Midterm USA 2022: la ‘Red Wave’ che non c’è stata

L’8 Novembre 2022 il popolo americano è stato chiamato alle urne per esprimersi sulla formazione del 118° Congresso nella storia degli Stati Uniti. In ballo c’erano 35 seggi al Senato (su un totale di 100) e tutti e 435 i seggi alla Camera, oltre a varie elezioni governatoriali, statali e referendum. Il “Midterm 2022”, prima elezione dopo il ridisegno dei distretti elettorali del 2020, ha decisamente premiato il Partito Democratico, che è riuscito a mantenere il controllo del Senato, la più alta camera del Parlamento statunitense, e ad ottenere un buon numero di seggi alla Camera (dove però i Repubblicani hanno conquistato la maggioranza) rispetto alle previsioni di molti sondaggi, che avevano invece pronosticato una vera e propria “Red Wave” (ondata rossa, ovvero trionfo repubblicano) per questa tornata elettorale.

Le elezioni si sono svolte in un clima molto teso e polarizzato, a causa della complicata situazione economica e sociale degli USA. La campagna elettorale ha messo in risalto l’aspro contrasto tra i due principali partiti: i Dem si sono focalizzati su questioni sociali quali l’aborto (uno degli argomenti principali di queste elezioni, che ha spinto circa il 27% degli elettori a orientare il proprio voto sull’uno o l’altro partito) e i diritti delle minoranze. In particolare hanno fatto leva sulla gravità della decisione della Corte Suprema a maggioranza repubblicana, a giugno 2022, di ribaltare la storica sentenza Roe V Wade del 1973 che garantiva a tutte le donne il diritto all’aborto. Il GOP invece ha focalizzato i propri sforzi sull’incolpare il Presidente democratico Joe Biden per la complicata situazione economica nella quale versa il Paese, con l’inflazione che oscilla tra l’8 e il 9% e non accenna a scendere, nonostante varie manovre varate dal governo. L’aumento vertiginoso dei prezzi è un problema molto sentito dagli americani, e secondo i sondaggi è stato determinante nella scelta di voto per circa il 31% degli elettori. Parallelamente all’inflazione, l’ala trumpiana dei Rep ha aspramente accusato i democratici di alterare i voti in vari stati (senza effettive prove concrete). La tenuta della democrazia degli USA è stato infatti l’altro grande argomento di questa campagna elettorale: il 68% degli elettori (di entrambi i partiti) ha votato ritenendo che questa sia a rischio in caso di vittoria del partito rivale.

Prima di analizzare più nel dettaglio come si sono effettivamente svolte le elezioni e quali sono stati gli Stati determinanti nella formazione delle maggioranze al Congresso, è bene ripassare brevemente come funziona il sistema elettorale e camerale degli USA. Il Congresso è formato da due camere: Alla Camera dei Rappresentanti viene votato un rappresentante per ciascun distretto elettorale, per un totale di 435 mentre al Senato invece ci sono due seggi per Stato, per un totale quindi di 100 Senatori, più il vicepresidente del Governo, che può esprimere il suo voto in caso di parità (casting vote). Tutti i rappresentanti sono votati nelle loro circoscrizioni (distretti regionali per la Camera e statali per il Senato) con criterio maggioritario. Entrambe le camere hanno potere legislativo ma il Senato e i suoi membri hanno generalmente maggior prestigio rispetto, poiché il loro mandato è più duraturo, l’assemblea è meno numerosa e rappresentano interi stati e non singoli distretti come i Rappresentanti, oltre ad avere alcune esclusività diverse (ad esempio solo la Camera può proporre leggi tributarie e solo il Senato ratificare accordi internazionali). Qualsiasi proposta, inoltre, per divenire legge, deve essere esaminata e approvata da entrambe le camere.

Nonostante l’esatta composizione della Camera dei Rappresentanti non sia ancora nota a causa degli ultimi conteggi che procedono lentamente nelle contee dove l’esito è più in bilico, i Repubblicani sono riusciti ad ottenere i 218 seggi necessari ad avere la maggioranza. La composizione del Senato è invece già al 99/100 nota: all’appello manca solo un Senatore della Georgia, che verrà eletto al ballottaggio il 6 Dicembre, dopo che nessun candidato è riuscito ad ottenere più del 50% dei voti al primo turno. La vittoria dei Dem al Senato è avvenuta grazie alla loro sorprendente tenuta in 3 stati chiave: Pennsylvania, Arizona e Nevada, oltre alla stessa Georgia.

In Pennsylvania c’erano buoni presupposti per il candidato democratico John Fetterman, ma la sua campagna elettorale è diventata molto complicata dopo che un ictus l’ha colpito poco prima della nomina alle primarie, lasciandolo quasi completamente sordo e con gravi difficoltà a parlare, e penalizzandolo notevolmente nei vari dibattiti televisivi. Nonostante ciò è riuscito nettamente a vincere e conquistare un seggio fondamentale, che prima era in mano ai Rep.

L’Arizona era un altro stato fondamentale: Mark Kelly, senatore in carica, è riuscito a confermarsi con una discreta maggioranza nonostante i sondaggi avessero previsto uno scenario più competitivo. Nella contea di Phoenix alcuni macchinari elettronici per il conteggio dei voti si sono rivelati malfunzionanti, e questo ha generato la proliferazione di infondate teorie complottiste da parte di alcuni esponenti repubblicani, che hanno contribuito ad aumentare la tensione politica delle elezioni.

In Georgia nessuno dei due candidati è riuscito ad ottenere la maggioranza (grazie anche al 2% dei voti conquistati dal Partito Libertario) e dunque l’elezione verrà decisa il 6 Dicembre al Secondo Turno. Lo Stato, storicamente repubblicano, dal 2020 a questa parte è diventato un vero e proprio “toss up State”: secondo molti esperti, il netto calo di consensi per il partito repubblicano qui, è dovuto anche in parte ai continui attacchi di Trump contro la trasparenza del conteggio dei voti in Georgia, dopo la vittoria di Biden nel 2020. Questo avrebbe infatti spinto molti repubblicani georgiani a non votare, convinti del presunto “broglio” in atto.

Il Nevada, altro storico “swing state” si è rivelato cruciale. Il candidato repubblicano Adam Laxalt aveva un buon vantaggio dopo i primi scrutini, quando però ancora mancava buona parte delle schede provenienti dalla contea di Las Vegas, storicamente favorevole ai democratici. Una volta conteggiati buona parte dei voti anche in Clark County, infatti, la situazione si è ribaltata. La senatrice in carica Cortez Masto è stata rieletta, garantendo ai DEM il controllo del Senato (avendo 50 seggi su 100, infatti, i DEM avranno la maggioranza “de facto” al Senato grazie al casting vote del vicepresidente, indipendentemente dall’esito del ballottaggio in Georgia).

Queste elezioni, che sembrava dovessero risultare in una disfatta totale per i DEM, hanno sortito l’effetto opposto. Storicamente infatti le elezioni di metà mandato premiano sempre l’opposizione, e i vari sondaggi pre-voto sembravano confermare questa proiezione, con discreta certezza. Il “crollo relativo” dei Repubblicani è avvenuto soprattutto nei distretti e negli Stati dove si sono candidati i fedeli di Donald Trump. Il risultato ha sollevato numerosi malumori all’interno del partito, soprattutto da parte dell’ala più moderata e “giovane”. L’ex Presidente, che da breve ha annunciato la propria candidatura per le Elezioni Generali del 2024, dovrà ora fare i conti con un partito spaccato in due e un consenso in declino. D’altro canto, può esultare Joe Biden: nonostante i numerosi attacchi personali e politici ricevuti in questi primi due anni di Governo e una situazione nazionale (e mondiale) molto complicata, è riuscito ad ottenere il miglior risultato degli ultimi 20 anni al midterm per un partito di Governo. Il controllo del Senato gli lascia in mano la nomina dei giudici per le corti distrettoriali e anche per la Corte Suprema (se un membro dovesse ritirarsi quindi il Presidente potrebbe nominare un nuovo giudice a sua discrezione senza che i repubblicani possano opporsi). La risicata maggioranza repubblicana alla camera potrebbe invece compromettere la sua agenda legislativa (l’approvazione delle leggi passa infatti sempre da entrambe le camere, come già detto) ma i crescenti contrasti interni al GOP potrebbero comunque permettergli di passare alcune leggi grazie all’appoggio di alcuni Rappresentanti dei Rep più moderati.

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