La disinformazione e il complottismo

Il complottismo è un fenomeno che persegue lo scopo di introdurre nella società delle teorie alternative rispetto alle versioni fornite dalle fonti ufficiali e in maniera molto più elaborata, riferendosi agli avvenimenti che si susseguono nella realtà. Tali ipotesi traggono la propria forza da eventi tragici che infondono nel genere umano un forte senso di preoccupazione e allarme, divenendo a tal punto oggetto di ampia diffusione e trattazione da parte dei canali di comunicazione.

Purtroppo, per quanto l’obiettivo possa essere considerato lecito e assolutamente pertinente in una società pronta ad accogliere opinioni e punti di vista anche per nulla coincidenti, il rischio, soprattutto nei tempi più moderni, diventa quello di sfruttare l’assenza di informazioni settoriali, la mala gestio dell’amministrazione pubblica e la conseguente sfiducia nella classe dirigente che ci rappresenta, per esasperare al massimo quel senso di diffidenza e pessimismo nei confronti della nostra democrazia attraverso l’introduzione di queste nuove assunzioni.

In tempi recentissimi, proprio in virtù della comparsa nel mondo del nuovo virus SARS-CoV-2, l’argomento del complottismo sembra essere divenuto ancora più attuale e ha permesso ai suoi seguaci di argomentare nuove e rivoluzionarie teorie circa le origini di quest’ultimo, non del tutto provate dagli scienziati, i quali sono costantemente alla ricerca di nuovi dati e di sempre più definitive conclusioni al riguardo.

Sin dalle origini della pandemia si sono susseguite nel web notizie che, con l’intento di informare il lettore su ciò che stava improvvisamente colpendo il nostro intero sistema sanitario, economico e sociale, hanno ripetutamente e puntualmente preferito anteporre il valore economico del click-bait a un etico e dignitoso esercizio della professione giornalistica, tradendo quindi la sua più encomiabile missione per la nostra società: quella della corretta informazione, espressione di una sana e partecipata democrazia tendente al più generico obiettivo del bene comune.

Nell’avvicinarmi a tale delicato argomento, con grande curiosità ho ascoltato il dibattito tenutosi in diretta streaming su Instagram tra Leonardo Bianchi e Roberto Saviano, incentrato proprio sul grande tema del “complottismo” in rapporto con la grande crisi che sta subendo il metodo dell’inchiesta. 

All’inizio del dibattito si chiariscono subito le teorie complottiste che hanno caratterizzato l’avvento del virus, che solitamente si riducono a tre macro-ipotesi, ovvero: che il virus sia un’arma biologica creata dal governo cinese e rilasciata volontariamente; che sia stato diffuso intenzionalmente da chi lo stava studiando per colpire le economie mondiali; che sia sfuggito erroneamente di mano da virologi che lo hanno ingegnerizzato. 

Ad avvalorare queste teorie ha contribuito il fatto che la pandemia da corona-virus è originata dal laboratorio di Wuhan, il primo focolaio riconosciuto nel mondo; infatti, a diversi km di distanza dal famigerato mercato del pesce si trova un istituto di biologia, laboratorio di massima sicurezza, in cui lavora una virologa di corona-virus. Proprio tale coincidenza ha dato adito alle più sfrenate fantasie. La spiegazione sembra essere la più immediata: un virus che si diffonde così facilmente tra esseri umani, per forza di cose, prevede un loro intervento a monte, in quanto è difficile comprendere come la natura possa crearlo attraverso meccanismi ignoti .

Tuttavia, ricordano giustamente, se si fosse trattato di un caso di ingegneria genetica sul DNA ci sarebbero state delle tracce della “cicatrice” (segno che si lascia quando si interviene sul virus). Allora il punto diventa un altro: com’è possibile che pure questa prova con l’intento di mettere chiarezza in senso negativo, circa la concreta esistenza da parte di chi lavora in laboratorio, di intervenire sul virus per facilitare il cosiddetto “salto di genere”, non abbia in alcun modo frenato l’avanzare di queste tesi? Per la verità, sebbene siano state date delle risposte del tipo suddetto, laddove esiste ancora uno spazio non osservato dalla scienza è semplice che si inseriscano idee e pensieri del tutto autonomi, anche se fuorvianti.

D’altro canto, molta gente decide di assecondare tali idee, dal momento che le risposte di chi ha delle competenze tali da rendere le sue informazioni dotate di un grado di verità e certezza molto elevato, come nel nostro caso i virologi o medici, sono delle risposte molto fragili. Tale debolezza deriva dal fatto che ognuno esprime un’opinione divergente rispetto all’altra; la stessa Organizzazione Mondiale della Sanità, per esempio, ha affermato agli albori della pandemia che le mascherine non erano importanti, invece adesso in Italia devono essere indossate sempre, anche all’aperto. 

Ad aizzare maggiormente questi meccanismi di continuo ribaltamento delle fonti sono stati gli atteggiamenti adottati dalle grandi potenze, come la Cina e gli Stati Uniti che, con i loro già notevoli punti di debolezza, nella prima attinenti la gestione del confine tra il totale controllo della informazione (tipica del regime comunista) e la necessità di dati preziosi per fronteggiare l’espandersi della pandemia, nell’altra riguardanti la potenza mediatica dell’ex presidente Donald Trump, hanno iniziato ad utilizzare il virus come un’arma geopolitica.

Dunque, è chiaro che risulta molto difficile orientarsi in un contesto come questo e si riduce la fiducia dei cittadini verso la stessa classe dirigente, la quale, per motivi forse ancora più problematici, ha messo in atto operazioni allo stesso modo inutili e controproducenti per il Paese.  In definitiva, avvicinandosi alle conclusioni, i due interlocutori affermano che il genere umano di sua natura è alla continua ricerca di qualcosa di chiaro e di una risposta che possa generare in loro uno stato di serenità, seppur temporanea; bisogna però ammettere che non è solo una responsabilità della mente paranoica che necessita una risposta, ma è una responsabilità prima di tutto politico-comunicativa e l’infinito ritardo di una visione condivisa su questo male ha generato un’enorme quantità d’ansia.

I complottisti si pongono così al di sopra rispetto alle fonti ufficiali, non sono disposti al dibattito perché non riconoscono nell’interlocutore un’autorevolezza tale da generare questo tipo di discussione. Tuttavia, bisogna ammettere che, sebbene le loro teorie non sono vere, sono plausibili e paradossalmente rimuovono la complessità del reale in maniera del tutto arbitraria, partendo da qualche elemento di verità per arrivare a conclusioni lontane dalla realtà e sfornite di prove empiriche.
I complotti reali e i grandi scandali escono grazie a un lavoro sulle fonti che persegue l’obiettivo di testare le prove raccolte andando a smentirle una a una: è proprio qui che risiede la differenza tra l’inchiesta e le teorie.

Ma allora, quanto è facile arrivare da un dibattito politico legittimo, all’affermare che invece quella malattia è indotta da “loro” per guadagnare? Quando sei ormai totalmente deluso da qualsiasi lettura politica, dal sistema sanitario e dalla corruzione estrema che attanaglia il Paese, invece di affidarti a un’analisi politica che comporta un grande studio, preferisci percorrere la via più facile: il complotto.

Secondo il direttore di Vice “l’informazione ha un dovere enorme, ma ancora di più ce l’ha un certo modo di fare televisione e lo story-telling intorno a certe figure pensate salvifiche già prima che scendessero in politica“.
Il rischio è che questi complotti avvelenino il dibattito e la Democrazia.

Secondo molti esperti non c’è una soluzione immediata affinché questo fenomeno possa essere sradicato dalla nostra società; altri ancora ritengono che bisognerebbe puntare sulla comunicazione nella cerchia di amici e famiglia, in quanto si tende a fidarsi di più di chi ti sta accanto rispetto ai giornalisti.
In realtà, non esiste un rimedio univoco: bisognerebbe iniziare ad investire maggiormente sulla comunicazione giornalistica in Italia, non sottovalutando il ruolo che riveste all’interno di una società democratica come la nostra. I giornalisti dovrebbero esser spronati ad esercitare il loro mestiere secondo un’etica ben precisa, evitando di lanciare bufale, come intere aziende giornalistiche (soprattutto negli USA) fanno, al fine di ottenere un compenso unicamente in termini monetari.

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