Test di ammissione: «Fosse stato per i voti scolastici non mi starei laureando in Giurisprudenza»

A poche ore dal mio ultimo esame universitario mi giunge la notizia che, stante la situazione contingente, i test d’ingresso di giurisprudenza della sessione primaverile saranno unicamente basati sui voti di quarta superiore degli aspiranti giuristi. Ho letto alcuni rappresentanti parlare di iniquità nei confronti di chi non si può permettere di studiare. Mi permetto di dissentire: il nostro sistema scolastico prevede la possibilità (effettiva, non solo sulla carta) di raggiungere ottimi risultati da parte di studenti senza adeguate risorse economiche. Diciamolo più chiaramente, invece: la grande disparità è fra nord e sud. Non abbiate paura di dirlo: un 90 al Sud non è un 90 al Nord. Mi spiace. In tanti licei meridionali, ahimè spiace dirlo, c’è ancora la logica dell’80 per i concorsi. Ne ho visti, tanti, tantissimi 100 e lode, pieni di sussiego alle prime lezioni di diritto privato, convinti di dominare il mondo, schiantarsi al secondo esame. Persi per strada.
Ma in realtà, non mi interessa parlare di questo, pure perché l’esperienza personale ha poca rilevanza scientifica se non supportata da un metodo (scuserete la mia ascendenza da liceo scientifico): mi interessa parlare di me. Mi interessa parlare di una persona in cui praticamente nessuno ha creduto in cinque anni di liceo. È vero, io ho sbagliato a scegliere il liceo – a posteriori, alla fine del terzo anno, mi sono reso conto che il liceo scientifico non era stata una buona scelta. È vero anche che paradossalmente i professori delle materie scientifiche sono stati quelli che forse hanno fatto qualcosa in più per darmi una mano a uscire da lì. Un rapporto conflittuale con molti compagni di classe unito a vari docenti che hanno fatto di tutto per imprimere una forza centrifuga alla mia già traballante carriera scolastica hanno condotto al risultato beffardo di un 73, voto di cui oltretutto vado fiero. Ne vado fiero perché è frutto di tutta la mia fatica per arrivare fino in cima, per non darla vinta a chi mi voleva buttare fuori strada, per arrivare a quel traguardo finale che mi avrebbe permesso di accedere a praticamente l’unico obiettivo che mi era rimasto: Giurisprudenza.
Ecco, se fosse stato per i miei voti scolastici, io a quest’ora probabilmente non sarei mai entrato a Giurisprudenza a Trento, non mi starei per laureare alla prima sessione utile, non avrei dato una svolta alla mia esistenza. Insomma, già ne avevo le palle piene di tutti, detto in parole semplici. Durante il mio quinto anno, immaginiamo se nemmeno fossi riuscito a centrare il mio obiettivo; invece ho partecipato a quel test ad aprile e lo ho passato a primo colpo, e ricordo ancora che l’unica persona a complimentarsi del mio liceo fu la professoressa di matematica (mentre tutti gli altri storsero il naso, perché “con la tua media cosa devi fare a Giurisprudenza, guarda che lì si studia sodo”). La cosa più simpatica è che, a fronte del 19esimo punteggio su più di 600 partecipanti, io arrivai oltre la 130esima posizione, perché quella maledetta media pesava notevolmente sul calcolo, già quell’anno. 
Ecco, forse i nostri docenti anche a questo dovrebbero pensare: al fatto che tanti come me, quest’anno, non entreranno a Giurisprudenza a Trento, in compenso entreranno tante potenziali meteore, brave a imbonirsi i docenti, meno a studiare ad applicarsi
Immagino che ora ci sarà chi si sentirà toccato dalla mia requisitoria contro il Sud, chi si sentirà toccato per essersi definito meteora. Chiedo scusa fin d’ora, ma erano esempi necessari, per far comprendere quanto sia fallace, anche in un momento come quello storico attuale, una valutazione basata solo sul rendimento scolastico di uno studente.

L’opinione ed esperienza di Marco Interdonato, prossimo alla laurea in Giurisprudenza.

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