Achille Lauro: un artista?

Lo scorso 19 febbraio Achille Lauro (all’anagrafe Lauro De Marinis) ha vinto il contest Una Voce per San Marino, ricevendo così il diritto di rappresentare l’omonimo Stato all’Eurovision Song Contest 2022 (dal 10 al 14 maggio) con lo stravagante brano Stripper. Questo non è che l’ennesimo successo per il cantautore romano. Amato da molti per i suoi eccessi e odiato da altri per gli stessi motivi, è senza dubbio uno dei protagonisti indiscussi della scena musicale italiana degli ultimi anni. Ma come è arrivato fino a questo punto?

Achille Lauro pubblica i primi pezzi rap nel 2012 all’interno del collettivo romano Quarto Blocco, gestito dal fratello. Entra poi per un breve periodo nell’etichetta discografica di Marracash, sotto cui pubblica i primi due dischi Achille Idol Immortale (2014) e Dio c’è (2015). Nei brani parla della sua passata vita di strada, dell’esperienza come pusher, ma anche dell’amara consapevolezza delle scelte sbagliate, fatte pur di continuare a sopravvivere. Già in questa prima fase troviamo un elemento che Lauro porterà avanti fino ai brani più recenti: il riferimento a Dio. Nel primo album infatti ogni brano si conclude con dei pensieri del rapper recitati nello stile di versetti evangelici. Lauro spesso ricorre ai concetti di Dio, angeli, inferno e paradiso per descrivere metaforicamente una realtà fatalista che l’essere umano non può controllare, ma a cui deve rendere conto per le sue azioni. Attenzione però: il titolo del secondo album è un’espressione utilizzata nello slang di strada per indicare la presenza di droga nel quartiere. Eccoci, quindi, al secondo tratto distintivo di Lauro: la provocazione. Lui vuole farsi notare, sia per la sua musica sia per la sua immagine. Da questo momento, Lauro inizia a cambiare continuamente genere musicale passando prima per la trap (Ragazzi madre, 2016) e poi per lo sperimentalismo puro (house, trap e melodie latinoamericane confluiscono tutte assieme nell’album Pour l’amour del 2018). A livello visivo, va contro il tipico machismo della cultura hip-hop per indossare abiti femminili e costumi sgargianti in esibizioni live e videoclip sempre più provocatori.

Il vero punto di svolta per Achille arriva nel 2019, quando partecipa per la prima volta al Festival di Sanremo. Qui stupisce tutti quelli che lo aspettavano in veste di trapper e si esibisce con il brano pop-rock dal sapore anni ‘60 Rolls Royce. È un brano di rottura, anomalo per gli standard sanremesi e diverso da qualunque cosa fatta da Lauro fino ad allora. Il cantante immagina di inseguire, a bordo dell’omonima automobile, simbolo del lusso, varie star mondiali come Elvis Presley, Marilyn Monroe ed Amy Winehouse (icone che hanno vissuto in modo sregolato, ma nel segno dell’arte). Lauro si fa conoscere al grande pubblico ma attira su di sé forti polemiche. Il programma televisivo Striscia la notizia, supportato poi da alcune personalità pubbliche come l’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini, critica il brano in quanto il logo della Rolls-Royce sarebbe impresso su alcune pasticche di ecstasy e molti degli artisti lodati nel testo sarebbero morti per overdose. Il brano, dunque, sarebbe un “inno all’ecstasy” e proporrebbe un modello negativo al pubblico più giovane. Altre critiche arrivano, invece, dagli amanti del genere rock, che accusano Lauro di non avere le adeguate capacità per cantare questo genere e per paragonarsi agli artisti citati nel brano.

Achille Lauro e Boss Doms (produttore e chitarrista) rispondono alle accuse dell’inviato di Striscia la notizia, 2019.

Nel 2020 Lauro si ripresenta al Festival con Me ne frego, tormentone pop – a differenza di Rolls Royce – molto più generico, ma a fare scalpore stavolta sono le esibizioni. Durante la prima serata Achille sale sul palco indossando un mantello scuro che lascia cadere al ritornello, rimanendo vestito di una sola aderente tutina color carne. L’intento dell’artista è omaggiare esteticamente l’affresco di Giotto in cui San Francesco si spoglia dei suoi abiti e, allo stesso tempo, lanciare provocazioni sugli stereotipi sessuali. Ecco, quindi, il significato dell’esibizione: così come San Francesco, ignorando i giudizi dei suoi concittadini, ha rinunciato ai beni materiali per vivere appieno la fede, anche Achille – o comunque l’essere umano in generale – “se ne frega” dei giudizi altrui per esprimere liberamente la propria sessualità. Infatti, dopo l’esibizione Lauro dichiarerà: «Cinquantenni disgustosi, maschi omofobi. Ho avuto a che fare per anni con ‘sta gente volgare per via dei miei giri. Sono cresciuto con ‘sto schifo. Anche gli ambienti trap mi suscitano un certo disagio: l’aria densa di finto testosterone, il linguaggio tribale costruito, anaffettivo nei confronti del femminile e in generale l’immagine di donna oggetto con cui sono cresciuto. Sono allergico ai modi maschili, ignoranti con cui sono cresciuto. Allora indosso capi di abbigliamento femminili e mi trucco: la confusione di generi è il mio modo di dissentire e ribadire il mio anarchismo, di rifiutare le convenzioni da cui poi si genera discriminazione e violenza. Sono fatto così mi metto quello che voglio e mi piace: la pelliccia, la pochette, gli occhiali glitterati sono da femmina? Allora sono una femmina. Tutto qui? Io voglio essere mortalmente contagiato dalla femminilità, che per me significa delicatezza, eleganza, candore. Ogni tanto qualcuno mi dice: ma che ti è successo? Io rispondo che sono diventato una signorina». Questa volta le polemiche nei confronti di Lauro raddoppiano. Diversi membri della Chiesa giudicano blasfemo il paragonarsi a un santo mettendo in scena un vero e proprio spogliarello. Secondo molti giornalisti, inoltre, Lauro non sarebbe realmente gender-fluid, ma sfrutterebbe queste tematiche per guadagnarsi il favore del pubblico e le sue esibizioni si ridurrebbero a delle semplici operazioni di marketing, essendo tutti i costumi da lui indossati firmati Gucci.

Ora che abbiamo ripercorso la sua carriera possiamo finalmente rispondere alla fatidica domanda: Achille Lauro è davvero un artista? La risposta è sì, nel senso moderno della parola artista. Ammettiamolo, Achille non spicca certo per le sue doti canore o per la sua abilità musicale (è autore dei suoi testi, ma per le musiche si affida a produttori), ma non ha mai avuto la pretesa di presentarsi come un cantautore tradizionale. Lui si è sempre definito un performer, una popstar, uno showman intenzionato a portare le sue idee sul palco tramite esibizioni a 360⁰ gradi. Va poi detto che negli ultimi anni diversi artisti musicali appartenenti al mondo indie, rap e trap sono saliti alla ribalta più per quel che rappresentano che per le loro qualità vocali; Lauro, quindi, si inserisce appieno nei nuovi gusti musicali. Lui ha una capacità: portare sul palco tematiche attuali come la libertà di genere in maniera esteticamente provocatoria. Il suo progetto di spettacolo consiste nel toccare tutti i punti su cui gli italiani sono più sensibili (sessualità, sacro) ma in modo spettacolare, tale da far parlare di sé e rimanere originale, unico. Un’operazione che Lauro è stato in grado di portare avanti in modo credibile e che si è rivelata vincente. Alcune delle sue provocazioni sono fini a se stesse, altre ci fanno riflettere. Ad esempio, l’imitazione di San Francesco e il battesimo sul palco non sono insulti sistematici alle pratiche cristiane, ma trucchi per attirare l’attenzione; dunque, le accuse di blasfemia da parte della Chiesa risultano un po’ eccessive. Lo stesso vale per le critiche al testo di Rolls-Royce. Certo, Lauro da ex-pusher poteva essere a conoscenza del logo impresso sulle pasticche e averlo inserito di proposito per provocare, ma dobbiamo tener conto del momento in cui il cantante eseguì il brano. Lauro ha parlato per interi album, in modo molto esplicito, di spaccio e consumo di stupefacenti, ma nel 2019 – come abbiamo visto – stava per abbandonare la trap per approdare a nuovi generi: non aveva nessun bisogno di esaltare una droga. Molto più funzionale, invece, ironizzare sullo stile di vita da rockstar come fatto da Vasco in Vita spericolata. Vanno invece prese sul serio le provocazioni sugli stereotipi sessuali. Le reazioni scandalizzate di parte del pubblico e dei giornalisti di fronte ad Achille Lauro che bacia il suo chitarrista Boss Doms e indossa abiti femminili rivelano come la mentalità italiana sia ancora molto arretrata di fronte a queste tematiche.

Il battesimo di Lauro al Festival di Sanremo 2022.

I vari album e le relative performance sono frutto di un complesso progetto a cui lavorano, assieme a Lauro, autori, produttori, esperti di immagine etc. Quello di Lauro è un progetto di spettacolo mirato e, soprattutto, coerente, dato che la lotta agli stereotipi di genere è portata avanti sin dalla fase trap della sua carriera. Per questo motivo le critiche che vorrebbero Achille un mero prodotto di marketing vanno ridimensionate. È poco credibile che lui insista da anni su tematiche che non lo riguardano da vicino. Un progetto così ambizioso ha comunque i suoi limiti. Ad esempio, Lauro deve continuamente escogitare qualcosa di nuovo, altrimenti rischia di diventare ripetitivo e meno incisivo (la sua ultima partecipazione a Sanremo con Domenica e annessa scena del battesimo è passata abbastanza inosservata proprio perché prevedibile); allo stesso tempo, cambiando troppo i generi musicali rischia di confondere il suo pubblico. In ogni caso, soltanto una persona dotata di capacità artistiche può concepire un disegno del genere.

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