il racconto del martirio.

Proseguendo con il percorso espositivo si giunge alla seconda sala, allestita con impianti multimediali. Questi sono azionabili solo attraverso l’intervento del visitatore al quale viene chiesto di appoggiare la mano sulla copertina di un grosso libro poggiato su un tavolo bianco. Al “tocco magico” il libro si apre virtualmente facendo comparire quattro icone anch’esse, a loro volta, “apribili”: un sacco, un oggetto liturgico, dei fogli scritti, un fazzoletto di velluto rosso. Ciascuna di queste icone rappresenta una fase della vicenda del Simonino e fornisce degli utili approfondimenti a riguardo.

La mostra continua nella terza sala nella quale viene analizzato il lungo percorso che ha portato alla definitiva abrogazione del culto del Simonino. La prima area della terza sala è dedicata alle ultime processioni celebrative prima dell’abrogazione del culto. Nella seconda area della terza sala, invece, il visitatore potrà seguire l’attenta ricostruzione storica di questo processo attraverso una video-intervista

Il percorso espositivo termina nelle sale del secondo piano; le prime sale sono allestite con una serie di opere che delineano l’evoluzione dell’iconografia legata a Simonino da Trento subito dopo il riconoscimento del culto e la configurazione dei reliquiari e degli stendardi processionali realizzati in occasione delle fastose celebrazioni pubbliche. Nell’ultima sala è possibile, invece, visualizzare la diffusione geografica del culto nel corso degli anni attraverso un video che elenca le città in cui sono state ritrovate alcune importanti testimonianze iconografiche del culto.

La mostra non è solo occasione per seguire, attraverso le testimonianze visive e documentarie, l’evoluzione e la diffusione della sanguinosa campagna antisemita messa in atto dal principe-vescovo Hinderbach, e per analizzare attraverso quali strumenti questa fu messa in atto e quali ripercussioni ebbe nel contesto socioculturale del tempo ma è anche un momento per riflettere sulla pericolosa continuità di fenomeni di antisemitismo nel corso dei secoli.

QUANDO: Dal 14 dicembre al 13 aprile 2020. Ogni giorno dalle 10.00 alle 13.00 e dalle 14.00 alle 18.00 esclusi i martedì (giornata di chiusura)

DOVE: Museo Diocesano Tridentino, Piazza Duomo 18, Trento

APPROFONDIMENTI BIBLIOGRAFICI: Catalogo della mostra “L’invenzione del colpevole. Il “caso” Simonino da Trento dalla propaganda alla storia”

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