Fumetto: un genere minore? “Trapkid”

C’è la musica al centro di Trapkid, frizzante graphic-novel di Roberto D’Agnano, fumettista classe 1997, che già in passato aveva unito i due mondi disegnando Pinguini Tattici Nucleari a fumetti (2019) e Shade – La fabbrica dei rapper (2021). L’eroe della storia è Trapkid Triplocollo, giovane promessa della trap che passa le sue giornate combinando disastri in giro assieme al fratellino Pio. Assistiamo così alle sue disavventure quotidiane e ai suoi stravaganti tentativi di emanciparsi dal padre (la celebre star Trapking) per ritagliarsi il proprio spazio nella scena trap. Quando un giorno, viene dissato da Trapboy, misterioso ragazzino in vetta alle classifiche, arriva per lui il momento di confrontarsi con sé stesso e con le sue paure, di allenarsi in vista dello scontro finale di freestyle con il rivale e di scoprire un importante segreto sulle sue origini.

D’Agnano confeziona una storia ironica e dai disegni colorati in cui attinge a piene mani dal panorama musicale italiano dei giorni nostri in alcuni casi parodiandolo (Trapking ha l’aspetto di Sfera Ebbasta), in altri citandolo o mettendolo direttamente in scena (in uno dei vari episodi Trapkid riceve addirittura la visita di Fedez e Chiara Ferragni). Lui gioca continuamente con lo stereotipo del trapper, con il suo mondo fatto di eccessi, gioielli, abiti sgargianti, armi, slang, un mondo che ormai è radicato nell’immaginario collettivo. I protagonisti della novel, vengono calati in situazioni quotidiane, assolutamente banali, che puntualmente non riescono ad affrontare proprio a causa della loro natura da bad-boy, con tutta la comicità che ne deriva. Vediamo quindi Trapkid cacciato dalla Coop dopo aver tentato di pagare la spesa con le collane e aver dato del “bufu” al cassiere, il suo tentativo di prelevare in banca simulando però una rapina pur di aver qualcosa da scrivere nei brani e numerose altre dissacranti disavventure. Tra una parodia e l’altra però, l’autore ci regala, condensati in poche efficacissime pagine, momenti introspettivi e, proprio come in un vero dissing, taglienti critiche ai meccanismi del mercato musicale. In una delle avventure più suggestive, Trapkid è costretto dal padre a realizzare un tormentone estivo in duetto con la cantante indie Asia. I due dopo aver raggiunto una bella intesa a cena decidono di andare subito in studio dove però, a causa dell’inesperienza, il giovane trapper non riesce a rappare per più di 8 secondi perdendo subito l’inspirazione. La scena può essere interpretata come un’ingegnosa metafora in cui la creazione di un duetto è paragonato ad un vero e proprio rapporto sessuale e come Trapkid fallisce perché non è abituato a cantare in coppia così nella realtà è umano fallire durante la propria prima volta per via dell’ansia da prestazione (Trapkid viene infatti confortato da Asia dopo il suo fallimento). Allo stesso tempo, dall’episodio, sembra trasparire una sottile critica alla logica di mercato per cui vari artisti del mondo trap e rap vengono puntualmente costretti dalle case discografiche a realizzare featuring (magari con voci femminili che addolciscano il brano) per risultare più pop e quindi più spendibili commercialmente rimanendo però incastrati in un mondo musicale che non è il loro, che non li valorizza davvero. Il risultato finale sono appunto brani con brevissime strofe rap decisamente poco ispirate. Sempre su questa linea si muove il momento più profondo cioè il confronto tra TrapKid e Pio prima della battaglia finale con Trapboy. Il nostro protagonista, confidandosi con il fratello, si chiede che senso abbia salire sul ring dato che considera quell’incontro di freestyle una messinscena organizzata dalla casa discografica per lucrare su di lui. Quanto di vero c’è in quell’incontro? Quanto c’è di Trapkid nei suoi brani? Le sue, sono le domande esistenziali che qualunque artista musicale si è posto almeno una volta nella propria vita riguardo il rapporto tra sé stesso e la propria immagine veicolata dalla musica. D’Agnano tramite Pio ci offre una risposta, ovviamente non senza strapparci un’ultima risata.

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