USA e RUSSIA: rapporti distesi al tempo del Coronavirus?

Un aereo militare russo in tempo di pace atterrato sul suolo statunitense? Fino ad ora sembrava fantascienza, ora è realtà: il presidente della Russia Vladimir Putin ha inviato un velivolo a New York con a bordo del materiale sanitario per aiutare gli statunitensi nella lotta contro il COVID-19. Siamo di fronte ad un atto di spionaggio o ad un win-win, come sembra più plausibile?

La Russia corre in aiuto degli Stati Uniti: lo scorso trenta marzo è atterrato all’aeroporto John F. Kennedy di New York un aereo militare proveniente da Mosca con diverso materiale sanitario che verrà utilizzato nella lotta contro l’epidemia di Coronavirus che in questi giorni nella sola Manhattan sta mietendo un gran numero di vittime: più di cinquemila decessi e oltre centomila i positivi. La situazione è seria (anche se paradossalmente, rispetto all’Italia, la mortalità è minore, circa il 4,6% rispetto a noi che arriviamo al 13%): Donald Trump ha precettato la General Motors perché produca ventilatori per la terapia intensiva, e in fretta, ed è venuto a patti con la Boeing per la produzione di visiere, con la General Electrics e la Ford; ha richiamato circa un milione di riservisti delle forze armate statunitensi per fronteggiare la diffusione del Covid-19. Le due navi ospedale della marina militare Mercy e Comfort sono state indirizzate a Los Angeles e a New York, dove hanno attraccato e aiuteranno nella gestione della pandemia prendendo in carico i pazienti ricoverati nei nosocomi per le altre patologie. Rimangono però le perplessità sull’utilizzo dei due vascelli: la sola Comfort avrebbe già ospitato a bordo soltanto una ventina di persone a fronte dei mille posti letto disponibili. Sembra che l’equipaggio sia in possesso di una lista di quarantanove patologie per cui sarebbe sconsigliato l’imbarco e la burocrazia inoltre non aiuterebbe; il governatore Andrew Cuomo ha chiesto che pure la Comfort accolga pazienti Covid, ma fino a quando – stando alle parole del capitano Patrick Amersbach, a capo dello staff medico – Donald Trump non darà l’ordine non sarà possibile, soprattutto perché bisognerebbe riorganizzare da cima a fondo l’assetto della nave. (Il vascello, al momento della pubblicazione del pezzo, è salpato da New York City per rientrare nella sua base navale in Virginia).

Lo stesso Trump ha twittato recentemente di vedere la luce in fondo al tunnel e che gli USA sono pronti a sconfiggere definitivamente il virus e a riaccendere la locomotiva statunitense, anche dopo l’iniezione di duemila miliardi di dollari sul mercato grazie alla Federal Reserve, ma ha accettato di buon grado l’aiuto offertogli da Vladimir Putin per affrontare l’epidemia: dopo la task force sul suolo italiano, il presidente russo si accinge ad arrivare pure sull’altra costa dell’Atlantico e sempre attraverso l’invio di aiuti umanitari. È la prima volta nella storia che un aereo governativo moscovita, che non trasporti il capo del Cremlino, arriva ed atterra in America con l’ok dell’inquilino della Casa Bianca, senza alcun intento militare. Insomma, nessuna invasione ma trasporto di materiale sanitario sulla falsariga che sia la Russia sia gli Stati Uniti hanno compiuto in Italia: perché, giova ricordarlo, oltre a Mosca, Tirana, l’Havana e Pechino pure Washington ha dato una mano a Roma, prima attraverso l’invio informale (seppur pubblicizzato dall’account dell’ambasciata USA in Italia) di una ONG, la Samaritan’s Purse, vicina alla presidenza, e poi – la notizia è di Venerdì Santo – attraverso una nota ai segretari di stato, di stanziare personale e materiale medico, oltre ad altre diverse misure, per aiutare l’Italia ad uscire dalla crisi sanitaria e da quella economica.

Prima che l’emergenza mettesse in ginocchio l’intero mondo Occidentale, dopo che la pandemia aveva già metietuto vittime in Cina e nel resto dell’estremo oriente, non sembravano esserci gli estremi per una cooperazione così stretta tra l’Orso eurasiatico e l’Aquila americana; con l’elezione di Donald Trump i rapporti con Mosca si sono tutto sommato distesi (eccezion fatta per altri interessi strategici come la questione siriana o l’egemonia mediorientale, anche se la complessità va ben oltre il semplice accenno fatto ora), nonostante diversi giornali e altrettante riviste abbiano paventato più e più volte un nuovo conflitto mondiale che fino ad ora non è scoppiato. Anzi, benché le rivalità – che pur sempre permangono – le due superpotenze hanno contribuito alla fine del Califfato islamico; attualmente, la situazione nella regione rimane esplosiva: pur avendo proceduto al ritiro del contingente statunitense dall’area, la Russia e la Turchia, la Siria e i kurdi non hanno deposto le armi e anzi rimangono sui campi di battaglia. Se l’Isis è stato sconfitto, non si può dire che in Medio Oriente i venti di guerra non si siano placati. La bonaccia della Pace ancora latita e sarà latitante ancora per molto.

Mentre il tempio di Giano Bifronte di Damasco ha ancora le porte spalancate, Mosca e Washington si provocano senza sfociare nel conflitto armato. È prassi. Se risulta abituale leggere notizie del genere, discorso diverso invece per quanto riguarda gli aiuti che il Cremlino ha voluto inviare alla Casa Bianca: non stupirebbe che sia una mossa oltre che politica anche mediatica, com’è successo in Italia, che rimane terreno di contesa tra i due poli – anche se rimangono gli USA la presenza di primo piano con le sue diverse basi sparse sul territorio nazionale – fin dalla Guerra Fredda. Che ci sia dietro, pure, un altro fine, e cioè la rimozione delle sanzioni economiche inflittegli dall’Unione Europea e dagli Stati Uniti? È un’idea da non sottovalutare, ma che non rientrerebbe tra gli obiettivi principali di Mosca. La Russia ha un altro partner commerciale molto potente con cui può convolare a nozze, dopo anni passati a corteggiarsi reciprocamente: è il Dragone Rosso. Pechino e Mosca, ma, perché no, anche Nuova Delhi sono intenzionate ad emergere con forza sul mercato mondiale e a scalzare dal podio le nazioni europee e gli Stati Uniti.

Si tratterebbe di una questione, allora, pressoché politica. Dopo le accuse dirette a Vladimir Putin di aver influenzato le elezioni statunitensi e un’indagine che non provò nulla di quanto mosso dai Democratici, ora lo Zar ha bisogno di ripulirsi l’immagine e quale momento migliore se non l’epidemia di Coronavirus? Non è una manovra disinteressata: con i trentasette mila casi registrati, Mosca non può permettersi di sfigurare di fronte alla platea internazionale e gli esperti inviati in Italia e negli USA servirebbero, dunque, anche a capire come combattere il dilagare del virus che ora sta interessando anche le terre moscovite. In ogni caso, siamo di fronte a un win-win, dove nazioni storicamente avversarie per la prima volta si aiutano a vicenda per fronteggiare un pericolo ancora più inquietante dell’egemonia di uno dei due blocchi (che, ammettiamolo, esistono ancora e non cesseranno la loro esistenza): una pandemia globale. Galeotto fu ‘l COVID e chi lo diffuse.

Alessandro Soldà

Classe 1996, mi sono laureato in Filosofia all'Università di Trento, dove proseguo gli studi con la specializzazione in Etica e Scienze delle Religioni. Sull'Universitario mi occupo principalmente di politica (estera e nazionale) e di attualità.

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